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Domenica 8 marzo 2020: proviamo ad essere migliori

Sono in studio, il cielo splende blu sui tetti attorno, mio marito scrive di fronte a me, i miei gatti, alternano gioco e sonno. Tutto perfetto. Perfino l’assoluto silenzio delle strade sembra essere il migliore accompagnamento possibile per questo istante. Eppure non è soltanto questo, o meglio potrebbe essere tutt’altro che questo. Parto da me perché posso dire con precisione soltanto questo, il resto è ciò che so di quanto mi viene raccontato con articoli, foto, servizi televisivi o telefonate. Vivo a circa 400 chilometri da tutta la mia famiglia, sono tutti chiusi nella zona rossa ed io vorrei correre da loro ma non avrebbe senso, non tanto perché vado in una zona teoricamente più pericolosa di quella in cui mi trovo, cosa peraltro potenzialmente non corretta, quanto perché mi rendo conto che l’unico modo per contenere il diffondersi di questa epidemia devastante è stare fermi, il più possibile attorno alla propria abitazione, direi nel raggio degli spostamenti assolutamente indispensabili. Non è perché un decreto di un governo idiota di uno stato che non riconosco me lo impone ma perché il buonsenso, quella cosa ormai completamente fuori moda, mi dice che una cosa portata dal corpo degli umani si diffonde nel corpo degli umani tanto più gli umani vanno in giro. Allora trattengo il magone che mi si attorciglia alla gola quando penso alla mia famiglia che vive lontano e resto, con quella parte di famiglia con cui vivo cercando di condurre una vita ricca di istanti belli, attenzione, silenzio, coccole, fusa, letture, buon cibo, risa…

La vita è questa semplicità, la possibilità di guardare ad ogni cosa come ad un dono prezioso ed unico. Ogni istante è inestimabile, perso nell’attimo esatto in cui si consuma. Questo tempo, abitato dalla presenza di un possibile contagio di un virus tanto più violento quanto maggiori sono le nostre interazioni con altri umani, può insegnarci a coltivare la distanza, la presenza per noi stessi, il pensiero, la lettura, la meditazione, la preghiera, una corsa lunga il più possibile in solitudine. Ognuno di questi gesti, ogni volta che scegliamo di stare discosti il più possibile, che ci laviamo le mani, che prestiamo attenzione a ciò che mangiamo a come respiriamo, a quanto dormiamo non è egoismo è il più grande dono che possiamo fare alla nostra essenza umana, quella stessa che ha bisogno di incontrarsi abbracciarsi, condividere, ballare e cantare insieme, perché questo sia di nuovo un piacere pervaso della leggerezza dell’incontro, adesso dobbiamo semplicemente imparare a prenderci cura di noi, stare discosti, così che chi è debole non muoia, che le persone che stanno lavorando ininterrottamente negli ospedali possano tornare a casa dormire nei propri letti, stare con le proprie famiglie.

Ognuno di noi è responsabile di ciò che sceglie di fare e non fare, non si tratta di nulla di straordinario, la vita è un dono ma soprattutto una responsabilità, sarebbe ora che gli abitanti di questa penisola (o forse del mondo) se ne rendessero conto. La libertà non è fare ciò che si vuole a prescindere da tutto e tutti, la libertà è rispettare la vita propria ed altrui.

L’insofferenza con cui le misure poste in essere vengono accolte dai più mostra quanto ogni singolo essere umano sia fondamentalmente incapace di rimanere solo o di limitare i propri contatti a poche persone, abbiamo bisogno degli altri, soprattutto di quegli altri che non conosciamo e che ci costringono a cambiare, conoscere, scoprire, per questo dobbiamo ora limitare la nostra mobilità, ridurre le possibilità di contagio, collaborare perché tutto questo cessi e si possa tornare alla pienezza della vita. Proviamo a sfruttare questo tempo per imparare ad essere persone migliori per noi stessi e per gli altri. Cerchiamo dentro di noi, ognuno dentro di sé la forza di essere responsabili e smettiamo una buona volta di lamentarci o di scappare!