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Risposta ai terroristi di Hamas

Stiamo assistendo in queste ultime ore, ormai giorni, alla decisa risposta d’Israele gli attacchi terroristici di Hamas provenienti dalla striscia di Gaza. Non va mai dimenticato quale sia, da sempre, lo scopo degli attacchi terroristici di Hamas: colpire in modo indiscriminato la popolazione civile israeliana.


Qualsiasi Governo che ami il proprio Popolo ha il dovere di rispondere colpo su colpo ad ogni sorta di attacco terroristico contro la propria popolazione: nessuna reazione è sproporzionata. Però, stando ai commenti della cosiddetta “comunità internazionale” quanto sta facendo Israele sarebbe sproporzionato; questo commento trova le sue radici nel fatto che forse gli stessi osservatori internazionali  usano due pesi e due misure nel trattare gli avvenimenti che avvengono in terra d’Israele. Non possiamo non notare che, da parte dei “benpensanti” ben poche parole furono usate rispetto agli attacchi missilistici di Hamas alle città israeliane.

È bene sottolineare che Hamas e i palestinesi sono due cose diverse, e sicuramente i palestinesi come gli israeliani vogliono la pace e vivere in un territorio sicuro: chi va contro ai naturali desideri di queste due popolazioni sono i terroristi di Hamas, i quali traggono la loro forza dalla morte, dal sangue e dalle lacrime delle popolazioni inermi che colpiscono, siano esse israeliane o palestinesi. Obbligo morale per la comunità internazionale è isolare i terroristi, e fare in modo che nasca una pace stabile  e duratura in terra d’Israele.

Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e radizioni della Veneta Serenissima Repubblica, in questo grave momento, è al fianco dell’amico Stato d’Israele e ne sostiene pienamente la politica di autodifesa attuata contro gli attacchi terroristici; nel contempo invita il Popolo Palestinese ad insorgere contro le canaglie terroristiche di Hamas e ad isolarle per renderle inoffensive.

La lotta contro il terrorismo non può prescindere da un avanzamento della consapevolezza dei Popoli: l’autodeterminazione dei Popoli è anche questo, ovvero la presa di coscienza e la maturità di un Popolo, composto da persone libere, nel decidere da chi essere governato. Ciò è la chiave di volta per trovare la pace che non sia di facciata ma che sia patrimonio della storia dell’umanità.

Per il V.S.G.
Il Ministro degli Esteri
Demetrio Serraglia



Auguri di Buone Feste

Caro Veneto il 2008 sta per finire, carico di nubi nere che minacciano una tempesta senza precedenti a livello planetario, in campo economico, sociale e civile.
Purtroppo anche la nostra amata Veneta Patria è solcata da questi impetuosi venti di crisi, con l’aggravante del tremendo fardello dell’occupazione italiana che si protrae dal 1866 e che il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, tradizioni e cultura della Veneta Serenissima Repubblica non ha mai smesso di denunciare in ogni consesso nazionale ed internazionale.

Uno stato artificiale, quello italiano, in agonia che nonostante questa sua situazione sta drenando senza risparmio risorse vitali alla nostra Veneta terra al fine di salvare se stesso e perpetuare così parassitismo, ingiustizie, malaffare, degrado sociale ed ambientale, divisioni  e tutto questo con la complicità silenziosa della casta attualmente al  potere.

Il V.S.G. anche quest’anno ha lavorato alacremente e senza risparmi nel tentativo di allontanare in anticipo dal nostro popolo queste gravi minacce di crisi che adesso incombono sulla testa di tutti noi. Non è un caso che il 20 luglio 2008 a Longarone abbiamo proclamato il libero territorio veneto invitando tutti i veneti a fare altresì in ogni altra parte della nostra patria,  auspicando che tutto il veneto popolo prenda coscienza e dignità dei propri inalienabili diritti ed essere padrone del proprio destino come lo siamo stati per oltre 1000 anni in qualità di NAZIONE STORICA D’EUROPA e PATRIA PRIMOGENITA di LIBERTÀ.

In questa drammatica fase storica, il 2009  diventa decisivo se non vogliamo che il nostro Veneto venga ridotto in rovina per sempre: tutti i veneti trovino l’unità e il coraggio come i loro gloriosi  antenati e sotto le insegne marciane guidate dal VSG lottino affinché questa nostra amata terra ritorni ad essere libera, come lo è stata la nostra grandiosa e millenaria VSR, patria illuminata di saggezza,  giustizia e  buon governo.

Quattro mesi or sono ho intitolato il mio ultimo messaggio "Veneti, ultima chiamata" sottolineando che ora non c’è più tempo per chiacchiere, divisioni e distinguo; la situazione storica  impone prese di posizione chiare, ogni veneto ha adesso la responsabilità di decidere per il proprio futuro: schierarsi con il VSG sostenendolo affinché possa rifare  il referendum del 1866 sapendo che è uno degli  strumenti  decisivi per il nostro futuro  o con chi ci sta portando alla catastrofe finale.

Chiudo con le righe di un patriota veneto del tardo settecento affinché si possa meditare:
"A prezzo d’oro la libertà nu no vendemo; liberi siamo nati, liberi moriremo."

Con profonda gioia annuncio che dal mese di gennaio ricominceranno le trasmissioni della radio nazionale veneta via internet, interrotte dallo stato centralcolonialista romano il 9 maggio 1997; questa radio diventi la voce dei patrioti veneti che si battono per la ricostituzione della veneta serenissima repubblica.

Auguro a tutti Buone Feste e Buon Anno e che il  2009 sia finalmente  l’anno della svolta marciana.

Presidente della Veneta Serenissima Repubblica

Luigi Massimo Faccia




E Madrid persegue fini politici attraverso il calcio…

Una notizia passata ampiamente sotto silenzio: la costituenda rappresentativa basca di calcio, sostenuta attivamente dalla squadra dell’Atletico Bilbao, è stata affossata dall’intervento delle autorità  spagnole.

Una notizia passata ampiamente sotto silenzio: la costituenda rappresentativa basca di calcio, sostenuta attivamente dalla squadra dell’Atletico Bilbao, è stata affossata dall’intervento delle autorità  spagnole.

I Baschi si erano orgogliosamente impegnati a formare la loro squadra attingendo a formazioni del loro territorio, anche nella parte sotto amministrazione francese.

A Madrid, però, qualcuno ha interpretato tale decisione come un segnale politico inequivocabile in vista dell’indipendenza del paese basco. Decisione finale: soppressione dell’iniziativa.

Caduta di stile dell’esecutivo spagnolo che strumentalizza una interessante iniziativa a fini politici.

È utile ricordare al governo di Madrid che già  nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord esistono federazioni sportive nazionali con rispettive rappresentative (Galles, Scozia, Inghilterra) in varie discipline agonistiche.

