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Petizione di Radio Nazionale Veneta

Clicca qui per firmare la petizione

“Al Presidente della Regione Veneto Luca Zaia

Caro Luca, ti scriviamo da Veneti a Veneto, e visto il chiaro mandato elettorale che hai avuto nelle elezioni del 31 maggio 2015 riteniamo ormai improrogabile da parte tua come presidente della regione Veneto l’indizione del referendum per l’autodeterminazione del Popolo Veneto.

Il diritto all’autodeterminazione è un diritto naturale di ogni Popolo ed è sancito e riconosciuto dal diritto internazionale.

Questo referendum dovrà chiarire se i Veneti vogliono l’indipendenza dallo Stato Italiano con la ricostituzione della Repubblica Veneta o rimanere nella condizione attuale.

Chiediamo che il referendum per l’autodeterminazione del Veneto avvenga entro e non oltre 24 mesi dalla data odierna.”

Concluso l’atto burocratico delle elezioni in Veneto, quale simulacro democratico gestito dello stato italiano, la partita per l’indipendenza del Veneto ora entra nel vivo. Sono necessari dei tempi certi per il referendum che corrispondono a 24 mesi a partire dal 31 Maggio 2015. In questo contesto deve essere costituita una commissione che prepari e gestisca il referendum per l’indipendenza totale della nostra patria; siano i veneti a scegliere il loro destino, attraverso il libero arbitrio ed il diritto internazionale.

 

 

Radio Nazionale Veneta




Veneti della Diaspora:"Siamo indignati del fatto che il Presidente Napolitano venga a Varese"

Amiche ed amici Veneti della diaspora non festeggia i 150 anni dei crimini italiane, ignorate la venuta del presidente Napolitano a Varese ed esponete alle vostre finestre il gonfalone della millenaria Veneta Serenissima Repubblica

http://www.varese7press.it/?p=25023

http://www.ecodelverbano.it/index.php/articoli-lettere-e-opinioni/98-veneti-della-diaspora-qdisertiamo-la-venuta-di-napolitano-a-vareseq
 

Varese, 3 febbraio 2011- Leggo con particolare tristezza che Giorgio Napolitano sarà a Varese per festeggiare i 150 anni dalla cosiddetta unità d’italia. Come Veneto della diaspora, domiciliato qui a Varese, sono particolarmente indignato di come si possa concepire di festeggiare  l’unità dello Stato occupante italiano, unità che ha causato lutti e drammi, senza dimenticare un’emigrazione di portata biblica di milioni di Veneti. Zona di emigrazione per i Veneti fu anche la Lombardia e la Provincia di Varese, basta scorrere i cognomi dell’elenco telefonico per imbattersi in decine di origine sicuramente Veneta.
Prima di festeggiare questo Stato è bene ricordarsi che l’Italia come oggi la conosciamo si è formata, con una serie di guerre d’aggressione (le tre guerre d’indipendenza, le guerre coloniali, la prima e seconda guerra mondiale, e altre guerre minori di cui l’Italia è stata partecipe), lo Stato italiano in queste guerre si è macchiato dei crimini più brutali (campi di concentramento e sterminio, uso dei gas, violenze indiscriminate sulle popolazioni civili, brutalità di ogni genere, ecc.), l’italia ha agito sempre in spregio anche al minimo rispetto delle popolazioni che sosteneva di rappresentare (i regimi che si sono susseguiti hanno usato le popolazioni come merce di scambio per ottenere benefici economici e materiali, sia nei movimenti di emigrazione che hanno caratterizzato il 1800 e 1900 che nei movimenti di immigrazione che caratterizzano il periodo attuale).
La storia unitaria come la raccontano i politici italiani di vario rango e gli storici di regime è un falso; la storia unitaria italiana costruita con l’accorrere di migliaia di volontari da ogni parte della penisola è una pia illusione di qualche accademico; i militari che muoiono pronunciando "viva l’Italia" è una menzogna degli uffici storici degli Stati maggiori. I fatti e i documenti dimostrano che nelle guerre risorgimentali le maggior parti delle popolazioni della penisola combatterono contro l’unità e contro i Savoia per difendersi dai soprusi e delle violenze. Cosa ci dicono gli intellettuali italiani del "sacco di Genova" in cui i bersaglieri si macchiarono di orrendi crimini che nulla hanno ad invidiare alle SS? Lo stesso Verga ci insegna cosa fece l’occupante italiano a Bronte in Sicilia. Ci spieghino gli storici italiani come venivano trattati i patrioti duosiciliani nel lager di Fenestrelle; ci illuminino gli intellettuali ascari del regime sul come mai nel 1866 durante la cosiddetta terza guerra d’indipendenza in Veneto non ci furono diserzioni, e anzi perché i marinai istro-veneti al grido di "Viva San Marco" affondarono la nave ammiraglia italiana? E come mai, invece, ci furono diserzioni nelle file dell’esercito italiano? Perché durante la prima guerra mondiale i carabinieri sparavano alla schiena dei fanti e degli alpini per evitare che questi si ritirassero? Non c’era forse uno spirito patriottico che spingeva tutto l’esercito? Come mai non furono mai consegnati alle autorità internazionali i criminali italiani della seconda guerra mondiale? Perchè non c’è stata una Norimberga italiana? Nonostante ciò oggi sentiamo da ogni dove propugnare la nomea di "Italiani brava gente". Perché il regime italiano ha permesso l’occupazione di terre cosiddette italiane da parte della canaglia nazista? Perché il regime italiano ha permesso che la propria popolazione di religione ebraica fosse perseguitata, e anzi si è reso complice di questo crimine? Perché l’Italia ha permesso che avvenisse il tremendo crimine del Vajont?
Si è stanchi di sentire, ormai quotidianamente una serie di fesserie sull’unità d’italia, tutti a strapparsi le vesti per difendere il tricolore e l’italianità. Non è sufficiente nascondere i fatti ma farli cancellare dalla memoria collettiva.
Inoltre è bene che ogni donna e uomo Veneto, sia residente che della diaspora, sappia che il Veneto è stato illegalmente occupato dall’italia nel 1866: a conclusione della guerra d’aggressione italiana, in cui è bene ricordare che l’Italia inanellò una serie di sconfitte militari senza precedenti, il Popolo Veneto si trova di fronte ad un’occupazione italiana imposta con una truffa plebiscitaria il cui risultato è 641.758 sì – 69 no – 273 nulli; i soli 69 voti contrari all’Italia dimostrano in tutta la sua essenza la truffa.  L’italia allora come oggi viola il diritto internazionale ed il diritto all’autodeterminazione del Popolo Veneto (Armistizio di Cormons, Convenzione per le Venezie, Pace di Vienna) e da inizio al saccheggio delle terre venete, una depredazione che continua tutt’oggi con una gestione delle nostre terre come fossero delle colonie.
Quindi il mio appello è quello di diffidare dalla storia ufficiale italiana, una storia ricca di omissis e di volute imprecisioni, andando a ricercare quella che è la realtà dei fatti con quella giusta curiosità che ha fatto del Popolo Veneto in tutta la sua storia un Popolo pronto a scoprire e ricercare il nuovo ed il nascosto come elemento di crescita e sviluppo.
Amiche ed amici Veneti della diaspora non festeggia i 150 anni dei crimini italiane, ignorate la venuta del presidente Napolitano a Varese ed esponete alle vostre finestre il gonfalone della millenaria Veneta Serenissima Repubblica.
Demetrio Serraglia
Responsabile del Dipartimento per

i rapporti con i Veneti della Diaspora

Del Veneto Serenissimo Governo




L’amico Patriota Stefano Zucchi ci ha lasciato

Apprendiamo con estremo dolore dell’improvvisa scomparsa dell’amico Patriota Stefano Zucchi, siamo vicini e al fianco della sua famiglia in questo momento di lutto.
La nostra Patria ha perduto uno dei suoi figli, uno dei suoi Patrioti.
La dedizione di Stefano alla causa dell’indipendenza del Veneto è sempre stata encomiabile, si è attuato per unire quei sinceri Patrioti che come lui amavano la gloriosa Veneta Serenissima Repubblica.
Stefano è un esempio da seguire per chi vuole essere un Patriota Veneto. Il suo impegno per costituire un’Assemblea Costituente Veneta  deve continuare, così onoreremo degnamente il suo sogno di libertà e la sua memoria.

Grazie Stefano per tutto ciò che hai fatto.

Longarone, 9 novembre 2010
Per il Veneto Serenissimo Governo
Il Presidente
Luca Peroni

per leggere tutte le condoglianze raccole in internet e via mail leggi qua sotto…

Cari amisi,

Go letto de la scomparsa del nostro amigo e conpatriota Stefano Zucchi.

La notisia me adolora grandemente; ve domando gentilmente de darme

altri particolari so l’acaduto, parche’ a sembra tuto coxi ireale e

sensa senso.

Grasie.

Piermaria Sogaro

Par

Diaspora Veneta

Che la terra gli sia lieve.

Stefano.

Abbiamo appreso dell’improvvisa scomparsa del Patriota Stefano ZUCCHI.

Il Vostro messaggio è stato subito integralmente pubblicato sul blog di questo MLNV

http://movimentoliberazionenazionale.blogspot.com/ e anche sui due siti di riferimento http://www.mlnveneto.org e

http://www.mlnveneto.eu .-

Tutto il Direttivo del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto con animo commosso e sincero condivide e

si unisce al cordoglio per la scomparsa del Patriota Stefano Zucchi.

Nel sito,

all’indirizzo: http://www.mlnveneto.eu/?lan=1&js=1&t=1&c=135&lbln=VENETI%20DI%20IERI%20E%20DI%20OGGI a

bbiamo dedicato una pagina con link di riferimento a Patrioti e Veneti illustri.

Se avete materiale da poter pubblicare su Stefano ZUCCHI, comprese foto e quanto altro ritenete possa essere utile,

saremmo onorati di mantenere vivo il Suo ricordo per l’impegno patriottico da Lui profuso.

Ovviamente questo vale anche per tutti gli altri Patrioti e Veneti illustri che riteniate doveroso mantenere vivo il ricordo a

imperituro esempio per le future generazioni.

Con incrollabile fede nel risorgimento della Patria Veneta che tornerà a ergersi Nazione fra le Nazioni.

Viva San Marco

Il Presidente del MLNV

Sergio Bortotto

Ma scherzate?

cos’è accaduto?

avevamo organizzato assieme a Venezia la marcia "risveglio di Venezia"

ma si era occupato lui di tutte le carte da sbrigare….

sono addolorato!!!

:(((

ciao Stefano

R.I.P.

xten@wooow.it

La notizia mi lascia senza parole, e mi rattrista non poco.

