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Califfato e profughi

Califfato e profughi

Il vescovo Ghirelli: «Il dovere di proteggere la vita e la libertà delle persone. Chiediamo agli islamici presenti tra noi di prendere posizione pubblicamente contro le persecuzioni e gli atti di crudeltà»

Guardiamo cosa c’è dietro l’afflusso di profughi e immigrati via mare, dietro il numero ingente di giovani e di intere famiglie che dall’Africa e dall’Oriente sono entrati in Europa attraverso il "mare nostrum" nell’arco di un anno. Andiamo verso le centocinquantamila persone, entro l’anno arriveremo a quasi duecentomila. Certamente scopriremo non uno, ma una intera serie di conflitti drammatici, di problemi politici, di tensioni sociali. Per questo motivo si parla ormai di terza guerra mondiale in corso. Contemporaneamente all’azione di risposta immediata all’emergenza, la cosa più importante da fare è guardare al di là del mare. Il che significa guardare anche – di riflesso – in casa nostra: non solo nei luoghi della politica, non solo in quelli degli affari, ma anche nei nostri atteggiamenti, nei nostri cuori. Ciò che mi interpella più direttamente in fondo è la mia stessa difficoltà a percepire il problema e il pericolo. E’ fatalismo, è rassegnazione? Cosa mi sta capitando? Guardiamo, dunque, distinguendo anzitutto tra profughi – in cerca di asilo – e immigrati – in cerca di lavoro.
Le guerre dalle quali i profughi fuggono non sono fenomeni naturali. Chi le provoca? Per quali interessi? Quali sono esattamente i contendenti? E’ doveroso informarci e venire informati da chi sa. Anche questo settimanale diocesano è chiamato a fare la propria parte. Alcuni allarmi drammatici sono stati lanciati, al termine di questo terribile mese di agosto, da vescovi siriani e irakeni, sul palcoscenico del Meeting di Rimini.
 E’ stata lanciata la proposta di ripetere Domenica prossima, 7 settembre, la giornata di preghiera per la Siria e il Medio Oriente che facemmo un anno fa su invito di papa Francesco. Notiamo che nel frattempo il conflitto si è esteso e aggravato, anche se forse i politici sono diventati più circospetti, riconoscendo alcuni loro gravi errori. Il numero delle vittime comunque è in crescita; la persecuzione contro i cristiani si è estesa ad alcune minoranze religiose; la crudeltà e tracotanza delle bande armate hanno raggiunto il parossismo della bestialità. Di fronte alle azioni armate dell’ISIS, i popoli si appellano ai Governi e alle Autorità internazionali. Il mio parere è che dobbiamo essere esigenti con loro, come le coraggiose mamme dei soldati russi. Uomini politici, avete il dovere di proteggere e difendere non la supremazia, ma la vita e la libertà delle persone, altrimenti pagherete caro ogni silenzio e ogni atteggiamento di viltà.
E noi cittadini finiamola di pensare ad altro o di prendercela in blocco con gli stranieri. Chiediamo piuttosto agli islamici presenti tra noi di mostrarsi uomini d’onore, di prendere posizione pubblicamente contro le persecuzioni e gli atti di crudeltà. Altrimenti dovrebbero avere il coraggio di allontanarsi dalla nostra terra, perché nessuno vuole avere i nemici in casa. Sappiamo che sono intimiditi dagli integralisti, ma è arrivato il momento di rompere il circolo vizioso dei soprusi. 
La situazione è seria, mettiamoci tutti in moto senza tergiversare, superando sia il buonismo sia l’intolleranza.

Mons. Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola



Serenissimi: perché dopo 17 anni fare un film?