Il Veneto Serenissimo Governo, in qualità  di erede e continuatore della storia, tradizioni e  cultura della Veneta Serenissima Repubblica sostiene il progetto di creare la squadra nazionale basca di calcio e invita i veneti atleti autentici, non quelli venduti alle lusinghe del comitato olimpico nazionale italiano, a concorrere alla nascita di una veneta rappresentativa in ogni disciplina sportiva.

Longarone, 24 dicembre 08

Il  resp. Dip. Gioventù e Sport
Andrea Bonesso



Le "nuove" decisioni cinesi in materia di libertà di religione.

Non si illudano i despoti cinesi; come insegna l´autentica storia dei popoli, il vento della libertà soffia ovunque ed è destinato ad abbattere dittature di ieri e di oggi.  

 

"Il Vaticano non deve interferire nella politica interna della Cina, compreso l´uso della religione per interferire nei nostri affari interni,… inoltre deve rompere i cosiddetti rapporti diplomatici con Taiwan"; con queste parole si è espresso Du Qinglin, responsabile del fronte unito del partito comunista cinese nonché membro del comitato centrale dello stesso partito.

Non inganni il gergo burocratico; tali affermazioni indicano che continuerà ad esistere l´associazione patriottica dei cattolici cinesi, una chiesa parallela a quella fedele a Roma, con propri vescovi nominati dal partito comunista.

La prassi delle consacrazioni e nomine episcopali è stata inaugurata nel 1958 da Mao Zedong al fine di creare una chiesa alle dirette dipendenze dello stato.

In parallelo, continuano con coraggio e franchezza a professare la loro fede quei cattolici fedeli al Papa, pur tra intimidazioni, soprusi, incarcerazioni e chiusura di chiese.

Quest´ultimo proclama evidenzia, ancora una volta, la natura liberticida del regime di Pechino e la sua determinazione a calpestare i fondamentali diritti umani.

Fra questi la libertà di religione è basilare, in quanto coinvolge pure la libertà di coscienza ed espressione.

La logica seguita è aberrante: ognuno segua la religione che desidera, purché approvata dallo stato.

Un abito "su misura" per rafforzare l´indottrinamento e il potere autoreferenziale dei dirigenti del partito.

Non si illudano i despoti cinesi; come insegna l´autentica storia dei popoli, il vento della libertà soffia ovunque ed è destinato ad abbattere dittature di ieri e di oggi.

Longarone, 22 dicembre 2008.

  Il responsabile Dip. lotta contro integralismo

Andrea Bonesso




Messaggio automatico inviato dal "robot" Mario Bonamigo

Annullamento conferenza "Federalismo e Scuola"

… Vorrei inoltre chiarire che all’interno dei Giovani Veneti non c’è mai stato nessun laboratorio per la creazione della "Libera Grafia Veneta" e che le discussioni sulla lingua riguardavano solo attività per la diffusione della grafia che Alessandro Mocellin stava sviluppando in qualità di ministro consigliere del V.S.G….

 

Mi scuso per il disturbo, ma sono costretto ad inviare questa mail vista l’ultima presa di posizione dei Giovani Veneti (movimento di cui io sono uno dei fondatori).
In questi ultimi giorni il movimento Giovani Veneti ha preso delle posizioni nei confronti del Veneto Serenissimo Governo che io non condivido. Il fatto altresì grave è che queste non sono frutto di una democratica discussione tra i 3 principali promotori: Alessandro Battistel, Alessandro Mocellin e il sottoscritto.
Il comunicato è stato creato e inviato senza che io venissi informato o preso in considerazione. D’altronde intuendo benissimo la mia posizione a riguardo hanno ben pensato di consultarmi a cose fatte, in modo da poter agire unilateralmente (si sa la democrazia rallenta i processi decisionali). Che per loro la democrazia fosse un valore accessorio (utile solo quando fa comodo) mi era ben chiaro da discussioni avute in precedenza, ma ciò contrasta con i valori che tutti noi abbiamo sottoscritto nel Manifesto, valori di partecipazione e di ascolto, valori che nella Serenissima avevano grande importanza, ma che a quanto pare, quando creano problemi, possono essere accantonati.
Inoltre all’interno dei Giovani Veneti vige una sorta di "oligarchia", come nei migliori tempi della Repubblica di Venezia. Peccato che questa "oligarchia" sia formata da sole 2 persone che considerano il sottoscritto più come uno strumento per creare siti e prenotare sale, che come un loro pari.
Vorrei inoltre chiarire che all’interno dei Giovani Veneti non c’è mai stato nessun laboratorio per la creazione della "Libera Grafia Veneta" e che le discussioni sulla lingua riguardavano solo attività per la diffusione della grafia che Alessandro Mocellin stava sviluppando in qualità di ministro consigliere del V.S.G.
Non c’è stata nessuna discussione nemmeno per riconoscere la paternità ne tanto meno la proprietà intellettuale. D’altronde, essendo stata sviluppata all’interno del VSG io non posso attribuirne la paternità, ma mi sarei opposto alla proprietà intellettuale visto che la grafia è di Pubblico Dominio, essendo stata proposta da Mocellin come ministro di un governo e come dichiarato da lui stesso ne "Il Vento del Leone": "E’ proprio perché potesse rientrare nel patrimonio di tutti i Veneti che l’ho pensata e creata." Tipica frase di donazione al Pubblico Dominio.
Ora mi rendo conto che questi sono problemi interni, ma ritengo che il mio intervento sia utile per far capire all’esterno il motivo per cui ritengo che Alessandro Mocellin e Alessandro Battistel non abbiano alcun diritto nel firmarsi come Giovani Veneti nel comunicato "Il Veneto Serenissimo Governo getta la maschera".
A causa di questi comportamenti e della mancata fiducia che nutro nei loro confronti, in qualità di unico responsabile della sala dove si terrà la conferenza del 13 dicembre, annullo la conferenza non approvando la recente condotta di Mocellin e di Battistel.

Mario Bonamigo

PS: Invito il Mocellin (che già si annovera tra gli immortali o forse si confonde con il suo omonimo Manzoni) a rivolgersi alla magistratura italiana per eventuali dispute sulla proprietà privata, e di non abusare dei Giovani Veneti e del tempo dei nostri sottoscrittori e sostenitori per scopi personali.




Proposta sulla Lingua e la Grafia Veneta

Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, a coronamento di un ampio lavoro di ricerca e di proficuo dibattito ha deciso di sottoporre al Popolo Veneto il documento che ne è scaturito; siamo consapevoli che esso non esaurisce il problema, ma pensiamo sia una buona partenza.

Pertanto chiediamo a tutti di contattare il Veneto Serenissimo Governo ai contatti mail (pepiva@libero.it o cancellierevsg@alice.it)  o all’indirizzo postale (casella postale 64 -36022- Cassola – VI) per dare un contributo a questo lavoro, che comunque sarà utile e prezioso: ciò ai fini non di codificare una lingua, che è comunque sempre in evoluzione, ma per rendere unitaria la scrittura.