Si possono avere notizie in merito? come può essere successo? com’è possibile?

un cordiale saluto,

Paolo Gallina

Mi unisco a voi nel dolore per la grave perdita… il suo ricordo ci corrobori e ci aiuti a proseguire!

caterina ossi

Roberto Chiaranda Vorrei proporre, se la famiglia è d’accordo, una raccolta fondi per far rientrare le spoglie di Stefano

in patria, a Venezia, dove voleva tornare.

Ha fatto tanto per noi e ritengo che questo sia il minimo che possiamo fare per lui.

Chi è d’accordo mi lasci un messaggio.Grazie. WSM !

Elena Cavallini Buon giorno Stefano, avrei mille cose da chiederti, spero che da lassù trovi un po’ di tempo per darmi le

risposte. Le capirò lo stesso, con segnali diversi da FB, ma le capirò….

Francesca Ferronetti Il tuo ricordo vivrà sempre nel cuore di tutti noi. Per ogni Veneto accolto in cielo, tra i Giusti

Marciani, c’è un pezzo della mia vita che se ne va ….. Stefano Zucchi

Salvatore Russo Ciao Stefano

Lara Puppin Sono senza parole.Ciao Stefano,grazie per tutto quello che hai fatto per noi.Ieri,oggi e domani, SAN

MARCO

Neva Allegra L ‘ EVIS, ESPRIME LE SUE CONDOGLIANZA ALLA FAMIGLIA ZUCCHI E A TUTTI I PATRIOTI VENETI PER

LA MORTE DI STEFANO, GRANDE INDIPENDENTISTA E AMICO SINCERO DEL POPOLO SICILIANO.

CIAO STEFANO, CONTINUEREMO A LOTTARE ANCHE PER TE.

Sandro Esu FINO ALL’ INDIPENDENZA !!!! ONORE AL PATRIOTA STEFANO ZUCCHI DAGLI AMICI INDIPENDENTISTI

SARDI !!!!

Claudio Ghion Ciao Stefano che San Marco te accolga fra le sue braccia….

CIAO

Salvo Galvagno Onore a un uomo di valore! Vero patriota Veneto! Onore a te Stefano!!

Mirella Abela Condoglianze alla famiglia di Stefano.

Marco Casano CARO STEFANO, IL GIORNO CHE RIUSCIREMO A OTTENERE LA LIBERTà SARà DEDICATO ANCHE A TE,

QUESTA è UNA PROMESSA.

VENETO LIBERO

SICILIA INDIPENDENTE

Giuseppina Marrone Non te ne sei andato, Stefano caro, hai solo cambiato status e adesso VIVI LIBERO, Noi sappiamo che non hai

abbandonato il tuo popolo, e che instancabile Lo guiderai alla liberta`! GRAZIE STEFANO per avere sostenuto anche noi nel nostro cammino

verso la Liberta`! W S. MARCO! ANTUDO

Santo Trovato Ciao Stefano, il Mis – Movimento per l’Indipendenza della Sicilia ti rende onore !

Luciano Soffiato Ciao Stefano, no xe paroe pa tuta a to fameja.. S. Marco Patriota.. !!!!

Diaspora Veneta No poso credarghe. Dixime ca el xe on scherzo! No se pole andare via coxi, no fa senso! Ciao

Stefano!

Massimiliano Binotto Condojanse ala fameja, e che San Marco lo conpagne inte la strada de là.

Daniele Genovese Ciao Stefano, fradeo veneto

Mimmo Cassata Dormi il sonno dei Giusti…….Ciao Stefano. AnTuDo San Marco !

Mimmo Cassata
VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Madreterra Sicilia Partecipo commosso al profondo dolore.

Coordinamento del M.I.S. Movimento per l’Indipendenza della Sicilia di Agrigento.

Turi Grasso Non posso crederci!! ora sei davvero un Cittadino Veneto Libero!!! Non ti scorderemo e i tuoi connazionali Veneti, ne sono certo, lotteranno anche per te. Ti ringrazio per le tue parole di solidarieta’ alla nostra causa Siciliana e per la collaborazione offerta e volentieri accettata. I Patrioti non muorono mai! RIP.

VIVA SAN MARCO.

Antonio Venier Ciao Stefano… VIVA VENEZIA! VIVA SAN MARCO!

Diego Ro Ciao Stefano…

Gilles Olivier Lebrun-Piaser Grazie ancora per la tua gentile amicizia !

Michele Fuin proprio desso….

no te gò mai conossuo de persona,ma no riesso a moearghea de pianzer….

riposa in paxe fradeo….

grassie par tutto queo che ti gà fatto.

Claudio La Franca Stefano dicono che non ci sei più, non posso crederci. Ovunque tu sia avrai sempre il mio rispetto e

la mia ammirazione. Viva San Marco e Santa Rosalia.

Gustavo Grifasi Caro Stefano, riposa in piace, amico. W il VENETO LIBBERO!!!

Millo Bozzolan gavevimo schersà sull’età, poco tenpo fa, e se pensava forse, schersandoghe su, de esser un poco

imortai. ma no xe così, semo na povera cosa, de carne e ossi che Dio mete a la prova…el to amor de Patria xe la bea

erdità che te lassi a noialtri che continueremo la to bataglia. condoglianse a la fameja.

Salvo Maltisi addolorato della tua scomparsa il popolo veneto il popolo sardo e’ quello siciliano risorgeranno presto

guidaci da lassu’ verso l’ indipendenza dei nostri popoli liberi pacifici e sovrani un grazie a te per il coraggio che ai

mostrato per il tuo popolo viva il leon de san marco viva venezia e’ tutti i veneti.

Giuseppina Marrone non te ne sei andato, Stefano caro, hai solo cambiato l’abito e adesso noi non siamo piu` capaci di vederti, ma sappiamo

che non hai abbandonato il tuo popolo, e che instancabile Lo guiderai alla liberta`! W S. MARCO

Rosa Cassata Ciao Stefano………………..

Gualtiero Scapini Arrivederci, amico. Grazie di tutto!

Teresa Davanzo Preghiamo per te, siamo vicini al dolore dei tuoi cari.. tu veglia dall’alto il nostro Popolo. Par tera par

mar, San Marco !!

Roberto Marcante Condoglianze

Antonio Schiavinotto GRAXIE STAFANO PAR SEMPRE CO TI! PAR SAN MARCO!PAR EA TO GLORIA NEA STORIA! W

SAN MARCO!

INO NASIONALE VENETO – Inno Nazionale Veneto

www.youtube.com

Giuseppina Marrone Stefano, qui avevi tanto lavoro ancora da fare, la tua gente ha tanto bisogno di te! procura di seguirla e guidarla fino alla

liberta!

W. S. MARCO!

Salvatore Corica C’é qualcuno che sappia spiegare come sia successo?

Salvatore Corica Arrifrisca ‘N

pararisu Stefunu! A Sicilia t’arringrazia ppa stima e l’amicizia ca

dimostrasti ne cunfrunti so e ru so populu! Jiû t’arringraziu ppi

l’amicizia ca mi vulisti rari ‘n vita! A Spadda o to Liuni cummatti

ancora ppa to patria!

Roberto Chiaranda sembra una sincope, ha lasciato una voragine!

Antonio Schiavinotto Carisimo Compatriota Stefano Te me si manca propio sul piu beo graxie a Ti te xeri riuscio a

coordinare i VENETI pa un congreso che gaveva del Storico Giuridico na roba ke tuto el mondo gavaria parla e scrito. Te

me si manca come un fradelo anche se te go conosudo poco ma xe come se fusimo conosui da sempre nel Core

gavevimo ea SERENISSIMA!REPUBBLICA DE VENETHIA. Te ghe lasa un vodo storico ke sara difisie colmare pa e to

capacita organixative mi ghe credevo e ghe credo su queo ke ti ga Fato xe sta na roba granda pa i Veneti.Comuinque ti

ga lasa un segno ae nove generaxion e sta sicuro ke quel ke ti ga fato continuara, DA LASSU TE ME SEGUIRE ANCORA

CO EA NOSTRA STORIA protegi e nove Generaxion Venete in Particolare me fiola adotiva Francesca ke come mi ghemo

nel cor Venethia e ea SERENUSSIMA.Te sare sempre presente ne e me preghiere,un abracio:))) PAR TERA E PAR MAR

SAN MARCO! DAL PRIMO COMITATO PAR LA VENETA SERENISSIMA REPUBBLICA ,Schiavinotto Antonio

Francesca Ferronetti Stefano perchè mi, ci ha lasciato?! Non potevi, non dovevi farlo proprio adesso! Difficile

esprimere quello che sento, quello che vivo. Dolore, solitudine,incredulità. Tutti noi Patrioti sentiamo nostri i tuoi

insegnamenti. Ancor più di ieri le tue parole ci risuonano nel cuore, e se anche lo smarrimento per la perdita…

Luigino Gazzea ma cossa xe’ successo? come xe’ successo? chi xe’ che me spiega?

Giacomo Mirto Penso che non ci sia canzone più azzeccata per lui.

WSM

Il Cielo d’Irlanda (Fiorella Mannoia)

www.youtube.com

Luigino Gazzea come xe’ successo? me lo spieghito?

Giacomo Mirto no so nula purtropo 🙁 speremo che qualcuno ne informi al pi presto.

Maristella Tagliaferro non ti ho mai incontrato, eppure ci manchi. guardaci dall’alto, accanto al Leon!

Ultimo Cavaliere Un inchino di fronte a un Patriota Veneto. Sicuramente continuerai da lassu’ a dare un mano ai tuoi

Fratelli fino all’Indipendenza della tua Terra. VIVA SANMARCO

Giacomo Mirto Ciao Stefano. La prima manifestazione per l’indipendenza della Venetia è stata organizzata, grazie a te,

nella tua Venezia e questo non verrà mai dimenticato. Poi le nostre strade si sono divise. Diverse idee per un obiettivo

comune, che raggiungeremo anche in tuo onore. L’unico rimpinato è di non aver fatto insieme, come promesso, il

viaggio in Irlanda. TI CON NU, NU CON TI.

Andrea Busetto DogeVeneziano Onore a un grande "Patriota", R.i.P. caro amico!

Le mie profonde condoglianze alla famiglia!

Margherita Gaballo Mi dispiace tanto …ammiro i Veneti ed il loro stile di vita…quest’uomo viveva lontano dalla sua

terra e ne soffriva interiormente, era palese da tutto ciò che trasmetteva…il suo cuore non ha retto più…quella dei

Veneti è una stirpe molto nobile…si allontanano dalla loro terra solo quando si sentono impossibilitati ad agire altrimenti,

ma preferirebbero vivere sotto un ponte, piuttosto, in casa propria …sono napoletana, anche la mia gente è abituata ,

talvolta, a dimenticare il proprio passato, almeno a provare di agire così, ma vive alla giornata…é un
modo più semplice

per sopravvivere….i Veneti hanno un cuore stracolmo di passione…Stefano Zucchi ne possedeva troppa ed il suo cuore è

straripato, come accade al fiume in piena …ora é certamente fra gli Angeli del Cielo, in compagnia di quel dignitoso

Leone che tanto amava !!!