Apprendiamo dagli organi di stampa che è in presentazione un film sulla liberazione di Piazza San Marco a Venezia, avvenuta nel maggio del 1997. Il Veneto Serenissimo Governo, erede e continuatore della storia, cultura e tradizioni della Veneta Serenissima Repubblica nulla ha da condividere con tale iniziativa; diffida chiunque dall’usare, interpretare o falsificare fatti e le proprie strategie politiche, o strumentalizzare i membri dell’attuale governo per fini promozionali o di distorsione politica. Siamo certi che la pellicola in questione abbia finalità precise: raggruppare veri o presunti venetisti, e dare il via a future liste elettorali, per le prossime elezioni regionali italiane.

Il Veneto Serenissimo Governo inoltre ribadisce che nulla ha a che fare con gli avvenimenti dell’aprile 2014; nessun suo appartenente era implicato, nel contempo ha denunciato quest’iniziativa come una manovra provocatoria dei servizi italiani ed extraeuropei. Il film ne è la logica conseguenza (in maniera consapevole o inconsapevole).

Pertanto il Veneto Serenissimo Governo mette in guardia tutti i patrioti veneti contro qualsiasi provocazione, da qualunque parte essa provenga, e denuncia il tentativo di coinvolgerlo, come è ripetutamente avvenuto, da parte dei servizi italiani e extraeuropei.

Il Veneto Serenissimo Governo lotta per l’indipendenza totale della Veneta Patria.

Il Veneto Serenissimo Governo non è equidistante tra la Federazione Russa e gli USA, ma lotta fianco a fianco con tutti i popoli che si battono per la pace e la propria libertà. Questo fronte è guidato dalla Federazione Russa, da Israele, dall’Egitto; e ha come nemici il terrorismo e i suoi ispiratori e finanziatori.

Con ciò abbiamo detto tutto, in maniera chiara e inequivocabile.

 

Longarone 27 agosto 2014

 

Per il Veneto Serenissimo Governo

Ministro della Giustizia                                                     Ministro degli Interni

Andrea Viviani                                                           Valerio Serraglia




LA PAZIENZA DEL RAGNO

Una ragnatela con fili esilissimi. Apparentemente innocua. Illude le prede di poterla perforare e dilacerare con estrema facilità. Non è proprio cosi. Il ragno se ne sta nascosto. Rintanato. Invisibile. Può anche permettersi di assopirsi e di addormentarsi. Sopraggiunge una mosca. Incauta e presuntuosa. Cosa può temere da una ragnatela? Potrebbe servirle da amaca.   Un po’ di riposo non guasta. E poi ripartire. Invece quell’amaca è un’imboscata. E la mosca, con aria da sfida, vi rimane impigliata. Avvertito il pericolo mortale, vi si dimena. Con tutte le sue forze, sempre più infiacchite. Il ragno la sta adocchiando. Furbescamente. Cinicamente. Si divincoli pure. Di lì non uscirà viva. E la sua preda. E’il suo boccone ghiotto, atteso pazientemente




Ancora sulla lotta contro il terrorismo

Leggo i comunicati del Veneto Serenissimo Governo a proposito della guerra tra Israele e Hamas. Comprendo e sostengo il loro contenuto, quando si dice di essere a fianco dello stato d’Israele. E’ una presa di posizione soggettiva; lo sforzo che si deve fare è diffondere questa posizione facendo capire che essa è una necessità oggettiva di tutti gli uomini e le donne che si identificano con la libertà di essere padroni “ del proprio destino”. Sempre più è palese che la guerra in Medio Oriente non è la guerra tra Israele e palestinesi, ma riguarda la lotta tra il terrorismo islamista, che ha la sua massima espressione nel califfato dell’Isis, Hamas, Boko Haram, talebani, Al Shabaab

