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Mentre gli analisti eurabici rassicurano il mondo coi soliti discorsi, il Partito riformista siriano in esilio ha denunciato la presenza di laboratori di ricerca a Deir al-Hajjar già nel 2005. Il Prs ha anche pubblicato sul suo sito i nomi degli scienziati che starebbero lavorando al piano nucleare. Il regime degli Assad finora ha alternato prudenza e ferocia, ma è sempre stato sostenuto dal silenzio dei suoi amici internazionali, che hanno tacitato il massacro della città di Hama, dove 20.000 cittadini inermi vennero fatti a pezzi dal fuoco dei mortai. Era il 1982. Oggi la Siria è al centro di un traffico crescente di armi tra Iran e Libano. Gli aerei e i soldati penetrati in territorio siriano hanno documentato anche questi traffici. Gerusalemme e Damasco non hanno confermato le indiscrezioni filtrate sull’incursione di giovedì scorso. Stranamente, mentre l’ambasciatore Jaafari parlava di voci prive di fondamento, l’Onu continua a tacere: il breve commento del Segretario Generale all’indomani della violazione del confine siriano è stato poco più di un telegramma.
Il ministro degli Esteri francese è arrivato ieri a Gerusalemme, prima tappa di un viaggio in Medio Oriente. Le sue dichiarazioni sono disarmanti: “Tutti sanno che arrivano armi dalla frontiera siriana. La differenza è che ora sono al di sopra del fiume Litani e non più al di sotto. Ma sono sempre puntate contro Israele”. Nella scorsa settimana una delegazione statunitense ha incontrato una rappresentanza militare nordcoreana a Ginevra. In questi giorni esperti Usa, russi e cinesi stanno visionando l’impianto nucleare di Yongbyon, per studiare come smantellarlo. Vi sarebbe materiale sufficiente alla realizzazione di dieci atomiche. Sarebbe una beffa ritrovarsi qualcosa di simile in Siria. Riguardo allo sconfinamento israeliano, il raid serviva a testare i sistemi antiaerei siriani in preparazione di un attacco contro l’Iran, qualora la situazione arrivasse a un punto di non ritorno? Lo sapremo nel prossimo futuro.