09 dicembre 2008


Per il Veneto Serenissimo Governo
Dipartimento Cultura Patriottica ed Identità Nazionale
Il Vicepresidente Plenipotenziario
Demetrio Serraglia



 

1. LINGUA o DIALETTO?

Molti linguisti sostengono che la differenza tra lingua e dialetto sia sostanzialmente una pura questione politica. Si tratta quindi di un discrimine dato dal fatto che un idioma sarebbe lingua quando è riconosciuto a livello legislativo da uno Stato, a prescindere anche dal fatto stesso che gli abitanti, i cittadini di tale Stato conoscano tale lingua (pensiamo all’“Italiano” come lingua ufficiale della Repubblica italiana, che dopo la Seconda guerra mondiale era ancora sconosciuta ai due terzi della popolazione; poi è arrivata la televisione).
Per riassumere tutto questo, si usa spesso la seguente citazione, che viene alternativamente riferita a diversi linguisti di fama internazionale, a riprova della sua diffusione, conoscenza e sostanziale accettazione da parte dei linguisti dotati di onestà intellettuale: “Una lingua è un dialetto con un esercito ed una marina”.

2. IMPORTANZA POLITICA della LINGUA

La lingua è uno dei fondamentali elementi -insieme a storia, costumi, tradizioni…- per cui si può distinguere un popolo dall’altro. La lingua Veneta con la sua tradizione letteraria -anche se mai “ufficializzata” da una grafia o da una codificazione grammaticale- si inserisce esattamente nel panorama linguistico neolatino-mediterraneo, tanto che pare -e forse è- assurdo metterne in discussione la collocazione nel ceppo linguistico comune a italiano, spagnolo, catalano, portoghese, occitano, napoletano, siciliano e qualche altro. La tradizione letteraria è appunto molto vasta, e le testimonianze che ne abbiamo sono molteplici, nonostante le ricerche per valorizzare tale patrimonio letterario siano quasi a zero in ambito italiano, per ovvi motivi di relegare il valore della lingua al salvagente del “dialetto”, che permette allo Stato italiano di aggirare l’articolo 6 della sua stessa Costituzione.
A parte il valore diciamo “artistico” della lingua, c’è un valore identitario (di cui si parla nel paragrafo successivo) ed infine un valore pratico. Per fare un esempio vicinissimo a noi: quanto sarebbe più facile risvegliare l’identità veneta se ci fosse una lingua codificata, comune, conosciuta, scritta e letta univocamente da tutti? Forse semplicemente non servirebbe risvegliare l’identità, perché non si sarebbe mai assopita fino al punto di rischiare di non uscire più dal “coma” culturale in cui si trova il Popolo Veneto.
Bisogna chiudere la partita della codificazione grafica al più presto, poiché ciò significa dare al futuro un’“arma” che noi oggi non possiamo sfruttare appieno, ma di cui ci rendiamo conto della portata.

3. IMPORTANZA IDENTITARIA della LINGUA

Una lingua non è solo uno strumento di comunicazione. Una lingua è anche un’identità, e forse quella che insieme al background fisico-territoriale di più pregiudica ed influenza la visione del Mondo che un popolo sviluppa nella Storia. La lingua non è semplice e diretta traduzione in simboli di un pensiero, altrimenti non si spiegherebbe la profonda variabilità della lingua stessa, nonostante la lingua sia fatta di simboli sonori (nella declinazione orale) e simboli grafici (sul piano dello scritto) tutti prodotti per via orale, ascoltati dall’udito, scritti da mani, e letti da occhi umani.
Un esempio di come una lingua possa segnare le sorti di un popolo e forgiarne la mentalità, è data dal raffronto tra greco e latino “classici”. Il greco, infatti, era dotato dell’articolo determinativo, mentre il latino ne era sprovvisto. Ciò ha “comportato” che la filosofia -con la sua tendenza categorizzante- sia nata ad Atene, e non a Roma. Un possibile motivo? In Greco si poteva differenziare nettamente l’“esempio” di cane (un cane) dal “concetto” di cane (il cane). Nel latino si dovette far ricorso agli aggettivi dimostrativi per supplire a questo vuoto “filosofico” della lingua (gli articoli determinativi in italiano e in veneto “derivano” da questo ricorso: ille canis = quel cane > il cane / el can; illa pila = quella palla > la palla / ła bała).
Inoltre, ogni lingua -o meglio: ogni popolo, nella sua lingua- ha le proprie espressioni idiomatiche, segno di una identità autonoma innanzitutto, ma anche sintomo di una precisa visione del Mondo e della vita.
Un esempio storico e verificabile che la lingua non è un elemento “accessorio” all’indipendentismo è l’importante identificazione dei Veneti della Diaspora con la loro lingua madre, che ancor oggi parlano -dopo oltre un secolo- ed insegnano ai loro discendenti: questo dimostra che la lingua è uno strumento identitario di un Popolo, non un “elemento” del territorio, o per scolastiche rassegne di cultura “locale”.