e il resto del mondo. Questi terroristi non hanno come obbiettivo dare una patria ai palestinesi, bensì instaurare una dittatura religiosa, eliminando qualsiasi interpretazione del Corano, che non sia la loro. In tale contesto si può capire il perché vengano distrutti tutti i simboli che possono contrapporsi al loro dominio: statue buddiste in Afganistan, la moschea di Mosul, le chiese in Siria e in Iraq …., chiusura e distruzione dei luoghi di culto degli ebrei, costringere gli islamici e i non islamici a sottostare alla loro dittatura e a convertirsi. Per quanto riguarda i continui assedi alle sinagoghe in Europa, sono la logica conseguenza di quanto avviene in Medio Oriente. Chi si assume la responsabilità di assediare i luoghi di culto sono i degni allievi dei gruppi terroristi sopraccitati; nella cosiddetta costituzione del califfato c’è stato un salto di “qualità”: si è passati dal terrorismo ( creare terrore per indebolire la volontà di resistenza ) all’assassinio ( uccidere il nemico). Ecco il punto di congiunzione tra gli assassinii nei campi di concentramento commessi dal nazismo e gli assassinii compiuti dalle organizzazioni che si definiscono islamiche; bisogna fermare questi assassinii formando un vasto fronte che può e deve essere multietnico, multireligioso, multiculturale, che lotti contro tale deriva. Infatti vediamo che la Federazione Russa, Israele, Egitto, Arabia Saudita, Giordania… stanno creando le condizioni per fermare questi assassinii e far nascere una pur difficile convivenza nel pluralismo. Lo stato d’Israele è in prima fila e si sta assumendo gli oneri di questa lotta: la sua popolazione e il suo esercito stanno combattendo non solo per la propria sopravvivenza, ma per tutte le donne e tutti gli uomini che vogliono vivere padroni del proprio “destino”. Immense responsabilità di quanto sta avvenendo in Medio Oriente sono di Obama, che con il suo discorso al Cairo ha stimolato l’aggressività dei Fratelli Musulmani e dei loro alleati: Hamas ed Hezbollah. In questo contesto l’Europa politica dimostra la propria inconsistenza culturale, morale ed etica, senza idee e senza autonomia, sempre al seguito degli USA: vedi primavere arabe. L’espressione geografica Italia è ridicola, in mano a un affabulatore senza idee e senza piani, senza prospettive; considerato sul piano internazionale un caso clinico, affetto da dissociazione. Se il Veneto Serenissimo Governo riuscirà a trasmettere la sua giusta strategia in necessità di sopravvivenza per la società veneta avrà raggiunto l’obbiettivo di dare una patria al suo popolo Longarone 26 luglio 2014




01/12/2013 manifestazione a Bassano per l'indipendenza del Veneto

Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia saluta il Presidente del Veneto Serenissimo Governo Luca Peroni

 





Dalla pace romana alla spuria “pace italiana”

Il nostro Veneto, purtroppo, da quasi un secolo e mezzo è classificato erroneamente come parte di una invenzione politica amministrativa chiamata “Italia” Ma noi siamo convinti che, dentro il cuore e dentro la coscienza di ogni Veneto di buona volontà arde il riconoscimento delle nostre vere radici; un’origine etnica che risale all’alba della civiltà europea. Siamo Veneti, un popolo valoroso e fiero. Oggi, nonostante tutte le fallacie che cercano di convincerci che i conformismi sono i migliori cammini da seguire verso il successo materiale, affermiamo che, noi Veneti dobbiamo ritrovare quel coraggio ancestrale che ha ispirato i nostri avi a intraprendere gloriosi gesti nel nome della libertà. Saremo ancora intrepidi e risoluti nella difesa della nostra Veneta Patria, fieri di essere Veneti, saldi nella resistenza, qualsiasi avversità avvenga.

