Comunicati Rassegna Stampa

«Veneto libero», l'altro Stato dei Serenissimi

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…«Il nostro programma è chiaro: si deve rifare il referendum del 1866 (annessione del Veneto all’Italia Ndr) perché fu illegale e contrario agli accordi internazionali firmati a Cormons e Vienna». – interviene de Cesaro. «Abbiamo conosciuto 140 anni di occupazione, non abbiamo nostalgia per l’Austria, l’alternativa era tra il Piemonte e il Veneto. Altro che liberazione, la nostra gente ha conosciuto la malaria e la fame, la tassa sul macinato…

Poche righe, ma in neretto a mezza pagina sulla cronaca di Belluno del Gazzettino, quotidiano del Nordest. «Domenica il Veneto Serenissimo Governo, in occasione del 13° anniversario della “Liberazione di piazza San Marco” si ritrova a Longarone invitando fedelissimi e simpatizzanti ad un’escursione nei “liberi territori” per ricordare il “ritrovato orgoglio del popolo veneto”. Per i patrioti e gli amanti della libertà ci sarà anche l’occasione per mangiare in compagnia. È consigliato un abbigliamento sportivo». Ed eccoci alla gita. Zainetti, scarpe sportive, borracce. Una quindicina di militanti «ma xe drio rivar tre machine da Treviso»(stanno arrivando altri Ndr)- assicura il presidente Luigi Faccia.

C’è da camminare un’oretta, fin sulle pendici del monte Toc. La diga del Vajont domina la vallata, perenne monumento alla cupidigia, al disprezzo della vita umana, al profitto. La marcia finirà a Lepol, sopra Igne, tra faggeti, una sgangherata teleferica, una fornace in disuso. «Qui c’ è il nostro “covo”, ma scrivi che sto scherzando “se no te copo” (t’ammazzo), noi siamo gente seria, patrioti stufi di 140 anni di dominazione». Valerio Serraglia, di Bassano del Grappa, chioma da gentiluomo austro-ungarico, accompagnato da una signora distinta che veste una bella giacca tirolese è il ministro dell’Interno, nonché dell’Economia e con delega ai servizi di sicurezza, del Veneto Serenissimo Governo.

Quella di oggi è una data speciale, un anniversario. Il 9 maggio 1997, intorno alla mezzanotte, otto serenissimi occuparono piazza san Marco con un autocarro camuffato da tank. Erano armati con un fucile mitragliatore Mab 38, residuato della seconda guerra mondiale, ma funzionante. Salirono sul campanile e vi restarono fino al mattino successivo quando vennero catturati dai carabinieri dei Gis. «Era importante attirare l’attenzione sull’occupazione del Veneto»- spiega Luca Peroni “premier serenissimo” che faceva parte del commando ed è stato preso e arrestato dalle teste di cuoio dell’Arma – abbiamo deciso un’azione spettacolare. Volevamo costruire una zattera, ma era troppo complicato così abbiamo caricato il mezzo su un traghetto, abbiamo bloccato le auto dei civili e ci siamo fatti portare in piazza San Marco.

Volevamo intavolare una trattativa con lo Stato italiano, ma Bossi ha dato il via libera ai carabinieri che lo hanno svegliato nel cuore della notte». «Sessant’anni di carcere – dice sbottando il ministro – quella fu un’azione unica e irripetibile della quale ci prendiamo per interno la responsabilità. Da li parte tutto». Occorre raggiungere quota 1100 metri. «Il nostro territorio – interviene Marco de Cesaro, un giovane serenissimo di Longarone – “non è Italia”. Nella zona “liberata” – aggiunge il ministro – bruciamo la bandiera con il Leone alato e disperdiamo le ceneri nel terreno, riuniamo il nostro governo, qui, nella città martire, abbiamo stabilito la nostra capitale». Il 20 luglio 2008 l’ideologo del movimento Luigi Massimo Faccia firmò il decreto che istituiva il “libero territorio”. Un proprietario terriero «concesse circa 2000 metri quadrati» alle pendici del monte Toc. E qui, in una casetta, solitamente il sabato o la domenica, si riunisce il “governo”.

«Il nostro programma è chiaro: si deve rifare il referendum del 1866 (annessione del Veneto all’Italia Ndr) perché fu illegale e contrario agli accordi internazionali firmati a Cormons e Vienna». – interviene de Cesaro. «Abbiamo conosciuto 140 anni di occupazione, non abbiamo nostalgia per l’Austria, l’alternativa era tra il Piemonte e il Veneto. Altro che liberazione, la nostra gente ha conosciuto la malaria e la fame, la tassa sul macinato. I sondaggi dimostrano che il 21% dei veneti è a favore dell’indipendenza». I serenissimi mostrano alcune copie di un foglio di 4 pagine intitolato “Spirito Veneto” che ricorda la battaglia di Lissa (1866) nella quale “i marinai veneti (in divisa austriaca) hanno fermato «l’imperialismo dello stato italiano» e assicura che «il popolo veneto sconfiggerà il fantoccio dello stato italiano».

«I proletari, gli operai e gli artigiani appoggiano la nostra causa – prosegue il ministro – abbiamo avuto riconoscimenti anche da stati esteri, Etiopia, Israele e Slovenia. Noi non siamo violenti, i nostri sanno che siamo disposti ad impugnare le armi se si tratta di difendere la patria, ma certamente non per uccidere persone». Le bandiere sono le stesse della Lega. «Quando Paragone dirigeva la Padania i nostri comunicati – dice Serraglia – trovano spazio, poi hanno smesso di ascoltarci. Noi siamo più radicali. Possiamo discutere con il governatore Zaia se capisce che deve convocare il referendum, previsto del resto dall’articolo 42 dello statuto regionale, ma siamo pronti a intavolare una discussione anche con il Pd a patto che l’obiettivo sia chiaro: ridare la libertà ai veneti dopo 140 anni di dominazione. Sennò andremo avanti, noi ci rivolgiamo a tutti i proprietari di terra affinché concedano spazi». Pochi giorni fa il senatore leghista trevigiano Stiffoni ha detto che il referendum del 1866 fu una «truffa», ma i “serenissimi” su questo tagliano corto: «Il Carroccio non è separatista come noi».

Il Veneto Serenissimo Governo possiede altri “territori liberati” ad Asiago e in provincia di Verona, Radionazionaleveneto trasmette i comunicati e il sito www.serenissimogoverno.org registra le iniziative. Non manca una pagina su Facebook. «Oggi proietteremo alcuni video sulle nostre iniziative – prosegue Serraglia – qui nel nostro territorio “liberato” ci riuniamo e facciamo le nostre cerimonie». Ma con quali leggi e quali regole? «Essere veneti significa comportarsi da veneti, non è una questione di sangue ma di rispetto per la nostra cultura. Non siamo razzisti, ma certo non vogliamo i tagliatori di teste del Borneo, gente che pratica le mutilazioni alle donne, gente che sgozza le pecore dentro casa. Vadano al macello..».