4. LINGUA o NON LINGUA? DIALETTI o VARIANTI?

La “lingua veneta” in sé non esiste, nel senso che non è mai stata codificata né nella grammatica, né nella grafia. Tuttavia, -per fortuna- anche ciò che non è codificato esiste, e molte sono le prove che un “parlar veneto” esiste: il semplice fatto che tra veneti ci si riesca a parlare (anche se sono presenti evidenti diversità di pronuncia -e grafia- e di grammatica); il fatto che un veneto moderno (soprattutto un bellunese-feltrino) possa comprendere -senza grosso sforzo- il “Ritmo Bellunese” (di un secolo precedente alla Divina Commedia di Dante); il fatto che un “veneto patrio” ed un “veneto della diaspora” si comprendano senza alcuna difficoltà, tranne che per qualche “dinosauro” lessicale. Questo sono solo alcuni dei possibili esempi.
L’affermazione che la “lingua veneta” non esiste è facilmente travisabile. Tuttavia, il motivo per cui ciò è da precisare è che se definissimo “cos’è la lingua veneta” dovremmo poi definire senza dubbio “le varianti”, perché ci sono innegabili e macroscopiche differenze nelle declinazioni territoriali della lingua (come in tutte le lingue del resto!). Tuttavia, dire che sono macroscopiche, non significa che siano insormontabili. Semplicemente ciò significa che ci sono alcune aree in cui accadono deter
minati fenomeni linguistici (es. aumento della frequenza di caduta della vocale finale nel bellunese; es. progressiva perdita di purezza consonantica della L -verso la vocale E- procedendo dai monti, per le pianure, verso la costa; es. uso della Z-sorda (suono dell’it. spaZio) nelle zone costiere, nel rodigino e nel trentino; es. uso dell’interdentale sorda TH in passato molto diffuso, ora conservato solo nel bellunese-feltrino-sinistraPiave; e simili).
Tramite l’accostamento di tali fenomeni linguistici, in passato si sono individuate delle c.d. “varianti” della lingua, sempre nella necessità di adeguare la figura ideale della “lingua veneta” alla realtà fattuale della grande variabilità linguistica, un po’ come fosse il famoso “regolo di Lesbo”.
Tuttavia gli strenui tentativi d’alcuni di ascrivere il parlare di un comune di “frontiera linguistica” a questa o a quella “variante”, dimostrano la sclerosi di questo schema. Altri, con enorme miopia politica ma soprattutto culturale, si sono permessi di “scegliere” una delle c.d. varianti, ed ergerla a “lingua di tutti”. Costoro non si sono accorti del cortocircuito logico congenito alla loro tesi, poiché partendo dall’idea di “una ed indivisibile lingua veneta” -parafrasando l’“adorata” italica costituzione-, scendendo ad individuare delle “varianti” e risalendo poi ad imporre -per comodità, dicono- una variante come “lingua di tutti”, si pongono in realtà di fronte a due “lingue venete”: una che “dovrebbe essere” tale -condizionale presente-, e una che lo “dovrà essere” -indicativo futuro-. Fin qui la miopia culturale. Ma da qui anche miopia politica, perché ciò significa relegare a “dialetti” tutte le altre varianti. Ma poi: detto -e fatto- questo, con che faccia si potrebbe continuare a biasimare ed attaccare la scelta dei governi del Regno d’Italia che tanta opera vollero porre nell’imporre il toscano come “lingua di tutti”, che nel 1861 era conosciuta solo dal 2,4% della gente -e tra l’altro solo come lingua delle grandi occasioni, non certo come lingua di vita e comunicazione-?
Gli accenni alle “varianti” possono essere utili in senso molto lato, soprattutto nei casi in cui si tratta di richiamare alla mente del lettore un certo modo di pronunciare, per es. quando si confronti la lettura della Ł -elle semivocalica/semiconsonantica-  “alla costiera” (= quasi una E pura) o “alla bellunese” (= L pura).
Ecco quindi perché è inutile -se non anzi dannoso- calare dall’alto delle maglie rigide per stringere la realtà in schemi che verranno rotti presto, in quanto le lingue sono in costante e dinamica sedimentazione e smottamento, poiché sono vive, come quelli che le usano; e non dimentichiamo che la lingua è uno strumento a servizio di un Popolo, che quel Popolo per secoli ha sia migliorato che custodito, usandola.

5.GRAFIA ad un BIVIO: AUTARCHIA o COORDINAZIONE INTERNAZIONALE?
La prima cosa da precisare è che l’ortografia (cioè il modo corretto, “ortodosso” -appunto- di scrivere) è una disciplina storica, cioè è prettamente convenzionale, in una commistione di necessità e scelte che stanno tra la tradizione da conservare ed il futuro da costruire.
A scanso di equivoci, precisiamo che autarchia (dal gr. autos = esso stesso; archè = principio; autos+archè = esso stesso fa principio) significa “far principio a sé stessi”, cioè essere totalmente autonomi ed indipendenti. In alcune proposte grafiche per il veneto, questa “indipendenza” della grafia rispetto ai sistemi grafici “in vigore” per altre lingue, viene definita come una virtù essenziale, anzi costitutiva della proposta grafica. Ciò probabilmente è dettato dall’ennesima declinazione del “complesso del sottomesso” (fenomeno cui è dedicato in questa introduzione un paragrafo esplicativo; par. 8), oppure più semplicemente da una traslazione del “desiderio di indipendenza politica” in una proposta di “indipendenza grafico-linguistica”.
Tuttavia, tanto l’indipendenza politica significa sacrosanto diritto ad autodeterminarsi, quanto una cieca indipendenza della grafia di una lingua porta a isolazionismo, devitalizzazione, rattrappimento, morte.
Tra l’altro, queste visioni isolazioniste sulla lingua sono state spesso figlie naturali di un certo nazionalismo (a partire dal Cinquecento, secolo in cui si sono affermati i c.d. “Stati nazionali”), e hanno portato lingue dello stesso ceppo e con caratteristiche simili a differenziare in maniera assurda le grafie proposte per lo stesso fonema. E’ il caso dopo cinquecento anni di proseguire sulla stessa falsariga?
Prendiamo ad esempio il suono che in italiano si è scelto di scrivere come GN:

                   italiano baGNo

                   francese           champaGNe (nota regione)

                   spagnolo          niÑa (bambina)

                   galiziano           leÑa (legna)

                   portoghese       piraNHa (noto pesce)

                   occitano           baNH (bagno)

                   catalano           CataluNYa (Catalogna)

                   [inglese oNIon (cipolla)]

                   [croato             koNJ (cavallo)]

> siamo quindi di fronte a 6 diversi grafemi (gn, ñ, nh, ny, ni, nj) per lo stesso identico fonema.
Una grafia indipendente -o sedicente tale- del veneto dovrà quindi inserirsi in questo arcipelago di isolazionisti -che già è una babele- con un’altra, nuova, inedita escrescenza grafica del medesimo fonema?
Forse è il caso di fare “di necessità virtù”, ossia -visto che il veneto è forse l’ultima lingua storica d’Europa a non avere ancora una codificazione certa (buone o cattive che siano le altre)- approfittare dell’occasione che la Storia ci ha dato di codificare una lingua nel terzo millennio, proponendo una grafia all’avanguardia che -seguendo principi di semplificazione, “fonetizzazione” (vedi paragrafo successivo) e coordinamento interlinguistico- permetta di fare il primo passo verso una grafia condivisa da più lingue -probabilmente dello stesso ceppo- che vogliano aderirvi (vedi paragrafo 10).
Un fondamentale passo in questo senso è stato compiuto nel
settembre 1888, quando l’Associazione Fonetica Internazionale ha messo a punto una Dichiarazione d’intenti -per il progetto di un alfabeto fonetico internazionale (IPA: International Phonetic Alphabet)- che riproduciamo di seguito:
1.      ogni segno dovrebbe avere il suo proprio suono distintivo;
2.      lo stesso segno dovrebbe essere usato per lo stesso suono in tutte le lingue;
3.      poiché molte classiche lettere romane dovrebbero essere usate il più possibile, l’uso di nuove lettere dovrebbe essere minimo;
4.      l’uso internazionale dovrebbe decidere il suono corrispondente ad ogni segno;
5.      l’apparenza delle nuove lettere dovrebbe suggerire il suono che rappresentano;
6.      i diacritici [segni aggiunti a lettere per variarne il suono. NdR] dovrebbero essere evitati quando possibile, poiché sono complicati da scrivere e  difficili da vedere.
Non è un caso che la prima commissione -di fondazione- del progetto fosse composta da linguisti inglesi e francesi, a comprovare quanto l’istanza di fonetizzazione dell’ortografia sia molto sentita presso gli studiosi di queste due lingue, di cui è nota la lontananza tra suoni pronunciati e grafemi scritti (non per nulla gli anglofoni sono costretti a spendere prezioso tempo nelle scuole per far imparare ai bambini lo spelling delle parole, con tanto di concorsi a premi per i più bravi).
Fortunatamente, le lingue neolatine mediterranee sono caratterizzate da una forte corrispondenza tra grafemi e fonemi: i linguisti le definiscono lingue con “ortografie fonemiche”.
Si tratta indicativamente delle seguenti lingue (grossomodo tutte quelle dell’area italica, dell’area iberica e della bassa Francia, cioè Provenza, Linguadoca, Aquitania,…) -circa da ovest verso est- : galiziano; asturiano; spagnolo; alto-aragonese; catalano; occitano; guascone; gallo-italico (lombardo, piemontese, ligure, emiliano, romagnolo); ladino; veneto; friulano; italiano centrale (toscano, umbro, alto laziale); corso; sassarese; mediano di sud-est (basso laziale, basso marchigiano); basso italiano (napoletano, molisano, lucano, pugliese); estremo italiano (siciliano, calabrese, basso pugliese); sardo.
La lingua veneta ha quindi l’imperdibile possibilità di essere pioniera di un processo di coordinamento delle grafie di una ventina di lingue della stessa famiglia, che dai linguisti sono considerate essere in un intreccio linguistico -definito “continuum dialettale”- che si sviluppa su un territorio che va dalla Lusitania alla Provenza, dall’Aquitania al Friuli, dal Piemonte alla Sicilia.
Inoltre, poiché questa grafia ha per vocazione e caratteristica la univoca traslazione dei suoni in scritti (e viceversa) essa potrebbe essere proficuamente utilizzata sul piano internazionale per “tradurre” univocamente in alfabeto latino parole di lingue che utilizzano altri alfabeti (es. alfabeto greco moderno; alfabeto cirillico) o altri sistemi di scrittura (es. ideogrammi cinesi; ideogrammi giapponesi), visto che attualmente si deve per forza scegliere la grafia di una certa lingua su cui basarsi.