Possiamo elencare parecchie varietà di tirannia: le dittature antiche, medioevali e moderne, i dispotismi aperti e dissimulati, le innumerevoli autocrazie, oligarchie e plutocrazie che durante il lungo percorso della storia hanno devastato la società umana. La tirannia non è nulla di nuovo: infatti, non appena l’uomo ha scoperto il principio corruttore del capitale e il potere associato con il possesso della ricchezza materiale, è comparsa sulla terra la tirannia, universalmente condannata come una pessima forma di governo. I tipi più comuni della tirannia sono due: quello spudorato e brutale, senza pretesti o persuasioni artificiose, un potere palesemente illegittimo, fondato sulla forza con arbitrarietà, noncuranza dei diritti fondamentali della popolazione. Il secondo tipo di dispotismo, fondato a volte attraverso l’occupazione militare ma più spesso per l’imposizione economica-culturale, è più sottile del primo: ben intenzionato in apparenza ma totalmente ipocrita; esperto nell’effettuare la cinica occultazione, il lavaggio del cervello che non di rado convince gli oppressi a credere sinceramente che il sistema oppressivo lavori per il bene comune! Come esempi del primo tipo di tirannia, quella non mascherata, posso citare i regime totalitari degli assiri imperialisti, degli unni, mongoli, normanni, turchi seljuki e ottomani; nei tempi più recenti, ci sono gli esempi della Spagna e dell’Inghilterra, i duri e crudeli poteri coloniali par excellence; nel secolo XX° nazisti, fascisti.
La seconda varietà di tirannia, quella “soft” è stata creata dagli antichi persiani, il cui fondatore Ciro “il grande” ha praticato una scaltra politica: invadere il territorio delle nazioni sovrane sotto il pretesto di “portare pace, progresso e unità”; Alessandro re di Macedonia, non ha intrapreso altro quando è partito dalla terra natale verso la conquista del mondo. La Francia giacobina e post-rivoluzionaria, l’Austria imperiale, la Gran Bretagna vittoriana, gli U.S.A e l’Unione Sovietica, tutti hanno sottomesso altri popoli con la furba offerta di una “missione civilizzatrice” (la quale contiene l’allusione malevola di una “cultura superiore” da imporre), “l’unica garanzia di mantenere pace e ordine” nelle zone. La strategia di questa forma di neo-colonizzazione è l’introduzione di un pernicioso cancro di anti-valori che pian piano scalzano e corrodono le tradizioni nazionali. Quanti popoli sono stati schiavizzati così nel nome della libertà! In questi casi, la graduale acculturazione dei popoli sottomessi spesso diventa tanto profonda che l’originale civilizzazione scompare, travolta dall’insidiosa assimilazione con gli invasori.
La storia della penisola italica dimostra lo sforzo del potere centrale (Roma, nei tempi antichi come oggi) di creare una vasta zona di influenza di tendenza sempre più imperialista. Poco tempo dopo lo stabilimento di Alba Longa sulle sette colline, i latini hanno già cominciato a sentire il “bisogno” di espandere la nuova fondazione: di annettere sempre più territorio altrui alla sfera amministrativa romana. Gli antichi romani hanno convertito migliaia di vicini in sudditi, strappando senza scrupoli terre, beni, donne, diritti e ultimamente, perfino l’identità culturale/etnica, attraverso l’imposizione della cultura romana.
L’espansione romana, nell’epoca imperiale, si è estesa dalle coste atlantiche fino all’Asia Centrale: tutto quel territorio essendo obbligato a osservare la stessa legge romana. Ma quel sistema apparentemente omogeneo non ha portato la pace, solo la sottomissione, in molte zone, e il conformismo. Quando i cesari non hanno potuto conquistare con le armi, hanno concertato una politica “soft” offrendo ai popoli limitrofi una “amichevole federazione” “associazione” con Roma.
Anche questa scaltra tattica è quasi sempre risultata nell’acculturazione penetrante o nell’assorbimento sociopolitico del popolo federato.