Luca Margotto Una grande perdita, condoglianze alla famiglia.

Monica Bruno Non ti conoscevo personalmente…ma solo in questo mondo liquido…Solo un giorno fa…..hai scritto sulla

mio post….aiutandomi……un saluto WSM

Roberto Chiaranda Ciao Stefano!

Ti avevo conosciuto da troppo poco tempo, ma parlavamo la stessa lingua ed avevamo gli stessi ideali. Tu non ci sei più,

ma i tuoi ideali erano i miei ed avevamo iniziato un percorso che tu eri sicuro ci avrebbe portato alla libertà.

Ora per onorare la tua memoria dobbiamo ancor più lavorare affinchè i tuoisogni che sono i nostri diventino realtà certi

che la tua dedizione alla causa comune continuerà ovunque tu sia ora.

Viva San Marco per sempre!

Andrea Rossi A xé vegnùo a mancàr on Grando Patriota Veneto, e ‘l dolor par la so sconpàrsa el ne làsa tuti coànti

dixorientài…, ma pensàndo che ti te sevitarà a guidàrne anca da lasù, me vién inamente e me sciopà fòra dal Cor sto

sìgo de Libartà: "Dal Cièl, par Tèra, par Màr…, San Marcoooo…! Ciao Stefano…!

Sergio Pes CIAO STEFANO,CON SGOMENTO APPRENDO LA NOTIZIA DELLA TUA IMPROVVISA SCOMPARSA

SCOMPARSA.CON TE SE NE VA UN GRANDE PATRIOTA ED UN GRANDE COMBATTENTE PER LA CAUSA

INDIPENDENTISTA.SICURAMENTE ANCHE DA LASSU’ CONTINUERAI A SOSTENERCI E NOI LOTTEREMO ANCOR PIU’

VIGOROSAMENTE ANCHE NELLA TUA MEMORIA

Elena Cavallini E

adesso Stefano? A chi potrò rivolgermi quando avrò un dubbio? Chi

frenerà la mia irruenza, chi mi spronerà nella mia ricerca? Chi mi dirà

di andare avanti quando sarò stanca? Spero che continuerai a farlo da

lassù e troverai un mezzo per rispondermi, come sempre, appena ti

chiamavo.

Michele Tartarini guidaci da lassù

Alfio Geronazzo Grazie per aver portato avanti il nostro comune ideale, condoglianze ai familiari.

Gianni Sartor FORZA E ONORE CON IL VENETO NEL CUORE

Rosario Brancato Sentite condoglianze a un patriota veneto!!!

Ruggero Zigliotto non lo conoscevo personalmente ma provo molto dolore nonchè stupore

nell’apprendere questa notizia le mie più sentite condoglianze alla

famiglia e a quanti gli volevano bene.

Paolo Gallina Stefano, leggere qui i tuoi link che hai postato solo ore fa mi fa credere che non sia vero… fratello

Patriota, riposa in pace, un abbraccio sincero

Paolo Gallina mio Dio, Stefano, non avrei mai pensato tu potessi lasciarci così…

leggo i tuoi post e ti vedo ancora qui con noi, con la Nazione Veneta sempre nel cuore.

Ci mancherai, Stefano, riposa in pace e Viva San Marco sempre!

Diego Genta Toumasìna Nou vién Stéou….feu an boun viàgiou….VSM ARPITANIA A LA RAGI

Giovanni Roversi Buon Viaggio Stefano! Lotteremo per l’Indipendenza delle nostre Terre anche per chi, come te, ci ha

preceduto ed è andato Avanti! [–+–]

Giorgio Roncolato Le me pi sincere condolianse.

Gavevo pena buo modo de conosar Stefano ma ne ga lasà

Almanco, Stefano, fane da guida dal paradiso par catar la strada par l’independensa.

Demetrio Serraglia

L’amico Patriota Stefano Zucchi ci ha lasciato

vsg.altervista.org

Sito ufficiale del Veneto Serenissimo Governo

Elena Cavallini Sono costernata, per l’amicizia che ci era formata, per i progetti del prossimo convegno, per i consigli che mi dava ad ogni mia

richiesta, mi sento come persa……..

Diego Marion Faccio fatica a crederci, è una grande perdita per il Veneto, è un ora buia per il Veneto, addio patriota

Franco Boromello 🙁

Bruta notisia, me despiaxe

Sole Soccol Condoglianze anche dal Brasile.

Sergio Pes Ciao Stefano…riposa in pace.Sentite condoglianze ai familiari

Victor Vic R.I.P.

Turi Grasso non sarai dimenticato

Marco Casano Non ci posso credere che Stefano Zucchi sia morto; mi dispiace veramente tantissimo

Gruppo Siciliota Barcellona http://www.facebook.com/pages/Gruppo-Siciliota-Barcellona-Pozzo-di-

Gotto/155525284468461?ref=mf

Antonella Marangon rimmarrai con noi e ci guarderai da lassu’ …par tera par mar SAN MARCO…

Gaetano Simile MacColl Partecipo al dolore per la dipartita di un uomo.

TUTTI GLI ONORI CHE MERITA, L’UOMO STEFANO ZUCCHI

Salvatore Russo VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Gruppo Siciliota Provinciale Messinahttp://www.facebook.com/profile.php?id=100001811111454

Gruppo Siciliota Provinciale Messina Un Saluto a Stefano anche da parte nostra

Thomas Toffoli onore a stefano zucchi .

Rosalba Valente onore a Stefano Zucchi, Dio lo abbia in gloria sempre.

VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Gualtiero Scapini Ciao, caro amico. Ci conoscevamo solo attraverso fb ma abbiamo avuto la stessa passione per la

Libertà della Venetia. Che la terra ti sia lieve e la pace sia sempre con Te. Arrivederci.

Giuseppina Marrone un abbraccio, caro Stefano, sarai con noi, e ci condurrai verso la liberta`!

Santo Trovato

INO NASIONALE VENETO – Inno Nazionale Veneto

Rosalba Valente E’ stupendo quest’inno.

Turi Grasso VIVA IL VENETO LIBERO!

Salvatore Corica Come suggerito da Santo trovato,propongo a tutti i partecipanti di mettere come foto del profilo la

bandiera gonfalone blu che usava Stefano!

Rosalba Valente ok.

Turi Grasso e’ un onore per me!

Santo Trovato Salvo, proponi ai partecipanti di mettere per oggi e domani come immagine del profilo il Leone di San

Marco, quella del profilo di Stefano, in onore di Stefano Zucchi.

Antonino Cuschera onore a tutti i patrioti della terra, Stefano era uno di noi che lottava per la sua patria… antudo frati

Turi Grasso VIVA caro amico virtuale ma non per questo meno vero e si
ncero. Ora sei vicino a San Marco, protettore

della tua vera Patria! Ora sei un Cittadino di San Marco!

VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Diego Marion VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR! VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Enrico Mario Basilone mi chino!

Rosa Cassata W SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Salvatore Corica Non siamo riusciti a stringerci la mano! Ma questo gesto é solo rimandato 😉

VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Turi Grasso VIVA caro amico virtuale ma non per questo meno vero e sincero. Ora sei vicino a San Marco, protettore

della tua vera Patria! Ora sei un Cittadino di San Marco!

VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Diego Marion VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR! VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Enrico Mario Basilone mi chino!

Rosa Cassata W SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Salvatore Corica Non siamo riusciti a stringerci la mano! Ma questo gesto é solo rimandato 😉

VIVA SAN MARCO PAR TERA E PAR MAR!

Salvo Turiddu Mangano una grande perdita. la Sicilia piange il fratello veneto.

condoglianze alla famiglia.

Dal Forum Raixe Venete

-Me despiaxe veramente, no ‘o conosevo de persona, lexevo senpre queo ke’l scriveva anca se no yero dacordo al

100%, ma me despiaxe si.

Pasion par queo ke’l faxeva e queo ke’l dixeva ge ne gaveva tanta, el so spirito de vardare in vanti e de sercare de

metere tuti dacordo me piaxeva.

Ke bruta notisia.

-El più bel regaeo ke podemo farghe xe trovar l unità par l obietivo comune e diventare stato.Condoglianse aea fameja.

Ma da’l bon?

Ke la so Anema la staga in paçe.

Sperémo ke calke d’on altro el porta vanti le so inisiadive, ke le me parea interesànti.

-Condojanse ala fameja anca da parte mia.

-…me dispiaxe!

-Me dispiaxe tanto, sia per l’amico che par el conpagno de batalia. Go provà a informarme, ma go poche notisie.

Sembra che sipia sta stroncà da na sincope, in ospedale.

Serchemo de andare vanti col lavoro.

Uniti, me racomando.




Veneto e spagnolo: fratelli di lingua

Viaggiare verso mete ispanofone è sicuramente rassicurante per un veneto poiché gli pare sempre di essere un po’ a casa propria. Molti di noi viaggiano spesso fieri e orgogliosi con la simpatica convinzione di poter comunicare tranquillamente articolando quel veneto puro e schietto che tanto ci accomuna. Aggiungendo poi un tocco spagnoleggiante, come le immancabili esse a fine parola, si ingegna una variante linguistica inesistente e ibrida, ma certamente esotica alle nostre orecchie. Ebbene, su questa leggera versione dei fatti si poggia certamente un basamento veritiero.