6. GRAFIA FONEMICA: UN SUONO, UN SEGNO

I fenomeni linguistici variano e s’intrecciano sul territorio, e pertanto è necessario -in prima battuta- individuare dei grafemi che “traslino” nello scritto i vari suoni pronunciati. In una grafia fonemica -o comunque che pretenda di essere tale-, la corrispondenza tra “detto” e “scritto” -cioè tra fonema (dal gr. phonos = suono) e grafema (dal gr. graphos = scritto)- deve essere biunivoca: ciò significa non solo che ad ogni grafema corrisponde uno ed un solo fonema, ma anche viceversa che ogni fonema venga traslitterato in una sola forma. Per esempio il suono interdentale sordo del bellunese (cfr. il TH inglese di “THink”) non può avere lo stesso grafema della Z-sorda (quella dell’it. spaZio) tipica della costa, né questi possono essere usati per traslitterare la S-sorda usata nel veneto centrale: sono 3 suoni diversi, e meritano quindi 3 grafemi diversi, anche se sono suoni corrispondenti, nel senso che quando un bellunese usa l’interdentale, il costiero impiega la Z-sorda, mentre il centrale ripiega sulla classica S-sorda. Per le consonanti C e G dobbiamo però derogare a questa logica di biunivocità, ma ne parleremo approfonditamente più avanti.
Una grafia fonemica ha il pregio di rendere una lingua pronunciabile correttamente anche da chi non abbia mai nemmeno sentito certe parole, o addirittura che non conosca tale lingua. Pensiamo a quant’è più facile pronunciare correttamente il tedesco (che ha una grafia fonemica, pur con qualche “impurità”) anche se non si comprende cosa si sta dicendo; pensiamo invece quant’è difficile pronunciare l’inglese, o peggio ancora il francese, pur magari capendo esattamente il contenuto che si sta leggendo, ma nell’impossibilità di reperire il giusto suono nella babele delle corrispondenze incrociate tra fonemi e grafemi: il lettore è costretto ad imparare “a memoria” le pronunce (es. ingl. “CHest-aCHe” = dolore al petto, ha due diverse pronunce nella stessa parola del grafema CH: la prima è una C-dolce, la seconda una C-dura. Leggi:  /cèst-eik/).
La necessità è quindi coordinare l’uso univoco dei grafemi, in modo tale che la singola “variante”abbia i “suoi” suoni tipici -e i corrispondenti grafemi tipici- inconfondibili e non usati per altri suoni.

7. SCOPO e SIGNIFICATO di una GRAFIA “REGOLATA”

Ciò che vuole proporre questa grafia “regolata” è poi il coordinamento dei vari fenomeni linguistici presenti sul territorio venetofono, portando ad un termine più sistematico il lavoro già approntato con una certa dose di lucidità dal MGX di Michele Brunelli nelle note grafiche introduttive -edizione del 2007-, che è possibile anche grazie al lavoro di ricognizione fatto dalla GVU nel 1995, che però è troppo intricato ed aleatorio per essere applicato nella pratica (sono proposti diversi grafemi “a scelta” per lo stesso suono, con vasto uso di complessanti segni diacritici, e ciò ingenera confusione nella comprensione e nell’uso).
La “grafia regolata” non è quindi un lavoro di superfetazione linguistica, nel senso che non è la creazione di un “esperanto veneto” cioè una lingua di commistione, che è tanto “di tutti” quanto “di nessuno”. Si tratta  piuttosto di un lavoro di coordinamento, che permetta ai veneti di avere un  modo di scrivere la loro lingua, che sia usato da tutti, sia per produrre che per recepire scritti. Ciò è possibile introducendo il concetto di “nodo grafico”: è un concetto non nuovo, ma mai “messo a sistema” in un panorama linguistico univoco.
L’esempio -che sarà classico per descrivere questo concetto- è quello del “nodo grafico” ZS. Esso non ha una sua valenza fonemica propria ed autonoma, ma è appunto un “nodo”, cioè un “grafema di sintesi”: nella grafia “regolata” (d’ora in poi GR), esso riduce ad unità grafica i tre grafemi tipici che si trovano in corrispondenza tra loro all’interno di determinate parole, nelle diverse “varianti”. Per esempio:

               &nbsp
;   it. nazione =     naSion             (S-sorda;         veneto centrale) 

                   it. nazione =     naTHion           (interd. sorda;  veneto bellunese)

                   it. nazione =     naZHion           (Z-sorda;         veneto costiero)

                   it. nazione =     naZSion                                  > veneto regolato

                                                                  per formule: ZS = ZH + TH + S.