Quella era la sorte riservata a tutti i gruppi etnici della penisola italica, tranne uno: La nazione Veneta. I paleoveneti, possessori di una brillante e originale civilizzazione, già plurimillenaria quando Enea guidava i primi Latini, dovuta alla fierezza e incorruttibilità morale della loro gente potevano resistere a tutti gli sforzi dei romani di conquistare, assimilare o annettere il territorio Veneto. Gli statisti romani, conoscendo bene l’onore dei paleoveneti nel tempo di pace e la loro intrepidezza nel tempo di guerra, invece di intraprendere azioni belliche hanno preferito firmare con loro un patto di amicizia, cooperazione e mutua difesa. Ma l’inabilità di conquistare quel popolo indomabile ha gravemente ferito l’orgoglio marziale dei romani. Benché lo status dei paleoveneti riguardo all’impero era quello di alleato, i romani per non cadere nel ridicolo hanno confezionato il famoso mito della “decima regio, Veneta et Histria” un territorio”ufficialmente” incluso dentro i confini dell’impero romano. Ma le fonti storiche imparziali, più l’evidenza archeologica, ci dimostrano che quella eterea X Regio non è mai esistita. Durante tutto il periodo imperiale, i paleoveneti hanno continuato a promulgare la propria legislazione, a erigere le proprie pietre miliari, a fare affari commerciali e convegni con i barbari, in aggiunta a effettuare missioni di pace e tenere a bada i potenziali nemici transalpini. I nostri antenati Veneti hanno conservato la loro toponomastica, i loro tipici nomi e cognomi, la loro venerabile religione. C’era, sì una certa “verniciatura”, alquanto superficiale, di romanizzazione nel territorio Veneto… specialmente nell’iconografia artistica… ma il fondo della cultura è rimasta autenticamente Veneta.
Certi “studiosi” moderni si sforzano a “provare” al pubblico che la vasta maggioranza dei toponimi Veneti attuali si deriva dall’antico latino. Anche questa è una fallacia capricciosa, creata per glorificare la presunta romanità del Veneto. Toponimi come acelum, bellunum, meduacus amnis, brenta, atria, vecetia, opitergium, tergeste, patavium, aponus, timavus, potrebbero suonare come puro latino: ma tutti sono di indiscutibile origine Venetica. Lo stesso vale per nomi femminili come Carminia, Paetilla, Paetinia, Ostiala, Lemonia, Voltilia; e per nomi maschili come Fugantius, Fremantio, Voltiomnos, Trebiasius…
Anche Aquileia… da molto tempo considerato come fondazione romana… contiene il fonema pre latino kw, cui variante nella lingua Venetica è kv; probabilmente il nome originale era akvilea, ed era un insediamento paleoveneto.
Secondo il grande studioso
Padovano Giovanni Battista Pellegrini, Aponus “è di origine preromana, luogo di culto delle acque benefiche. E’ verosimile che il toponimo sia derivato di un tema idronimico indoeuropeo assai diffuso: acqua”. Timavus, afferma Pellegrini, contiene il “suffisso- avo-ava assai comune in nomi locali preromani.
L’antica radice Venetica pad, con i varianti; pat e p(a)et, è all’origine del nome padus (il fiume Po), di Patavium/padua (=Padova), del cognome Paeto (reso giustamente famoso dal patriota Veneto Trasea Peto), e di tanti altri vocaboli della lingua Veneta attraverso i secoli. Anche il nome Padania ha un’ origine Veneta!
Considerando che la lingua Venetica, come il latino, è sorta dalla madre-stirpe indo-europea, la similitudine di questi due idiomi non deve sorprenderci. Ma è da ricordare che il Venetico antidata la lingua latina da parecchi secoli! In questo caso, e ricordando anche che Plinio enumera una tribù dei Venetulani “fra i popoli laziali”, possiamo anche immaginare che forse i romani hanno preso in prestito terminologia e toponimi dai paleoveneti, e non viceversa!.