 

Lo spagnolo deriva da una forma volgare delle lingue romanze. Essendo una lingua viva e quindi in perenne mutamento, come avviene nelle lingue standard, non si è calcificata in una fisionomia riposata, al contrario ha assorbito poi le relative influenze del caso.  A partire dal celtico, che ha originato la variante nordica del basco, terminando con l’arabo, infiltratosi diacronicamente nel castigliano, a causa dei quasi mille anni di dominazione dei mori.
Tali ceppi hanno donato un contributo linguistico incisivo soprattutto nelle influenze legate alla modulazione fonologica delle parole, come il fenomeno della dittongazione, visibile in “cuerpo” e “tierra”, o la lenizione consonantica della lettera “t” alla lettera “d” in “vida”, o della “p” alla “b”, in “cabo”, o ancora la palatizzazione della “n” indotta a “ñ”, come in “año”. L’evoluzione diatopica in Spagna presenta invece varianti linguistiche estremamente diverse, tali da testimoniare la comparsa di ben tre lingue co-ufficiali, sommando catalano, basco e gallego a quello che si considera grossolanamente lo spagnolo in senso generale, ma che in realtà si riconosce con castigliano. È questa infatti la lingua spagnola per definizione, che conosciamo a tutte le latitudini e alla quale associamo il veneto. Idioma che ha dimensioni immense, utilizzata da più di 350 milioni di persone nel mondo, una tra le lingue franche per eccellenza, chiaramente dopo l’inglese.
Il veneto deriva da un sostrato linguistico del volgare compenetrato da un antico gruppo indoeuropeo e in particolare paleoveneto, il venetico. Con lo spagnolo spartisce certamente una base romanza comune, in cui sono confluite caratteristiche in qualche modo simili o parallele. Per esempio, certe somiglianze lessicali portano all’uso erroneo dell’accezione dei falsi amici. Capita di essere al ristorante in Spagna e ordinare una pasta senza “burro”, senza sapere che tale termine sta per “asino”. Se poi il cameriere ci chiede se vogliamo “aceite”, intende “olio d’oliva”, mentre se ci propone “setas”, intende dei “funghi”. La “mancia” in italiano coincide fonologicamente con il rispettivo omofono spagnolo “macchia”, mentre si traduce con “propina”.
Ci sono poi termini che palesano una valenza molto similare, dove però lo spagnolo o viceversa ha subìto uno slittamento semantico: il “destino”, significa sì destino nel senso di fato, ma anche  destinazione spaziale, temporale e addirittura impiego. Tornando invece al veneto, molti sarebbero gli esempi di parallelismo lessicale, primo tra tutti la sparizione delle doppie. Anche i suffissi -in, -on, -azo, appartenenti a molte terminazioni di sostantivi spagnoli, ricordano senz’altro il modo di parlare nostrano quando si vuole estremizzare con funzione accrescitiva e negativa termini basici, quali un “sapienton” o un “postasso”, mentre altri casi esaltano una sfumatura vezzeggiativa e affettiva, come in “picenin”.
Un’altra analogia si manifesta con la conservazione del genere nel binomio veneto-spagnolo, per esempio “a sae” e “a late”, “la sal” e “la leche”,  parole maschili in italiano, ma deviate al femminile in determinate aree della regione. Esistono poi termini coincidenti sia di forma che di significato, come nei gradi di parentela con “cuñado” e “padrín”, nell’abbigliamento con “calcetín” e “braguita”, in cucina con “cereza” o “naranja”, “el limón” e “el melón”, sulle parti del corpo con “pie”, “panza”, “dedo”. Altre terminologie hanno mutato integralmente il loro nucleo semantico conservando solo il significante,  esprimendosi in esempi eclatanti come “comodín” che significa “jolly” o “toalla” che corrisponde ad’“asciugamano”. All’interno della sintassi troviamo poi costrutti morfologici spagnoli evocanti espressioni prettamente nostrane, quali “pásame una cuchara para tu amigo” o “dame un poco de pan, gracias”. Anche le espressioni “sería bello dormir mucho”, “me sentaría en el sofá”, “estoy deprisa todo el día”,  non sono aliene al nostro sistema linguistico.
Uma nota speciale va apportata alla parlata veneziana che adopera nel suo vocabolario personale termini toponomastici che ricalcano con l’omonimo in lingua, tra cui “calle” nel senso di “via” e “rio” nel senso di “fiumiciattolo”. Oltre a una corrispondenza linguistica densa e affascinante con il veneto, lo spagnolo conferma la medesima identificazione anche negli aspetti extralinguistici come il modo stravagante di porsi insieme alla semplicità e spontaneità. Espressione questa che viene spesso confusa con una mancanza di eleganza e gusto, una schiettezza troppo semplicistica.

Nonostante si indichi il veneto come una minoranza linguistica poco prestigiosa e magari alquanto derisa dai puristi italiani, non si può evidentemente negare la forza di una piccola comunità che con fascino e potenza ha trasmesso una lingua e una cultura assolutamente uniche. Sono questi i risultati delle co-influenze venete in tutto il mondo, ed è con orgoglio e fierezza che sento di appartenere e condividere dettagli nostrani con una lingua tra le più calde e, permettetemi, “calienti” del globo.

dott.ssa Giorgia Miazzo
giorgiamiazzo@gmail.com




IL TALIAN: LA LINGUA VENETA OLTREOCEANO

Proprio oggi, 15 novembre, ho ricevuto un invito speciale, così speciale da non poter non rendervi partecipi e informarvi di un piccolo grande avvenimento che si celebra a Serafina Corrêa, nella provincia di Porto Alegre, nello stato di Rio Grande do Sul, nazione Brasile, continente America. Questo invito, dalla parvenza esotica, ci riguarda, tutti, profondamente. Infatti, viene solennizzata oggi, con grande onore per i veneti di tutto il mondo, la festa per commemorare i 134 anni di emigrazione veneta in Brasile. Il tema principale di questa peculiare giornata è il “Talian”…

 

Proprio oggi, 15 novembre, ho ricevuto un invito speciale, così speciale da non poter non rendervi partecipi e informarvi di un piccolo grande avvenimento che si celebra a Serafina Corrêa, nella provincia di Porto Alegre, nello stato di Rio Grande do Sul, nazione Brasile, continente America. Questo invito, dalla parvenza esotica, ci riguarda, tutti, profondamente. Infatti, viene solennizzata oggi, con grande onore per i veneti di tutto il mondo, la festa per commemorare i 134 anni di emigrazione veneta in Brasile. Il tema principale di questa peculiare giornata è il “Talian”.
Si tratta di una lingua confluente da varie zone del Veneto, cristallizzatasi successivamente in Brasile. Dalla fine dell’800 in poi, flussi migratori frazionati nel tempo, partirono dalle province venete, quali Belluno, Verona, Treviso, Padova, e giunsero ivi a destinazione, impiantando, oltre alle tradizioni, la loro lingua, e trasmettendola alle generazioni successive, che nel frattempo si mescolavano con quelle locali. Nonostante il trascorrere degli anni, le ingenti cifre di italiani attualmente insediati – le stime confermano 28 milioni – tutto è rimasto invariato, con la consapevolezza e l’orgoglio di sentirsi assolutamente veneti.
A livello linguistico, viene considerata lingua neoromanza, poiché proviene da stirpe latina, e include una minima mescolanza con il portoghese. Nata in Brasile, appartiene a tutti gli effetti al sistema linguistico brasiliano. Inoltre, viene ritenuta la seconda, e per molti la prima, lingua parlata a sud della nazione. Tale interesse, così esteso e sentito da crearmi un certo scompiglio emotivo, si sta consolidando fermamente, tanto da portare alla stesura di grammatiche e dizionari, oltre alla pubblicazione di centinaia di libri. Questi incredibili dati sulla nostra testimonianza concreta laggiù, di quasi 150 anni, non sono di poco conto, e stanno influenzando la reale situazione linguistica locale e nazionale.

Nel 2000, la “Federazione delle Associazioni dei Diffusori del Talian” ha presentato al “IPHAN” – Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico Nacional – una richiesta di riconoscimento, per la prima volta ufficiale, affinché il Talian fosse accettato come “Patrimonio Culturale e Immateriale del Brasile”. Sebbene non sia stata accolta, poiché carente di strumenti legali per ottenerla, è stato il primo passo verso un cammino di reale desiderio e forse bisogno di identità veneta.
Nel 2005, la stessa Federazione, con l’appoggio dello Stato di Rio Grande do Sul e di Espírito Santo, le Assemblee Legislative di Rio Grande do Sul e Santa Catarina, l’“Instituto Vêneto”, le università statali, i comuni associati ad altri enti, ha ripresentato la richiesta al Ministro della Cultura. È giunto, tuttavia, anche il secondo rifiuto, giustificato dal fatto che la lingua non era legalmente regolamentata da specifici testi linguistici. Tale situazione ha funto da stimolo per strutturare più formalmente ciò che rappresenta la diversità linguistica in Brasile, motivando la Commissione di Educazione e Cultura a prendere atto della loro realtà. Come risultato si è ottenuto che, probabilmente, il Talian sarà, dopo il portoghese, la prima tra le lingue ufficialmente riconosciute come patrimonio culturale e soprattutto lingua di riferimento nazionale.
Infine, per completare il quadro, a giugno di quest’anno, tramite la Deputata Silvana Covatti, è stata approvata la legge 13.178, la quale riconosce il Talian lingua di patrimonio storico e culturale dello stato Rio Grande do Sul, azione che, nel futuro più prossimo, verrà estesa negli stati limitrofi.
Tornando al mio invito, e a Serafina Corrêa, la festa si celebra altresì per ricordare un progetto di legge approvato in questi giorni che attribuisce al Talian il titolo di lingua co-ufficiale al portoghese. E, con orgoglio, vi informo che è il primo paesino in tutto il Brasile ad ottenere un risultato così importante. Da molti anni, comunque, laggiù vengono difesi i valori della lingua veneta, riconoscendo, ogni fine luglio, per un’intera settimana, il Talian come lingua ufficiale.
In questo periodo di novembre si festeggia, ininterrottamente per tre giorni, tale traguardo, con eventi di grande rilievo. Le celebrazioni si aprono con la commemorazione del grande Padre Rovílio Costa, religioso e letterato, uno dei maggiori esponenti del Talian e della storia dell’emigrazione italiana nel sud del Brasile. Si susseguono poi molteplici dibattiti politici e conferenze culturali, la messa in Talian, vari incontri della confraternita italiana, ulteriori discussioni sul Talian nei giornali, radio e letteratura, una mostra fotografica sull’emigrazione, la fiera del libro del Talian. La festa è poi rallegrata da attività artistiche quali cori e balli tipici, cinema e teatro nella “Piasseta San Marco”, la “Sagra di culinaria Taliana”, il “Festival della Pastasuta”, e grande chiusura con cena nostrana a base di “menestra de capeleti, fortaia, polenta e tocio, radici coti”. Ma, eccomi qui, fisicamente a migliaia di chilometri di distanza, con la testa e il cuore in un altro luogo, quello in cui mi sento di essere veneta, veneta nei valori, nelle tradizioni, nella purezza e integrità. Riesco a percepire quella nostra antica allegria, a sentire cantare le nostre canzoni, a gustare le nostre tradizionali pietanze, a guardare quei volti familiari dagli sguardi buoni e vivaci, e a sentirmi avvolgere da un calore casalingo, sentirmi a casa lontana da casa. Giurerei di essere lì, ma mi ritrovo, al contrario, in questo Veneto appassito di valori, intento a velare le sue origini sovente derise, e mi guardo attorno, stranita, disorientata, delusa, cercando un calore assopito, o forse, ahimè, dimenticato.

dott.ssa Giorgia Miazzo
giorgiamiazzo@gmail.com




Tutti a teatro in onore dell'emigrante

Sono seduta tra le prime file, si apre il sipario e il palcoscenico mostra una scenografia di vecchie valige accatastate e semplici fagotti che ricordano una partenza, racchiudono il senso di un’esistenza. Mi accingo a vedere uno spettacolo di teatro-narrazione, che rappresenta uno spaccato di emigrazione veneta…