Tutti i venetofoni scriveranno naZSion, ma ognuno leggerà la propria, caratteristica pronuncia. Questo accorgimento dei “grafemi di sintesi” o “nodi grafici” consente 3 importantissimi traguardi:

  1. possibilità di unificazione degli scritti di tutte le “varianti” in un unico modo grafico regolato;
  2. poiché si tratta di una “possibilità” di unificazione, significa che rimane aperta la via della conservazione della grafia fonetica di ogni singola “variante”: un bellunese -a seconda della propria volontà, del contesto, dello scopo perseguito, e simili- potrà autonomamente decidere se scrivere in nella Grafia Regolata (GR; scriverà nazsion) o nella Grafia Fonetica Locale (GFL; scriverà nathion), per esempio se necessita di precisare determinati suoni a fini poetici;
  3. nelle scuole, nei manuali, nei testi di didattica, e nelle pubblicazioni a tiratura nazionale, verrà presumibilmente usata la GR. Nell’insegnamento, si inizierà ad insegnare la scrittura con la GR, introducendo poi gradualmente lo studente a saper declinare i “nodi grafici” nei vari fenomeni linguistici locali, e presentando infine anche le declinazioni di altre “varianti”. Ciò significa che -per esempio- in una scuola del Bassanese si insegnerà innanzitutto la GR, si spiegherà poi la lettura “bassanese” del nodo grafico, infine -in una fase più matura- si presenteranno anche le altre declinazioni che sono state sintetizzate in tale nodo. Questo sistema ha l’enorme pregio di permettere ad ogni venetofono di familiarizzare con tutte le “varianti”, e potenzialmente di conoscerle e parlarle tutte con facilità, sapendosi calare quasi istantaneamente nel “clima fonetico” di una certa zona. Se infatti un alto-padovano nella sua “variante” è portato a scrivere “sensasion”, gli sarà difficile identificare immediatamente quale delle 3 S (che per lui sono esattamente identiche) è in feltrino una TH. Con l’accorgimento dei nodi grafici -insegnati e resi “naturali” fin dall’infanzia- gli sarà insegnato fin dall’età scolare che in GR si scrive “sensazsion”, che l’alto-padovano lo legge e lo sente “sensasion”, che un feltrino lo dirà “sensathion”. In questo modo uno stesso testo può essere letto anche dalla stessa persona in tanti plurimi diversi modi quante sono le diverse declinazioni possibili dei nodi grafici; ovviamente, ognuno avrà una pronuncia che gli è più consona e naturale di altre.
8. il “COMPLESSO del SOTTOMESSO”
E’ un disturbo patologico di cui il venetismo soffre da sempre, e che ne ha frenato e condizionato ogni singolo passo, portando spesso -ma non sempre, per fortuna- a scelte assurde, inspiegabili, infruttifere, e pure indifendibili.
Questo “complesso” -come ogni patologia che si rispetti- colpisce molteplici ambiti di applicazione dell’intelletto (teoretico) e dell’agire (pratico) dei veneti che fanno politica (cioè che si adoperano come meglio credono per il benessere della loro comunità, della loro “polis” appunto).
Diversamente dal “complesso di Stoccolma” (quando gli ostaggi iniziano ad amare i propri sequestratori), nel caso dei Veneti, al profondo odio ed al non riconoscimento -tacito od esplicito- dell’autorità del soverchiante italiano si accompagna un’involontaria, subdola, insana accettazione dello status di sottomissione in cui versano il Popolo Veneto, la sua Storia, la sua millenaria Cultura. Non solo: ogni pretesa italiana soprattutto sul piano culturale, viene tacitamente accettata, in quanto l’operare di molti del venetismo continua a dirigersi sempre verso nuovi lidi, senza mai consolidare, difendere quanto già conquistato, e lasciando sguarnite le più durevoli roccaforti del bagaglio identitario veneto.
Così, se lo Stato italiano crea la “Regione Veneto”, il venetismo preferisce gettare dalla finestra il termine “Veneto” -come nome del territorio- ed inventarsi un’improbabile “Venetia”, o simili.
Se la cricca partitica italiana fa abuso del Nostro Leone Marciano, sugli stemmi delle associazioni e dei partiti tende a sparire il Leone, e compaiono simboli tra i più impensabili (fino alle foglie di fico della vergogna), e s’arriva a proporre di sbarazzarsi del millenario simbolo dei Veneti, perché ormai “vecchio”.
Se gli italofoni pronunciano la Z del veneto (S sonora) come la loro Z di spaZio (Z-sorda; come nel tedesco “Zeit”), i veneti devono cambiare la loro toponomastica e la loro onomastica secolari per adeguarsi bellamente al furto con scempio grafico-fonetico compiuto dall’italiano sul veneto? Dobbiamo rinunciare ai nostri veri cognomi? Ai secolari nomi delle nostre città? Perché sostituirla con la X? Gli Zorzi, gli Zanin, gli Zonta saranno Xorxi, Xanin, Xonta? Non sembrano forse cognomi più tipici cinesi che veneti? Zara diventerà Xara (recente modello di automobile)? Bolxan sarà un comune vicentino o un nuovo detersivo?
9. il VENETO nel CONTESTO LINGUISTICO EUROPEO