Altri miti, manipolati per scopi propagandistici sono quello del “buon troiano” Antenore e del “buon romano” Trasea Peto. Il fatto è che tutti e due erano Veneti… buonissimi, genuini Veneti… ma questa è una realtà troppo scomoda per gli storiografi e politici del sistema italiano, che devono, ad ogni costo, cancellare ogni traccia della splendida civiltà Veneta perché, secondo loro, non esiste né è esistita mai una Nazione Veneta con storia, cultura e identità propria. Secondo gli “studiosi” che si sono venduti allo stato invasore, Antenore… se non era un personaggio inventato, di favola… era soltanto un oscuro parente del re troiano Priamo. Dopo la guerra di Troia, lui sarebbe scappato dalle rovine di Ilium con un’amorfa massa di profughi Troiani,Veneti, e Anatolici; forse, fondò un insediamento chiamato Padua, (nell’Illiria!) che diversa dalla verità è questa versione! L’Antenore storico era Veneto, il rispettatissimo consigliere e guida morale del suo popolo: supremo portavoce della pace, marito e collaboratore della sacerdotessa di Reitia a Troia, fondatore di una nuova, gloriosa patria ad Este, Padova, Altino, persino sulla laguna…
Per quanto riguarda Trasea Peto, questo ammirevole statista e filosofo, lungi da essere un rampollo di Romolo o Remo, era della più illustre stirpe Paleoveneta: un fermo difensore dei caratteristici valori Veneti come la libertà, la giustizia, la pace attraverso la tolleranza. Lui, alleato di Roma, si sedeva con solenne dignità nel Senato ma non è mai stato un suddito servile, mansuetamente fedele al potere romano! Infatti, Trasea Peto lottò tutta la vita, con alto coraggio e integrità di spirito, contro la cinica tirannia imperiale che aveva frantumato l’indipendenza italica. E’ stato lui, Trasea, il principale protagonista nel complotto che ha frustrato i progetti megalomani di Nerone, in particolare, il sinistro piano del demente imperatore a sopprimere le libertà politiche, sociali e religiose della Nazione Veneta. Trasea Peto, degnissimo di lode, ha sofferto il martirio: è martire ed eroe, ma per la causa Veneta, non quella di Roma.
Gli stessi sostenitori "dell’unità d’Italia” che ci negano ogni briciolo di originalità, che rifiutano l’idea della grandezza preistorica dei nostri avi, scartano anche una delle date più importanti del nostro calendario Patrio: la fondazione di Venezia ( 25 marzo 421 d.c.). Quegli ultra-scettici, con una tipica mancanza di logica e di intelligenza, basano la loro incredulità sul fatto che certi manoscritti del basso Medioevo esprimono dubbi sulla veridicità di quella data. Ciò nonostante, tutti i documenti Veneti anteriori al basso Medio-evo affermano la fondazione della repubblica Veneta lagunare precisamente il 25 marzo 421 d.c. Per quale strana ragione gli “studiosi” moderni hanno tanta fede nei manoscritti compilati molti secoli dopo il fatto, ma respingono come invenzione la preziosa evidenza storiografica che risale a una epoca immediatamente successiva alla fondazione?
Similmente, gli scettici ufficiali negano categoricamente o si beffano dei seguenti dati:
a) Il viaggio dell’Evangelista San Marco nel territorio Veneto: gli “studiosi” diffidenti ammettono che verosimilmente San Tommaso ha predicato nell’India, San Brendano ha scoperto le regioni artiche e il continente Americano; ma non accettano l’idea “osata” che San Marco abbia visitato le nostre coste!
b) La dichiarazione divina: PAX TIBI MARCE…Ma i romanisti accettano ben volentieri l’autenticità del messaggio a Costantino al ponte Milvio…
c) L’acquisto legale delle reliquie di San Marco: i maliziosi convertono questo episodio nel furto delle spoglie mortali del Santo, perpetrato da due mercanti Veneziani senza scrupoli.
d) Il ritrovamento delle reliquie marciane credute perse durante l’incendio del 976 d.c.
e) L’ininterrotta indipendenza Veneta, fino al 1797: quasi tutti gli “storici” italiani insistono che i Veneti erano primi sudditi di Roma, poi di Bisanzio: benché esista abbondante evidenza per smentire quella soggezione.