Sono seduta tra le prime file, si apre il sipario e il palcoscenico mostra una scenografia di vecchie valige accatastate e semplici fagotti che ricordano una partenza, racchiudono il senso di un’esistenza. Mi accingo a vedere uno spettacolo di teatro-narrazione, che rappresenta uno spaccato di emigrazione veneta, “Il ponte sugli oceani. Amori”, illustrato da Guido Ruzzenenti, con le musiche di “Acoustic Duo” e la regia di Andrea Castelletti.
Si tratta di un monologo, dove l’attore e unico oratore, vestito con costumi da contadino dell’800, narra l’epopea di un viaggio nei sentimenti, descrivendo le geografie del mondo perse nei labirinti degli affetti. È accompagnato da un duo acustico che suona canzoni popolari con chitarra, mandolino e armonica, oltre a riprodurre suoni ambientali come il rumore del mare o della tempesta, della miniera e dei canti della foresta, utilizzando ingegnosamente strumenti artigianali.
Viene interpretato Angelo Corradi, il quale, con la sua copiosa famiglia composta di sette figli, nel 1894 lascia per sempre la sua contrada, di un paesino della Lessinia, zona montagnosa e selvaggia nel nord veronese, per emigrare in Brasile. La vicenda si snoda lungo quattro generazioni, tramite le quali i protagonisti vivono l’esperienza migratoria attraversando i vari continenti. Si arriva in Merica, e cioè in Brasile, a Ilha das Flores, a Rio de Janeiro, per giungere a Juis de Fora, nel Minas Gerais. Da lì si prendono i treni per Mariana o Ouro Preto, centri di grosse miniere. Ci si trasferisce poi a Buenos Aires, in Pennsylvania, nella Lorena e in Australia. Luoghi dove iniziare una nuova vita, destini legati a promesse mai mantenute, lavoro duro da spaccarsi la schiena spesso in miniera o nelle campagne, dormendo in baracche, sfamando le numerose famiglie con cibo misero e scarso, ma con il cuore verso la terra natale. Gli unici attrezzi portati da casa servono per farsi largo tra terreni montagnosi o fitte foreste da disboscare per costruire un posto dove abitare.
Assisto affascinata e mi immergo in una storia rocambolesca e lirica, a volte ilare altre struggente, dove si rievoca lo spirito dell’emigrante, ricco di emozioni intrinseche sia nel piano storico che comunicativo.
L’anno scorso l’edizione teatrale è stata premiata al Festival Internazionale “Ape D’oro” come “Miglior testo di vita vissuta e magistralmente raccontata”, oltre che al Festival “Il Torrione di Citerna” come “Premio Speciale della Giuria”. Quest’opera teatrale suggestiva sulle origini e vicende degli emigrati è estrapolata dall’omonimo libro “Il ponte sugli oceani”, scritto da Raffaello Canteri. Nato in provincia di Verona nel ’46, racconta le sue storie come probabile identificazione della propria vita, lungo la quale, dopo anni di insegnamento, diventa giornalista e scrive per passione saggi politici e piccoli romanzi storici. Si è poi avvicinato alla microstoria delle realtà locali, facendo risaltare esperienze dimenticate della sua gente. Il libro rappresenta l’ultimo dei suoi scritti, dove indaga la migrazione della Lessinia spalmata nei vari continenti.

Nell’autunno 2009 la tournée è stata proposta anche in Brasile per presentarla agli oriundi e ritrovare tra loro la discendenza dei Corradi, nonché di altre famiglie venete. Il tutto grazie al finanziamento dell’Assessorato ai Flussi Migratori della Regione Veneto e del Comune di Castelnuovo del Garda, oltre che il sostegno dell’Associazione Veronesi nel Mondo in Italia e il Circolo dei Veronesi di Criciuma e Nova Veneza. Si sono ripetute sei rappresentazioni nello stato di Santa Catarina, in particolare nelle cittadine di Siderópolis, Criciuma, Cocal do Sul, Nova Veneza, Turvo e Icara. Le sceneggiature sono state riprodotte con i materiali conservati dai discendenti, in modo tale che finzione e realtà coincidessero, avvicinando le sensazioni rivissute per quel segmento di storia.
Laggiù lo spettacolo è stato recitato solo in veneto, poiché quella terra accoglie una percentuale di immigrazione oriunda di oltre il 90% e nelle case molte famiglie comunicano ancora in dialetto. Il consenso e l’approvazione sono stati immensi. I teatri erano gremiti e il pubblico ha seguito con grande passione e commozione. Alla fine hanno applaudito per molti minuti tutti in piedi, frenando a fatica l’intensa emozione. Questa storia li ha toccati da vicino, perché da un lato ritrae le loro origini, dall’altro riporta alla metafora dell’esistenza individuale, in cui ognuno sogna una vita migliore. È un segno importante, perché, in qualche modo, i discendenti si sono ritrovati spettatori e insieme protagonisti di un contesto comune e profondamente insito nell’anima. Assistevano allo spettacolo della loro vita, ed emozionati continuavano a dire, “Xé proprio uguale a la storia che me xe sempre sta racontada!”
Anche giornali, radio e televisioni brasiliane hanno seguito la tournée con grande partecipazione e attaccamento. Qualcuno confida di avere percorso centinaia di chilometri per assistere allo spettacolo. La folla era così nutrita da non poter accogliere tutti e chi non riusciva a entrare assisteva radunandosi all’esterno. Ancora una volta i brasiliani hanno avuto modo di esprimersi con una delicata sensibilità grazie a un dettaglio distintivo. Il comune di Sideropolis si è manifestato scegliendo come pagamento per l’entrata, anziché denaro, un chilo di riso, che sarebbe stato poi consegnato alle famiglie meno abbienti. Non solo, anche il comune di Cocal do Sul si è prodigato in tal senso, proponendo come biglietto lo scambio con un dono natalizio da offrire ai bambini poveri.
Inoltre, la compagnia ha avuto l’opportunità di conoscere una realtà giovanile particolarmente toccante, spingendola a devolvere il ricavo dello spettacolo in beneficienza ai milleduecento bambini della missione del Bairro da Joventude, a Criciuma, nello stato di Santa Catarina. Si tratta di un orfanotrofio fondato dai padri Rogazionisti, tra cui il caro amico Padre Vincenzo Lumetta, che dedica la vita a questa condizione, dove accolgono orfani e meninos da rua provenienti dalle favelas. Un paese per bambini concepito per offrire strutture dall’asilo nido alla scuola professionale, formando i ragazzi e qualificandoli per la vita professionale adulta, togliendoli dalla fame e dalla strada.
Emigrare è sempre un po’ morire, ma ricordare è sempre un po’ rinascere, tornare all’ancestralità della propria esistenza, senza rinnegarsi mai, assumendo come modello di vita l’energia e la forza, il coraggio e la fede. Orgogliosi delle nostre origini.
 

dott.ssa Giorgia Miazzo
giorgiamiazzo@gmail.com




PERU': TERRA, SOCIETA' E INFANZIA NELL'OMBRA DELLA SEGRETA CIVILTA' INCA

http://www.regione.veneto.it/Venetinelmondo/NewsView.aspx?idNews=324

Quale terra fantastica, quella di bandiera peruviana. Siamo nelle Ande, uno dei luoghi più mistici dell’America Latina, padrona di una delle sette meraviglie del mondo moderno, il Machu Picchu. Patria dal valore inestimabile per l’origine della sua storia ancestrale, particolarmente magica e contemplativa, dalla cui miscela ne scaturisce un insieme fascinoso di posti e genti. La sua civiltà di origine inca o comunque precolombiana viene poi a scontrarsi con la successiva coloniale spagnola, oltre che con alcune tracce di africanismo. Il risultato non poteva che essere di una regione straordinariamente unica.

I paesaggi sono contrastanti, passando dalla fascia costiera oceanica a quella amazzonica, ad appunto quella che affianca la Cordigliera delle Ande. Si intrecciano quindi mare, vegetazione enormemente rigogliosa e cime altissime. Le costruzioni interpretano lo stile coloniale, risultandone di gusto ispanico, estremamente allegre nel gioco dei toni e nei contrasti dei dettagli. Case piccole e romantiche, come dolci bomboniere da ammirare, chiesette decorate, edifici fregiati e vivacemente colorati, non possono che offrire un aspetto caldo e accogliente a chi le guarda.

La gente, infine, completa uno spettacolo che mi piace definire incantatore. I loro tratti somatici sono davvero singolari. Fronte alta e distesa, sotto cui si sgranano occhi a mandorla scuri ed intensi come il caffè, che intendono divorare il mondo, penetrando con uno sguardo così suadente da catturare l’anima. Naso spiovente e squadrato, bocca non troppo carnosa ma ben disegnata. Fanno da cornice i fitti capelli lisci e neri che raccolgono spesso con lunghe trecce piatte e pendenti. Gli zigomi prominenti donano poi dolcezza ad un viso di per sé serio e austero, ma elegante e discreto. Certo, perché al contrario di molte popolazioni sudamericane, quella peruviana non è certo sinonimo di spavalderia e leggerezza, connotazioni invece tipiche delle aree caraibiche, per esempio. Questo popolo, osservandone gli incantevoli e particolari volti, comunica di essere marcato e severo, proprio come lo è stato il suo trascorso. È come se, intrinsecamente, sembra non essere riuscito a dimenticare, o comunque pare che abbia ancora forti ed evidenti i segni del dolore di un passato atroce, disumano, e insieme un miscuglio di rabbia e paura. Tale asprezza viene però a stonare con la fastosa maniera di abbigliarsi. Stoffe intessute in telai manuali, in cui ogni gradazione di colore e ogni tipo di forma creano uno spettacolo visivo di incredibili vivacità, gioia ed energia. Le donne si avvolgono con gonne lunghe, ampie e rigide, spesse volte sovrapposte una sull’altra, lavorate a più filati e guarnite di nastri, che, danzando, ruotano in modo armonioso, spettacolare. Indossano mantelle variopinte di lana di alpaca, cappelli stile borsalino, a falde larghe oppure stretti e alti, spesso con decorazioni a pompon, frange e fiocchi che scendono creando movimenti inusuali, e calzini dai colori accesi e geometrie tipiche, e mille altri dettagli autoctoni.

Gli uomini, invece, sfoggiano pantaloni al ginocchio, giubbini ricamati e berretti di lana con copriorecchie e poncho. Si tratta di persone tremendamente acute e avanzate, appartenenti all’affascinante e alquanto segreta civiltà inca. Assai antichi, si risale al 1200, gli inca sono un raro esempio di popolo pacifico ma imperante. Sono inoltre portatori di un sapere superbo e sagace, che tuttora viene conosciuto e studiato con grande rispetto e ammirazione. Mi sovviene di immediato il saggio utilizzo delle erbe dalle mille proprietà curative, prima tra tutti la coca, capace di equilibrare la pressione arteriosa, al fine di stimolare l’organismo, sopportare  disturbi e fatiche derivanti da inconsuete altitudini a cui tale popolo deve fare fronte.