Presso molti gruppi d’opinione del venetismo (collegandoci al precedente paragrafo sul “complesso del sottomesso”), la lingua veneta viene allontanata anche forzatamente dall’orbita del latino classico -e contestualmente anche del greco-, come se ciò costituisse impurezza della lingua, o sudditanza a chi sa quale padrone. Questa “scelta” pare dettata da esigenze politiche di distacco dall’Italia che -soprattutto nella sua declinazione fascista- si è data arie “imperiali” quantomai ridicole, relegando a sottoculture “barbariche” tutte le manifestazioni culturali non statalizzate, o non fungenti all’edificazione del vergognoso artificio dell’italianità neo-romana. Tuttavia, negando l’evidente rapporto della lingua veneta col latino, sì dà in qualche modo credito alle assurde pretese dell’Italietta fascista, che prosegue nella repubblicana “certezza” -ancora sibilante tra le
bocche e le orecchie degli italiani- di essere eredi delle glorie di Roma. Riappropriandoci del sano e giusto rapporto tra le lingue moderne ed il latino -con i necessari e liberi studi che ancora si devono fare, visti gli ottocenteschi interventi della cultura di Stato-, riusciremo forse a dare il giusto ridicolo a queste folli teorie neo-imperialiste.
Una delle prime ricerche da fare, riguarda un po’ tutte le lingue “locali” presenti prima dell’approdo della conquista romana (o dell’alleanza alla pari -foedus aequum-, nel caso dei paleo-Veneti): si riconoscono forti influenze dell’etrusco sulla formazione del vocabolario e della sintassi del latino pre-classico, ma a tutte le altre lingue pre-romane di cui abbiamo evidenze dagli studi sulla paleolinguistica -tra cui il Venetico, lingua dei Venetici, o paleo-Veneti- nulla è riconosciuto nell’influenza del latino. Eppure moltissimi sono stati i poeti e pure gli storici provenienti dalla regione che Augusto denominò “Regio Decima: Venetia et Histria”, Livio e Virgilio, su tutti.
Poiché chi scrive non ha né le competenze, né la volontà, né il diritto di intervenire su questi delicati argomenti di “paleolinguistica”, poiché alla ricerca non si applicano -e non si devono applicare- criteri di scelta politica, si è deciso di fare un passo indietro nella questione del rapporto tra il “sostrato indoeuropeo” (particolarmente in discussione nei tempi presenti) la lingua venetica, la lingua greca, la lingua latina, e la lingua veneta moderna, lasciando il campo sgombero alla libera ricerca dei moltissimi validi studiosi che hanno voluto, vogliono e vorranno donare il sacrificio del loro lavoro e la luce della loro onestà intellettuale a questi importanti nodi storico-linguistici.
Tuttavia -ancora una volta per comodità- sarebbe assurdo togliersi la possibilità di fare riferimenti al greco o al latino -cosa da cui invece molti si guardano, per i motivi politici esposti sopra-: è infatti utilissimo rifarsi al lessico di tali lingue, anche e soprattutto con intenti etimologici. Usualmente, siamo stati abituati dalla cultura imposta italiana alla locuzione “deriva dal latino” o “deriva dal greco”, come se tutto e solo fosse dovuto a tali due lingue, come se nella memoria storica di un popolo -memoria che infondo si chiama “lingua”- si potesse premere il pulsante “reset”, cancellando secoli di evoluzioni e assunzioni linguistiche. Così sarebbe accaduto secondo alcuni linguisti -di dubbia onestà intellettuale-, e cioè i Venetici -e così tutti gli altri popoli entrati in contatto coi Romani- si sarebbero immediatamente spogliati della loro millenaria sedimentazione linguistica inchinandosi di fronte ad una perfezione onnicomprensiva -sa di mito, più che di studio- che il latino avrebbe avuto in sé.
C’è da dire che, se anche così fosse avvenuto, questo sarebbe stato possibile solamente se ci fosse stata una certa substanziale comunanza tra il venetico ed il latino, perlomeno a livello di lessico. Da un punto di vista prettamente ipotetico, probabilmente le c.d. radici indoeuropee erano comuni o accomunabili a livello di lessico tra venetico e latino -ed etrusco, il cui alfabeto era simile a quello venetico-, ma l’elaborazione sintattica e morfologica del latino era più avanzata, più matura, o più condivisibile, e si è imposta per questioni di “merito”, perché che sia stata imposta con le armi o con la propaganda, nell’ante-Cristo è assai improbabile, visto che solo con 50 anni di bombardamento televisivo l’Italia è riuscita ad insegnare ai veneti l’italiano, senza nemmeno ottenere -grazie a dio- che esso si sostituisse al veneto.
Ribadendo quindi la totale ipoteticità di tale visione, e ricordando gli sforzi politici fatti per disistimare tutto ciò che latino o “latinabile” non era o non è, riteniamo giusto rifiutare la canonica locuzione “deriva dal latino”, o simili, e nell’attesa che i giusti studi riempiano questo vuoto culturale non scriveremo “can; dal lat. canis”, ma ci limiteremo a proporre un “confronta” tra lemmi di lingue “alla pari”: “can; cfr. lat. canis = cane” così come “piron; cfr. greco perein = infilzare”, o come “dì ‘vanti; cfr. francese avant = dopo”, o come “butiro; cfr. ingl. butter = burro”.
Sulla scia di questo rinnovato rispetto per ogni lingua passata e presente, s’inserisce anche la volontà di “sacrificare” (negli scritti) certe peculiari “venetizzazioni”di termini stranieri, che spesso si verificano in campi come l’onomastica, la tecnologia, la gastronomia, la toponomastica. Al bando quindi scritture come “Oropa” (meglio “Europa”, come Europe) o come conpiuter o conputadore (meglio “computer”): se dall’estero proviene un certo prodotto, una certa idea, un certo nome di luogo o persona, lo si preservi tale, evitando fenomeni come le tipiche italianizzazioni fasciste e dando il giusto rispetto alle idee, alle cose, ai nomi altrui. Solo così  i nostri biscotti “Załeti” non li vedremo scritti “Yellowies”.

10. proposta di CONVENZIONE GRAFICA INTERNAZIONALE (CO.GR.I.)

Nell’analisi delle problematiche grafiche del veneto da cui è scaturita la ricerca di possibili soluzioni nelle scelte già operate nelle passate codificazione di altre lingue (quali l’italiano, lo spagnolo, il portoghese…), ci si è imbattuti in problematiche simili (a volte più lenite, spesso più accentuate) anche nelle lingue già codificate. Emblematico è il caso del suono che in italiano si scrive GN, come spiegato nel paragrafo 5.
Pertanto, costruendo una grafia fonemica per il veneto, ci si è accorti che essa risolveva molti problemi -o meglio: confusioni- che il veneto avrebbe potuto condividere con altre lingue neolatine: dall’italiano al portoghese, dall’occitano allo spagnolo (castigliano), dal catalano al siciliano al sardo…
Naturalmente, il veneto non ha tutti i suoni impiegati da altre lingue (per esempio in veneto non esistono i suoni che in italiano si scrivono GL e SC), né le altre lingue hanno tutti i suoni impiegati dal veneto (pensiamo alla Ł, o alle interdentali sorda TH e sonora DH, del tutto assenti in italiano). Pertanto, si è resa necessaria un’opera di coordinamento dei grafemi usati per definire tutti i fonemi che compaiono nelle suddette lingue.
Ecco che ha preso forma questo progetto di Convenzione Grafica Internazionale (Co.Gr.I.) che, partendo dalla volontà di dare alla lingua veneta una grafia il più possibile “naturale”, è finito per inserirsi -quasi inconsapevolmente- come prossimo passo di quella Dichiarazione d’intenti del 1888, che finora era rimasta una superfetazione da dizionario, poiché mai rilevata nella pratica dello scrivere quotidiano di alcuna lingua.
La caratteristica comune a queste lingue neolatine e che rende praticabile -allo stato delle cose- questo progetto è il fatto che i parlanti sono grossomodo abituati ad avere una ortografia fonemica (cioè con alta corrispondenza tra grafema scritto e fonema pronunciato). Poiché l’elemento necessario è “l’abitudine all’ortografia fonemica”, questo progetto ben si applicherebbe a qualunque altra lingua che adotti un alfabeto latino e i cui parlanti siano appunto abituati a leggere ciò che scrivono lettera per lettera, o almeno sillaba per sillaba, come potrebbe facilmente avvenire per molte lingue slave, e in parte per li
ngue germaniche.
La speranza ed il desiderio sono quindi che le varie accademie di lingua interessate (autorizzate o meno) si siedano attorno ad un tavolo per discutere sia dei principi contenuti in questo testo (naturale, anche se non  intenzionale prosecuzione dei punti del 1888), sia delle scelte grafiche operate in ottemperanza ai suddetti principi, per verificarne bontà, coerenza, applicabilità, convenienza.
Un appello invece ancora più accorato va a quelle tra le lingue citate che -come il veneto- hanno subito o ancora subiscono discriminazioni culturali, oppure sono a rischio estinzione: ci rivolgiamo quindi a tutti gli indipendentisti  che vogliano far tesoro di questa enorme e storica possibilità di abbattere una delle tante barriere che dividono i veri popoli d’Europa. Incontrandoci, confrontandoci e collaborando fraternamente sulla lingua potremo dare una rinnovata spinta, una fresca energia all’indipendentismo stesso: coordinando le grafie delle nostre lingue potremo dimostrare ai nostri e agli altri popoli che abbiamo armi per difendere la nostra cultura, e che -nonostante i mille ostacoli posti sul nostro cammino- abbiamo menti e cuori per battere sul tempo le obsolete e pachidermiche macchine degli Stati centrali che ci opprimono.

