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Sudan: due pesi e due misure

…La doppiezza del regime islamista sudanese è palese: da un lato si firmano accordi di pace e dall’altro si procede con passo spedito verso l’islamizzazione…

 

 

Nel mese di gennaio 2005 è stato firmato l’accordo di pace, che ha posto fine a 20 anni di guerra con due milioni di vittime e quattro milioni di sfollati, tra governo sudanese e lo Spla (movimento per l’indipendenza del Sudan meridionale).

Quest’ultimo si è strenuamente battuto per salvaguardare l’identità africana e cristiana della popolazione, minacciata dal progetto di islamizzazione forzata.

L’intesa prevede un regime transitorio di sei anni (2005-2011) con un governo di unità nazionale a Khartoum ed ampia autonomia per il sud. Alla scadenza del periodo le regioni meridionali, ricche di giacimenti petroliferi, potranno indire un referendum per l’autodeterminazione.

Molti sfollati vivono ancora oggi nella periferia di Khartoum in condizioni disperate. Anche la ricerca di un lavoro è impresa ardua; infatti la Sharia, applicata rigorosamente, impedisce che un musulmano abbia, nel posto di lavoro, un superiore di altra fede. Lavoro che, in pratica, si può trovare solo convertendosi all’islam.

Il governo non agevola il rientro degli sfollati, che vengono così utilizzati come manodopera a basso costo. Senza contare che i cristiani vengono spinti a risiedere nelle aree desertiche intorno alla capitale, sulla base di scelte urbanistiche discriminatorie.

La doppiezza del regime islamista sudanese è palese: da un lato si firmano accordi di pace e dall’altro si procede con passo spedito verso l’islamizzazione.

Che cosa ha spinto il governo a siglare l’accordo con il sud e, contemporaneamente, a continuare con gli eccidi e le conversioni forzate nella regione occidentale, il Darfur ?

Forse il fatto che l’ovest è ricco di giacimenti di minerali utili alla Cina ?

Oppure l’obiettivo della completa cancellazione di ogni traccia di cristianesimo e animismo, bollati come troppo occidentali, a vantaggio dell’islam della Sharia ?

Sono interrogativi inquietanti, che troveranno una risposta nei prossimi mesi, quando sarà chiaro se il Darfur diventerà una palestra per l’internazionale del terrore.

Venezia, 17 ottobre ‘06

Andrea Bonesso