Appare difficile inserire un  contesto veneto, in una realtà, appunto, così aliena alla nostra. Eppure, i nostri antenati, o meglio una fetta, si sono stabiliti anche in territorio andino. Gli italiani hanno iniziato ad entrare in Perù ancora nel 1550, poiché sudditi di alcuni stati alleati alla Spagna. L’emigrazione veneta, invece, si rifà a quel segmento di famiglie scappate alle avversità delle grandi guerre, che, rispetto al Perù, è esigua. Le tradizioni, la cultura e, ahimè, la lingua, sono andate scemando, rimanendo ben poco di vivamente nostrano, a parte forse qualche piatto tipico e alcuni cognomi oriundi. Gli “italo-peruviani”, però, sono cospicui nello stato, arrivando ora a più di 500.000 presenze. Molti di loro hanno raggiunto un notevole livello nella società e nell’economia del posto.

È attiva e opera l’Associazione Veneti nel Mondo in Perù, che è ben vincolata con i veneti laggiù. Si guarda, tuttavia, ad ambienti discrepanti, antitetici per natura. Da una parte, la nobiltà veneto-peruviana, persone ricche e di un certo tenore, che viaggiano in Italia per lavoro o vacanza, e che perciò riescono a mantenere viva la lingua italiana. Dall’altra, le periferie di Lima, dove purtroppo i ragazzini girano armati, sono violenti e abbandonati al loro destino. Esiste, comunque, fortunatamente, qualche piacevole realtà, proprio di origine anche veneta, come la testimonianza del CEPROF. Sigla di “Centro di Promozione Familiare”, consiste in un’associazione ideata da due amiche, una vicentina e l’altra peruviana, che dal 1989 opera nella zona periferica di Tablada e si occupa di gestire una casa-famiglia che accoglie bambini con un quadro familiare affatto sereno, al fine di garantire una basica istruzione e quindi un futuro migliore. La nota apprezzabile è che al primo piano della struttura è adibito un carinissimo e accogliente “ostello-dormitorio” organizzato per ospitare un’esigua porzione di turisti “intelligenti” che sono soliti viaggiare in modo alternativo. Il ricavato viene appunto adoperato per l’accoglienza dei piccoli. È una bella occasione per stare a contatto con la gente locale e per aiutare una condizione meno fortunata della nostra.

A Lima sorge anche il “Colegio Italiano Antonio Raimondi”, una situazione completamente diversa dalla precedente, ma ugualmente importante come segno di italianità in Perù. Sorta circa settant’anni fa, è una scuola aperta a bambini e ragazzi discendenti italiani e a chi comunque ama la nostra storia e cultura. Garantisce educazione scolastica a piccini e adolescenti, dalle scuole materne alle superiori. La struttura è ottima, con laboratori, biblioteche, piscina e campo da calcio. Inoltre, al suo interno, ospita un museo sulla civiltà italiana e sulla biografia dell’interessante personaggio Antonio Raimondi.
Sono comparse, inoltre, altre circostanze che mi trasmettono l’orgoglio di essere veneta. Una è, per esempio, la costruttiva Associazione Onlus “Niños”, creata da un gruppo di volontari, tra cui un missionario laico che vive in loco, un caro amico vicentino e altri personaggi inseriti nel mondo calcistico. Tale progetto ha lo scopo di assistere una piccola comunità a Las Lomas, area amazzonica tra le più povere del paese, con l’intento ultimo di avviare una sorta di villaggio autonomo, con una mensa, un asilo e una scuola elementare.
Terra profonda, inquieta, come il mondo, come il suo oceano, come lo sguardo della sua gente, come la paura. Ma, insieme, terra di speranza, gioia e allegria, leggerezza, come i loro occhi teneri e ridenti, gli abit
i stravaganti, le dolci melodie andine, il verde delle loro montagne, la magia del loro saper vivere. Ed è in tali latitudini che mi soffermo a pensare a noi veneti, mi emoziona accorgermi delle radicali missioni che compiamo, appagandomi e rendendomene fiera. Mi fa bene sapere che in tanta meraviglia esiste un pizzico della nostra bandiera, o almeno il lato che percepisco, appunto, autentica, sincera, pura, dolce, coinvolgente e positivamente sconvolgente, la medesima a cui, infine, sento di appartenere, in quanto tale.

dott.ssa Giorgia Miazzo
giorgiamiazzo@gmail.com




LA FORZA SPIRITUALE DELL’EMIGRANTE

http://www.regione.veneto.it/Venetinelmondo/NewsView.aspx?idNews=223

Emigrare è sempre una faccenda alquanto dura e complicata. Piuttosto affascinante, certo, in alcuni casi, assai esotica, quando lo si fa per scelta. Molte volte, invece, può rivelarsi un’esperienza spaventosa, crudele, immeritevole. Proprio così accade a molti popoli in questa epoca, ma, la stessa situazione si è presentata anche per la nostra gente veneta, poco più di un secolo fa.
Le grandi guerre, il disorientamento politico e quindi sociale, la crisi economica, la mancanza di prospettive future, hanno operato da calamita per molte famiglie, che si sono viste in pericolo di sopravvivenza, e hanno estrapolato da se stesse una grande forza d’animo e un nobile sentimento di coraggio, che ha fatto sì che si spostassero, definitivamente, non solo di stato, bensì di continente.

Partiti senza risorse, disperati nel cuore e nell’anima, in condizioni spesso disumane e ad alto rischio di vita, lasciando parte dei familiari nella terra d’origine, in tantissimi hanno deciso di emigrare verso lidi lontani, affrontando con umiltà lunghi mesi di viaggio in imbarcazioni improbabili, fatiscenti, antigieniche, con la speranza di approdare, chissà, in una terra che potesse ancora offrire loro un’alternativa di vita, di decenza, in una parola, di dignità. Sono susseguiti poi anni di intenso lavoro, di adattamento, quando la nostalgia di casa, senza contatti, nessuna possibilità di comunicazione, lacerava di dolore, spegneva lo spirito, raffreddava ogni sorta di sentimento naturale e umano. I nostri compatrioti, tuttavia, sono riusciti a stringere i denti, a non alzare la testa, per darsi da fare, e costruirsi un mondo nuovo, a loro dimensione, che potesse permettere di vivere, semplicemente.
In tanta asprezza, quando si sta male, si soffre, si trova sostegno, forza, nel calore domestico, nella semplicità dei legami e degli affetti, nella spiritualità, e questi aspetti si affiancano all’uomo per dargli lo stimolo a continuare, per non mollare la presa, e crederci. È così che le tradizioni, gli usi e costumi, la religione, tutto ciò che appartiene al proprio luogo d’origine, svolgono un ruolo di fondamentale importanza all’interno delle realtà migratorie.
I veneti, in particolare, si sono portati con sé tutto quello che di veneto si potesse traslatare. Primi tra tutti, i segreti culinari e le ricette, i balli folcloristici, i canti popolari, i proverbi e i detti tipici, insomma, la regione stessa rappresentata per eccellenza. Cantare assieme, ballare in allegria, tramandare sante verità che potessero rincuorare il più scoraggiato degli animi, rappresentava per loro un mezzo e un fine per ritrovare una certa pace interiore, una serenità spirituale che permettesse loro di rimanere uniti, nel bene e nel male. Così, questo intruglio, questa pozione culturale fatalmente magica, viene trapiantata e tramandata con una forza indiscreta, radicale, com’è quella vitale, accompagnando questi individui non solo fisicamente, ma anche mentalmente, giocando sulla leggerezza, distraendoli, ottenendo come risultato lo stimolo per andare avanti, donando armonia, unione, spensieratezza.
Usi e costumi maggiormente eclatanti sono testimoniati dal forte e consueto utilizzo di canzoni regionali, caratteristica insita tra i veneti. Tra quelli che sono resistiti nel corso del tempo, delle generazioni e sono rimasti vivi tuttora si ricordano quelli che evocano il lungo periodo della guerra, con le immancabili canzoni “Bella ciao”, “Quel mazzolin di fiori” e ancora “Vecchio scarpone”. Tra i proverbi, invece, si spazia dagli argomenti più disparati, come quelli classici sul tempo meteorologico con “cielo a pecorelle, acqua a catinelle” o “rosso de sera bel tempo se spera”. Non sono da meno altri detti sull’amore e il matrimonio, dai più scanzonati “no se poe avere la bote piena e la femena imbriaga” oppure “l’amore fa passare el tempo, e el tempo fa passare l’amore”, a quelli più veritieri come “chi dispressa compra”. Altri ancora difendono a spada tratta la propria appartenenza a una bandiera cittadina all’interno della regione: “pan padovan, vini visentini, tripe trevisane e donne veneziane” e ancora “veneziani gran signori, padovani gran dottori, vicentini magnagatti e veronesi tutti matti”. Infine, ma non per ordine di importanza, gli immancabili e preziosi consigli sulla tradizione culinaria, con riferimento alla perseveranza lavorativa locale, con “coe ciacoe no se fa fritoe” e “e bone paroe no impiena a pansa”, o che invitano a uno stile di vita da sempre invidiato da generazioni di lavoratori, soprattutto quando tale lavoro coincide con l’unica e ultima alternativa e speranza di vita, come “scarpa larga e goto pien, ciapa e robe come che e vien”.
Ecco qui, questi detti tradizionali, allegri e leggeri, racchiudono in sé vere perle di saggezza, che profilano quello che è il popolo veneto in essenza, venendo ricordati anche oggigiorno, pur acquisendo ora un carattere più scanzonato e nostalgico che rigoroso com’era un tempo.
Anche la fede, dal canto suo, ha funzionato da forte antidoto contro il male e il dolore, l’amarezza e il senso di abbandono. L’uomo, per genesi, possiede in sé la consapevolezza della celestialità, una sorta di coscienza religiosa, creando nel suo intimo un bisogno metafisico che lo fa sentire protetto dalle sventure e lo rende sensibile all’idea della salvazione. Il proprio credo, infatti, è un continuo lavoro di riflessione e inconscia ricerca verso la realtà dell’esistenza umana, la quale contiene in sé l’attitudine di incrementare la coscienza della propria identità e ravvivare la speranza nella critica dimensione esistenziale in cui ci si trova rispetto alla globalità. La religione ha significato l’aiuto provvidenziale, dettaglio imprescindibile, poiché crea comunità e quindi conforto, dà risposta a mille domande, una spiegazione a tanti dubbi, come se tutto fosse parte di un disegno perfetto, una logica divina, alla quale è bene credere e su cui vale la pena riporre fiducia e prospettiva. I culti divengono allora influenti e ascendenti sui connazionali che, pur umiliati dalla sconfitta, si calano nelle promesse divine con totale devozione e ammirevole dedizione.
Tradizione e fede hanno in comune il fatto di essere entrambe atemporali, nonché insostituibili sostegni morali e mentali, che, unite, si trasformano in una grande forza per l’uomo, anche nei segmenti storici più terribili. Fungono da traino nei momenti di avversità, da compagnia nelle fasi più leggere dell’esistenza e, da sempre, rappresentano il punto di appoggio, di equilibrio e di certezza per la psiche. È per questo che merita ricordarli e tenerli presenti non solo con tenerezza e affetto, ma anche con orgoglio e fierezza, perché, appunto, fanno anch’essi parte dell’elaborato processo kantiano a cui si rifà l’uomo, e forse, ne sono i motori, affinché quest’energia sia rimasta attiva e vivace in modo costante fino ad oggi.