f) L’esistenza del primo Doge, Paolicio/Paoluccio Anafesto. Più di uno “studioso” lo ha identificato con l’esarca bizantino di Ravenna. Benché nome e cognome sembrano d’origine Greca (sarebbe Pavliskos Anàfestos) questo magnifico personaggio, sia Veneto o Elleno, era sempre un sincero paladino del nostro popolo; lui, con straordinaria energia e lungimiranza, ha costruito i fondamenti del futuro splendore di Venezia.
g) L’abolizione della schiavitù. La libera federazione dei popoli lagunari, nucleo storico della Veneta Serenissima Repubblica, è il primo stato del mondo che ha ufficialmente vietato la schiavitù (proclamazione del Doge Orso Ipato, 8° secolo d.c.)
h) La dedizione spontanea dei comuni e dei territori esteri. Uno dei miti più sfacciati confezionati dai nemici di Venezia è quello del ”progetto imperiale” della Veneta Serenissima Repubblica. Al contrario: la Serenissima da sempre deplorò e condannò tutti i tipi di aggressioni coloniali, cinico espansionismo e invasione. Tanto profondo era l’universale prestigio della nostra repubblica… dovuto alla sua costante difesa di giustizia e autodeterminazione in tutto il mondo… che, molto frequentemente, le città di terraferma e dell’estero hanno richiesto l’incorporazione dentro il dominio Veneto. ( E’ interessante osservare che il vocabolo DOMINIO, in questo senso, deriva non da Dominus, signore, ma da Domus= casa.) Così, la gente che si è dedicata alla Serenissima (dedizione= devozione ) diventano “amici di casa”, godendo tutti i diritti e privilegi della cittadinanza Veneta.
i) Il nostro idioma tradizionale è una lingua vera e propria, non un dialetto. La lingua Veneta ha avuto un’evoluzione parallela a quella dell’italiano, con forte sopravvivenza degli elementi Venetici.
j) Un altro colossale, imperdonabile mito ufficiale è quello della “quasi unanime decisione” dei Veneti di unire il nostro territorio al regno Sabaudo d’Italia nel 1866. Questo cosiddetto “referendum”, una truffa sprezzante, un’insopportabile burla della volontà popolare, è stato effettuato praticamente sulle punte delle baionette. I parroci hanno perfino minacciato i fedeli a votare SI all’annessione, o sopportare le conseguenze, in questo mondo co
me nell’aldilà! Noi del Veneto Serenissimo Governo dalla fondazione abbiamo sempre insistito sull’urgenza di rifare il referendum del 1866 con legalità e serietà, per determinare la vera volontà politica dei Veneti: se vogliamo considerarci cittadini della “repubblica” Italiana o, invece, affermare il nostro diritto inalienabile all’indipendenza, al pieno godimento delle millenarie tradizioni e norme giuridiche Venete.
Anche questo brevissimo elenco dei falsi miti, diffamazione e abusi contro la nostra identità Veneta, ci dimostra la forza e persistenza dell’oppressione ufficiale attraverso i secoli. La vantata PAX romana, in realtà, non era più pacifica di questa fasulla pace e prosperità italiana proclamata dai “bonaccioni” di sinistra come Enrico Letta e ipocriti di centro sinistra, o centro destra. O l’infausto vangelo del presidente Napolitano dell’Italia “fortunata e indivisibile” Sono precisamente politici come loro, e i loro avidi partiti che hanno portato tanti guai a questa penisola nei tempi recenti. Il nostro Veneto, purtroppo, da quasi un secolo e mezzo è classificato erroneamente come parte di una invenzione politica amministrativa chiamata “Italia” Ma noi siamo convinti che, dentro il cuore e dentro la coscienza di ogni Veneto di buona volontà arde il riconoscimento delle nostre vere radici; un’origine etnica che risale all’alba della civiltà europea. Siamo Veneti, un popolo valoroso e fiero. Oggi, nonostante tutte le fallacie che cercano di convincerci che i conformismi sono i migliori cammini da seguire verso il successo materiale, affermiamo che, noi Veneti dobbiamo ritrovare quel coraggio ancestrale che ha ispirato i nostri avi a intraprendere gloriosi gesti nel nome della libertà. Saremo ancora intrepidi e risoluti nella difesa della nostra Veneta Patria, fieri di essere Veneti, saldi nella resistenza, qualsiasi avversità avvenga.
PER UNA RINNOVATA COSCIENZA MARCIANA