                                                                                                                                 



Con Alessio II se ne va un difensore dei valori evangelici e dell’identità europea.

Nell’esprimere la vicinanza e le condoglianze al patriarcato di Mosca e alla nazione russa, il Veneto Serenissimo Governo, in quanto erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica auspica che, proprio in considerazione della comune eredità evangelica, le Chiese ortodossa russa e cattolica proseguano decisamente il cammino verso la piena unità e la valorizzazione dell’unica identità europea….

E’ fatto recente la scomparsa del Patriarca di tutte le Russie, Alessio II.
Un uomo al vertice della Chiesa ortodossa russa in un periodo difficile (1990-2008), ma ricco di trasformazioni nella società russa.
Uno strenuo e convinto difensore di valori e principi cristiani; gli stessi che forgiarono, uniti alla tradizione ebraica, la comune identità europea.
Principi e valori che continueranno ad essere faro per i popoli europei tutti.
Nell’esprimere la vicinanza e le condoglianze al patriarcato di Mosca e alla nazione russa, il Veneto Serenissimo Governo, in quanto erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica auspica che, proprio in considerazione della comune eredità evangelica, le Chiese ortodossa russa e cattolica proseguano decisamente il cammino verso la piena unità e la valorizzazione dell’unica identità europea.

Longarone, 7 dicembre 2008.

 

Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Presidente
Luca Peroni
Il responsabile Dip. Affari religiosi
Andrea Bonesso




Benedetto XVI a Gerusalemme

Il punto di Germano Battilana sull’annunciata visita di Benedetto XVI a Gerusalemme

Abbiamo appreso che sua Santità Benedetto XVI si recherà a Gerusalemme, visita ovviamente concordata con il governo Israeliano: questo è un piccolo passo nella giusta direzione per appianare i punti controversi tra Ebrei e Cristiani, e un dovere per tutti i figli di Mosè.
Bene ha fatto il Veneto Serenissimo Governo a chiedere con insistenza che questa strada sia praticata al di là di tutti i possibili o eventuali ostacoli. Bisogna saper distinguere le contraddizioni principali dalle contraddizioni secondarie o addirittura insignificanti, ciò è un dovere imprescindibile per chi si pone il problema di essere esempio e guida del proprio popolo. Tutto il resto è voler pescare nel torbido per creare ostacoli artificiali; di ciò è auspicabile che il Veneto Serenissimo Governo non ne tenga conto e sappia mantenere il timone nella giusta direzione e continui a essere guida e speranza per il nostro popolo.

Germano Battilana



Terrorismo islamista a Mumbai (India)

Il terrorismo islamista ha colpito ancora nella maniera più bestiale, come del resto gli é consueto: colpire nel mucchio, poco importa se ci siano Cristiani, Ebrei ,Indù,  Musulmani o Atei. Il loro scopo è mantenere alto il livello di terrore per annichilire i Popoli del mondo ed impedire che essi lottino per il proprio progresso e il benessere delle loro famiglie e della loro società.


Il terrorismo è nemico dei Popoli: dobbiamo unire tutti gli uomini e donne di buona volontà in un fronte, il più ampio possibile, per fronteggiare questi atti criminali; dobbiamo costringere i vari governi ad accantonare i loro contrasti, ad unire tutte le forze per contrattaccare. Vanno addestrati commandos  multinazionali in grado di scovare e rendere inoffensivi sia i capi sia i gregari delle vari sigle che compongano la galassia terrorista globale: in nessuna grotta o fogna potranno sentirsi al sicuro, bisogna scovarli a prescindere dalle proteste delle "anime buone". Questa è una lotta per la sopravvivenza dell’umanità. Parallelamente al contrasto al terrorismo internazionale ed ai governi criminali, fiancheggiatori della svariate sigle terroristiche, va perpetrata una politica internazionale basata su una morale condivisa, contrastante i vari guerrafondai e chi disprezza il valore universale della vita.
Per combattere il terrorismo dobbiamo essere in grado di pagare il prezzo impostoci da altri. Nessuno può provare gioia dei sacrifici che il terrorismo ci impone, dobbiamo essere conseguenti alle necessità.
Il Veneto Serenissimo Governo ha fatto dell’ alleanza antiterrorismo l’asse della sua politica estera, invita, ancora una volta, sia gli U.S.A. sia la Federazione Russa ad essere ragionevoli, ad allearsi e fare quanto è possibile per fronteggiare il terrorismo nell’interesse dei loro popoli e dell’umanità interra.
Longarone, 28 novembre 2008

Per il Veneto Serenissimo Governo
il Presidente
Luca Peroni




La Groenlandia è libera e indipendente

Anche il Popolo della Groenlandia ha scelto l’indipendenza; ormai questa è una tendenza inarrestabile e sempre più i Popoli del mondo la vogliono praticare. Essa si trasformerà in una valanga che travolgerà gli Stato central-colonialisti.

Gli speculatori, le lobby economiche, i guerrafondai hanno ingannato i poveri  e depauperato le risorse delle nazioni, gettando nella fame, nella miseria e nella disperazione milioni di persone.

I Popoli si stanno ribellando e ciò è giusto, dobbiamo recuperare sia le risorse economiche che quelle politiche e culturali, per il benessere delle nostre famiglie e della nostra società.
I Popoli devono ottenere attraverso il referendum, come la Groenlandia, la loro indipendenza. Se invece i guerrafondai central-colonialisti pensassero di scatenare una guerra come alternativa alla nostra libertà sappiano fin d’ora che i Popoli stessi trasformeranno le guerre d’aggressione in guerre patriottiche che daranno la libertà e l’indipendenza ai Popoli oppressi.
Ci impegniamo come Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica, a fare quanto è possibile  per impedire nuove guerre, questo è un avviso che i guerrafondai devono prendere seriamente in considerazione.

Viva la libertà dei fratelli della Groenlandia!


Referendum subito per l’autodeterminazione del Popolo Veneto!

Oggi la Groenlandia domani la Veneta Serenissima Repubblica!


Longarone, 27 novembre ’08
Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Ministro degli Esteri
Demetrio Serraglia