dott.ssa Giorgia Miazzo
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INSEGNARE ITALIANO NELLE COMUNITÀ VENETE DEL MINAS GERAIS

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Dopo aver lasciato la mia terra veneta, cambiato tre aerei, aver trascorso quattro ore in macchina, percorrendo circa 400 chilometri, in un viaggio complessivo di una trentina d’ore, mi riscopro, in qualche modo, di nuovo, tra i miei compaesani. Sì, ma non in Europa, Italia, Veneto, bensì in continente americano, nello specifico, in Brasile. Qui, che in dicembre è piena estate, trentaquattro gradi di media, con acquazzoni torrenziali quotidiani, dove ci si sveglia al sonoro brontolio mattutino dei pappagalli, si fa colazione a base di frutta tropicale e caffè di torrefazione locale dall’aroma sfacciatamente intenso, qui, abitano intere e immense colonie italiane, molte delle quali sono puramente e genuinamente di nostra origine veneta. Siamo nella cittadina di Resplendor, nello stato brasiliano del Minas Gerais, opposta alla grande capitale di Belo Horizonte, comunque quasi confinante con lo stato di Espirito Santo.

Il territorio, in generale, offre una ricchezza naturalistica e quindi paesaggistica di intenso interesse. La vegetazione amazzonica si intreccia dolcemente con costruzioni dal sapore latino, il tutto abbellito dall’arte colonizzatrice e insieme indigena, trasmettendo un’incantevole armonia di forme e colori, creando così un’atmosfera da mozzafiato.
È, questa, una terra dagli sconvolgenti contrasti etnici, in cui vivono e convivono più di un centinaio di razze diverse, a partire da quelle di ceppo indio-africano, passando a quelle europee, tra cui tedesche, russe, slave, ovviamente portoghesi, ma soprattutto italiane. E, per italiane, qui, si intende nostrane. Quasi il 90% degli immigrati nell’area sono originari di Treviso, Vicenza, Verona, Padova, Venezia e Belluno. Una miriade di cognomi veneti, da Borgo, Costa, Nico, Benincà, a Fasolo, De Nadai, Campo Dell’Orto, dietro ai quali si esprimono altrettanti abitanti che ancora portano in sé una commovente confusione di ricordi paterni e materni originari, testimoniati assieme a un profondo rispetto, da una voce rotta a volte dall’emozione di ricordarli, riportati con quel miscuglio che sono la lingua oriunda e brasiliana insieme, incredibilmente ingarbugliata e tremendamente affascinante, come lo è il loro sangue.
Già conoscevo questo fazzoletto di mondo, da un paio d’anni, con il progetto regionale “Strade e Radici”, assieme al Presidente dell’Associazione Veneti nel Mondo Onlus Aldo Rozzi Marin, all’Assessore alle Politiche dei Flussi Migratori della Regione Veneto Oscar De Bona,  al Dirigente della Sicurezza Pubblica e Flussi Migratori Egidio Pistore e al Segretario Generale della Programmazione Adriano Rasi Caldogno, quando siamo stati in visita in queste comunità, per incontrare l’associazione Avesol, acronimo di Associazione Veneta Solidarietà del Medio Rio Doce di Minas Gerais, con cui la suddetta associazione ha firmato un gemellaggio.
È da tale circostanza che è scaturita in me l’idea, allora remota e indefinita, di portare qualche cenno della nostra cultura e lingua, desiderio da loro espresso e sognato in modo così forte da lasciarmene il segno e la memoria. Ed ora, adesso che tale idea si è volta realtà, grazie anche a un sensibile e valido contributo del suddetto assessorato regionale, a più di un anno da tale occasione, mi ritrovo qui, questa volta sola, di nuovo tra queste meravigliose genti.
In un mese, ho organizzato, iniziato e portato a termine svariati brevi corsi di lingua italiana e cultura veneta, svoltisi nel cuore di un paio di paesini piuttosto adiacenti, Resplendor e Cuátituba. Alcuni corsi erano pensati per i bambini di età più tenera, mentre gli altri erano rivolti a un pubblico adolescente e adulto.
Ricordo il primo giorno, quando quei bellissimi bimbi si disposero di fronte a me in file ordinate, da dove si accingevano ad ascoltarmi, tutti impettiti, forse un po’ timorosi ma altrettanti interessati, con gli occhi sgranati di curiosità, la bocca spalancata e le orecchie tese verso quei suoni a loro così nuovi.

Ascoltavano la mia spiegazione, in silenzio, e ripetevano con la serietà più rigorosa, a volte ridendo dei comici risultati ottenuti, altre tutti fieri e pieni di orgoglio per la loro buona e inaspettata riuscita linguistica. Allegramente buffi, ma di un’incredibile dolcezza, sicuramente alquanto naif, ma sfacciatamente semplici, quei bambini mi hanno preso il cuore. Anche le lezioni ad adulti e adolescenti sono state nettamente interessanti e appassionanti. I più giovani erano motivati, attenti e attivi, ricchi di desiderio di apprendere, fonti inesauribili di domande, importante segno di intelligenza e cultura. Gli adulti dimostravano estrema concentrazione e mi comunicavano una gratificante stima per quello che stavo costruendo con loro.
Ho avuto, infine, il grandissimo onore e piacere di avere come alunni un vivace gruppetto di anziani, prossimi e diretti testimoni dei primi discendenti nella regione. La nota fantastica è che si rivolgevano a me solo in dialetto, ricordando ingenti quantità di parole ed espressioni venete. E, mentre cercavo di spiegare loro le differenze tra questo e la lingua italiana, mi sentivo, poi, di rispondere in dialetto, solo grazie all’ammirazione che sentivo di provare nel percepire come ancora ricordavano ed amavano quelle che sono anche le mie origini. Le lezioni sono state accompagnate da integrazioni pratiche socio-culturali, dove ho fatto ascoltare loro canzoni, ho letto poesie, proverbi e storie. L’esperienza più simpatica è stata trovarmi con loro per preparare un’enorme insalata di riso, piatto magari banale, che ha però riscosso degno successo.
Ho rivisto anche la nonnina del paese, una signora che ha toccato la vetta dei 102 anni, veneta a tutti gli effetti, discendente di prima generazione. Chiacchierando con lei, mi stringeva la mano forte, e mi raccontava dell’infinita e dura traversata in nave dei suoi genitori, per poter raggiungere la terra brasiliana. Poi mi chiedeva e richiedeva se sono italiana dell’Italia, forse la turbava piacevolmente il fatto di rivedere in me quelle che sono le sue medesime radici.
Davvero emozionante, coinvolgente, caldo, toccante per me, insegnare a quest’ultimo strascico di cultura veneta, e regalare loro un tuffo nel passato, un po’ come se la mia missione fosse quella di custodire preziosamente e gelosamente l’ultimo breve segmento di una catena longeva e densa di contenuti com’è quella veneta.
Questa popolazione è di una semplicità disarmante, di una purezza radicata e sentita, e di un’intelligenza irrequieta. Arrivi qui, e per essere felice, sereno e spensierato non ti servono più tutti i mezzi materiali senza i quali in Italia ci sentiamo perduti ed emarginati. Tutte le sciocchezze di cui ci circondiamo, riempiamo e serviamo per raccontarci ed illuderci di vivere un’esistenza migliore, beh, sono una trappola ideale per noi stessi, e, senz’altro, un’eccellente fonte di guadagno per chi comanda e gestisce una massa troppo spesso inerme e indifferente.
È a queste latitudini che, come una doccia gelida, mi sveglio dai miei innaturali letarghi di donna bloccata nella mia indole, per aprire gli occhi, all’improvviso e bruscamente, e vedere cosa sto combinando. È qui che ritorno ad essere me stessa, che mi sento libera di vedere il mondo con il mio cuore, la mia anima e la mia testa, ed è proprio qui, infatti, che mi riconosco una persona serenamente felice, e felicemente semplice. Ed è qui, che mi
ritrovo a essere io a ringraziare sentitamente tutti loro, per avermi dato, l’ennesima volta, la possibilità di ricordare e apprezzare quello che sono veramente, per battermi sempre a favore della mia indole, spesso troppo selvaggia e indomita, ma sicuramente genuina e pura.

dott.ssa Giorgia Miazzo
giorgiamiazzo@gmail.com




QUANTO IL VENETO INCIDE SUL PORTOGHESE BRASILIANO

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Parole, parole, parole… le parole seguono l’uomo da sempre, lo accompagnano lungo l’arco dell’esistenza, e, ovunque lui vada, loro rimangono lì, al suo fianco, prime interlocutrici di se stesso, pronte, in ogni quando, in ogni dove, a ricordargli le proprie origini. È appunto la lingua, infatti, che le definisce, che dà loro un’appartenenza, un luogo dove poter essere e un senso a tale essenza.

È così che, se l’uomo migra verso lidi remoti, magari esotici, forse irraggiungibili, anche le parole affronteranno lo stesso viaggio. Allo stesso modo, un individuo, attraverso nuove esperienze, insolite realtà, spesso estremamente opposte alle proprie, subirà senz’altro notevoli modifiche, naturali e spontanee, rispetto alla sua base originale. Anche le parole, poi, assorbiranno altrettanti profondi cambiamenti. La lingua, insomma, è viva come chi le dà concretezza, e quindi in continua evoluzione, in costante metamorfosi.
Provo a figurarmi quando i primi emigrati, giunti a destinazione, non riuscivano a comunicare con gli abitanti indigeni. Agli esordi, rappresentano due mondi linguistici differenti, due alfabeti, due comunicazioni assolutamente distanti, ma entrambe essenziali per la popolazione che ne fa uso. Poi, lentamente, si modificano alcune intonazioni, si accenna un suono, si pronuncia una parola, si ripetono un paio di espressioni inconsuete, e infine ci si ritrova a comporre intere frasi. Successivamente, con il passare degli anni, dei decenni, delle generazioni, la lingua intrinseca di un determinato popolo sparisce, per lasciare logico spazio a quella della terra di approdo. Così è sempre successo anche con i veneti e con il Veneto.
Tuttavia, esiste un luogo particolare, direi speciale, dove il veneto è comunque riuscito a mantenersi integro, a farsi ricordare, in modalità a volte più deboli, altre più intense, ma piuttosto tangibili e importanti. Si annoverano innumerevoli località a sud del Brasile dove ancora è sovente incontrare parecchi discendenti di emigrati, magari della terza o quarta generazione, della fascia di età dai cinquanta ai settant’anni, che riportano ricette, racconti, proverbi, canzoni oriunde. I temi sono quelli classici del focolare domestico, dello stile di vita, del lavoro: esempi come “fortaia”, “radici”, “piron”, piuttosto che “toseta”, canzoni sulla guerra o quella della polenta, sono queste le maggiori testimonianze che si riscontrano. Ho persino registrato una signora che tuttora parla in veronese, magari con accento brasiliano, ma con lessico completamente nostrano.
Ciononostante, il discorso non si conclude qui. Anzi, il veneto non si è limitato a lasciare pochi, seppur ancora vivi, strascichi del proprio gergo, in segno del ricordo del passato, ma va ben oltre, donando molteplici terminologie che sono state digerite e assorbite all’interno dell’attuale struttura linguistica portoghese.
In questo mio costante lavoro di ricerca e analisi, riscontro, dal punto di vista semantico, delle affinità lessicali davvero interessanti, soprattutto estese al segmento portoghese di variante brasiliana. Si contano, infatti, svariati esempi di sostantivi e verbi, oltre che di aggettivi e preposizioni, che ricalcano fedelmente la struttura autoctona. Si tratta dei cosiddetti calchi semantici, ovvero termini di una data lingua di partenza che vengono trapiantati, trasposti in un’altra così come sono, modificandosi solo nelle varianti fonologiche e quindi ortografiche della lingua di arrivo.
L’aspetto singolare consiste nell’osservare questo studio dal punto di vista del veneto, anziché dell’italiano. Prendendo in esame alcuni vocaboli appartenenti ai settori più comuni e generici, si scoprono curiose provenienze terminologiche in ambito domestico, sulla cucina piuttosto che sull’abbigliamento, riferimenti agli oggetti e alle azioni della vita di tutti i giorni, sulle parti del corpo e sugli animali, e molte referenza alla quotidianità.
In concreto, se nel portoghese continentale “tazzina da caffè” è “chavena”, nella variante brasiliana diventa “chícara”, ossia la trascrizione fonetica del nostro “cicara”. Il “culher” è il “cucchiaio”, ossia, lo “scugliero”, per i padovani. Tra la frutta possiamo scegliere tra il “pêssego”, cioè la “pesca”, o “persego” per noi, o la “cereja”, cioè ciliegia, oppure “sareza”, in veneto. Una porzione di un pasto, una razione in un pentolino, alcuni muratori padovani la chiamano “marmita”, come nel portoghese attuale, lemma tuttora comprensivo nei dizionari come seconda accezione con significato di pentola, ma in disuso. Altri riferimenti culinari vengono estrapolati da molteplici e ovvie combinazioni di origine sicuramente religiosa, come “banho-maria”, il nostro omonimo modo di lasciare in ammollo alcuni cibi prima di passare alla loro preparazione. O la “barrigas-de-freira”, letteralmente la “pance-di-suora”, un delizioso dolce tipo budino.

E, parlando proprio di parti del corpo, “barriga” è pancia, ma “pança” esiste, certo, ed è una pancia un po’ tondetta… Poi, udite udite… il “tallone”, in brasiliano è “calcanhar”, eh sì, proprio uguale al nostro “calcagno”… Un “dito”, ossia in veneto un “deo”, è un “dedo” in questa lingua…
In casa non può mancare una “cadeira”, ossia la sedia, che alla nostrana si traduce con “carega”, e, per sedersi sopra, si dice “sentarse: sentarse na cadeira”, assomiglia di più, secondo voi, a “sentarse nea carega” o a “sedersi nella sedia” in italiano? Alcuni anziani, più che altro veronesi e bellunesi, per dire “la ruota della macchina”, dicono ancora “a roda dea carretta”, che è, in portoghese, “a roda do carro”… evidentemente perché la macchina è, storicamente, l’evoluzione del carro, appunto quello trascinato dagli animali. Altri oggetti comuni e personali sono l’“orologio”, tradotto in veneto con “reoio”, e in portoghese con “relojo”… per noi “a toaia” è molto simile al corrispondente “la tovaglia”, ma davvero identica a “a toalha”. Un gioco veneto è un “zugo”, simile a un “jogo”, che segue la stessa struttura della prima persona singolare del verbo “jogar”. E per quanto concerne gli animali? Diciamo che sono rimasti alcuni nomi che vengono impiegati in veneto e che in italiano possiedono una determinata specificità o acquisiscono un senso figurato. È così che “mucca” diventa in portoghese “vaca”, mentre per noi rimane con accezione di “mucca che ha già figliato” o con valore  volgare di “donna molto grassa” sennonché “prostituta”. Il suo maschile, ossia il “bue”, è “boi”, proprio come lo dicono i padovani. Idem per “maiale”, in portoghese “porco”. In questo caso, italiano e portoghese mantengono per questa dicitura anche il valore familiare di “persona poco pulita” o che si comporta in modo comunque &l
dquo;immorale”, compiendo o dicendo cose scurrili. Da qui senz’altro la locuzione “Qué porcaria!” O, “esta sopa è uma porcaria!”
Alcuni pronomi soggetto, nello specifico “lei” e “lui”, si traducono con “ela” e “ele”, e nella zona tra Vicenza e Verona dicono “ela” e “elo”. Per te… è “par ti”  in veneto e “para ti” in portoghese…
Anche i verbi formano parte essenziale della comunicazione e sembrano dimostrare legami davvero indissolubili tra portoghese e veneto, indicando un ennesimo importante segnale di interazione sociolinguistica. Un caso particolare di utilizzo, valido per il sud del Brasile, è l’ironico modo di dire “te copo”, dall’omonimo “te copo”, ossia “ti uccido”. Dico solo a sud, in particolare a sud di Santa Catarina, perché in altre zone, seppure di forte migrazione, questa formula è sconosciuta, e tale verbo esiste solo con valore di “tagliare, tosare”. “Bater”, invece, significa “picchiare”, ed è così che “te bato”, nel senso di “ti picchio”, coincide esattamente con “te bato” nostrano. Il verbo “catar” vuol dire proprio “andare in cerca, frugare per trovare”, proprio come si va a “catare i radici”, ossia trovare per raccogliere il radicchio sui campi, espressione conosciuta anche laggiù. Da qui nasce la l’associazione “cata-festas”, ossia una specie di “scova-feste”, una persona che sa sempre tutto sulle ultime feste in città. Anche “cavar”, ossia “togliere”, rimane con questo significato specialistico di “scavare un terreno” e “zappare”, oppure di “incavare” le maniche di una maglia, azioni comunque che tolgono qualcosa da un materiale primitivo, terra o stoffa che sia. “Aggiungere legna nel fuoco”, diventa per noi “zontar legna nel fogo”, molto simile, per non dire identico, al portoghese “juntar lenha no fogo”, dove, infatti, “juntar” è uguale a “zontar” e non ad “aggiungere”. “Sono bagnato” in veneto è “so mojo”, e si traduce con “estou molhado”. Ci sono poi svariati verbi che in alcune persone o in certi tempi verbali ricalcano perfettamente la struttura nostrana: la terminazione in -g della prima persona singolare come nel suddetto “jogo”. Altri calchi della prima persona singolare che mantengono identica struttura fonetica sono: “venho”, da io “vengo”, è simile al veneto “vegno”. “Faço”, in veneto “fasso” e in italiano “faccio”, “forço”, “sforso” in veneto e “forzo” in italiano. La prima persona plurale del verbo potere in portoghese è “podemos”, uguale al corrispondente “podemo”. Stesso discorso per il condizionale “poderia”, per noi “podaria”. Molti altri tempi condizionali si rispecchiano nella forma: “ela seria”, è quasi “ela saria” in veneto, e ben diverso da “lei sarebbe”. Stessa cosa per il verbo fare, con il portoghese “faria”, identico al gergo nostrano. E così via per “dormiria”, “correria”, ecc. Ultima nota va per il verbo “dovere”, che per noi è composto dalla locuzione verbale del verbo “avere” più la preposizione “da”, ossia “devo” si traduce con “go da”. Ecco, simile struttura viene seguita dal portoghese, dove “tenho” arriva dal verbo “avere” e “que” corrisponde alla preposizione introduttiva veneta.

Infine, ci sono alcune buone frasi generiche, che non sono da meno. Il “rovescio della medaglia” si traduce in portoghese con il “reverso da medalha”, non vi ricorda per caso il “roverso dea medaia”? Oppure “fora da cá”! Assomiglia a “fora da qua”? Più simile senz’altro all’italiano “fuori di qui”. “Nell’angolo”, per noi è “nel canton”, ricorda senz’altro il portoghese “no canto”. In italiano è rimasta solo la formula “dal canto suo, d’altro canto”, riducendo quindi il suo significato da concreto spaziale a figurato. “Vou com pressa”, ha qualcosa del nostro “vao de presa”, più che “vado di fretta”? “Un po’ troppo”, per noi è “un poco massa”, e in brasiliano “um pouco demais”… “Tudo bem”? È in veneto “tuto ben”? O in italiano “tutto bene”? Bene sì, visto che magari qualche sorriso lo avrete abbozzato…
Sicuramente la terra brasiliana ha assorbito contrasti quantitativamente e qualitativamente immensi e devastanti dalle popolazioni europee, rimanendo profondamente segnata, dal punto di vista socioculturale, e persino linguistico, da molte di loro. L’influenza oriunda è senza sorta di dubbio tra quelle che hanno trasmesso un consistente input. Ciò che ora fa riflettere è pensare alla forza con cui una regione così piccola abbia potuto trasmettere tanto e addirittura mantenerlo costante nel tempo fino a renderlo intramontabile, in qualche modo eterno. Deve essere stata una grandiosa migrazione, la nostra, non solo per le modalità, le dosi, ma anche per come ci siamo preposti e posti su essa. Il mosaico del territorio, della cultura e quindi della lingua brasiliana possiede senz’altro più di un tassello dalla denominazione veneta doc, senza la quale questo bellissimo ed emozionante quadro non sarebbe completo e non potrebbe essere così armoniosamente etnico, così etnicamente piacevole a gustarsi.

dott.ssa Giorgia Miazzo
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