Germano Battilana




Suggerimenti interessanti per il Veneto

di Germano Battilana
Gli amici mi hanno chiesto di commentare la situazione politica del movimento "venetista".
Devo osservare che effettivamente c’è stata una rivoluzione negli obbiettivi:
nel modo di proporre nuove strade e ipotesi, è interessante capire: come si è arrivati a questo?

Si può rilevare che i movimenti che si ispirano al "venetismo" nel nostro territorio sono moltissimi, ciò non è un bene ne un male, si tratta di capire come si è arrivati a questa frammentazione e alle scelte derivate.
La quasi totalità si sono formati e dissolti in funzione delle varie campagne elettorali elargite a piene mani dallo stato occupante italiano, è evidente che i risultati elettorali negativi hanno influenzato in maniera determinante le scelte dei vari gruppi.
Si può in maniera ragionevole affermare che l’obiettivo non era l’indipendenza della nostra Veneta Patria, ma cercare una collocazione nelle istituzioni che l’Italia usa per controllare e opprimere il Popolo Veneto.
Constatato ciò i vari gruppi "dirigenti" dei movimenti "venetisti" hanno deciso che bisognava spostare gli obiettivi per riuscire a sopravvivere: non più federalismo, non più autonomismo, non più confederazione… adesso la parola magica è: indipendenza.
Questo potrebbe essere una cosa positiva!
Tutto ciò dimostra che il Veneto Serenissimo Governo aveva e ha ragione nel porre come obbiettivo irrinunciabile l’indipendenza totale della Veneta Patria, respingendo tutti gli attacchi da parte di "amici" e nemici.
Tutti questi "leader" che si sono proposti e riproposti devono, se sono dei patrioti, fare qualche passo indietro, per un’ovvia ragione: non hanno una bussola obbiettiva per indicare una strada praticabile, essi usano il soggettivismo personale e di lobby per dare giudizi, e scegliere strategie e tattiche.
Ho assistito a varie e variegate assemblee e dibattiti e pertanto mi sono fatto alcune opinioni.
La più eclatante è stata in un’assemblea dove si monitorava attraverso un computer il debito italiano, che continuava ad aumentare inesorabilmente, minuto dopo minuto.
Il relatore ha affermato che questo è un dramma, che lui non è contento di questo, lui non ha niente contro l’Italia.
E’ evidente a tutti che l’Italia deve implodere, ciò sarà determinante per l’indipendenza della Veneta Patria, ovviamente insieme ad altri fattori…..
La stragrande maggioranza di questi presunti "leader" hanno tutto da perdere da uno sbocco indipendentista del Veneto, pertanto hanno due strade da seguire: una combattere i veri patrioti, la seconda prendere la testa dei movimenti per farli abortire.
Bisogna diffidare di tutti coloro che si presentano con automobili prestigiose e vivono in ville bellissime e affermano che loro stanno bene, con una professione che li gratifica sia dal punto di vista economico che sociale, e lottano per un Veneto diverso per questioni di coscienza e moralità!
Si può tranquillamente dire che il processo rivoluzionario è nelle mani di chi lotta per un Veneto dove essi siano in grado di arrivare alla quarta settimana del mese con dignità e libertà.
Tutti i Veneti devono unirsi e lottare per l’Indipendenza Totale della nostra VENETA PATRIA

Germano Battilana




in risposta al "Documento politico economico sulla crisi italiana…"

Una riflessione scientificamente e storicamente inoppugnabile, tutta da condividere.
Sono un calabrese, meridionale e meridionalista convinto. La nostra terra, le nostre popolazioni furono massacrate dall’esercito piemontese al servizio della nascente borghesia capitalistica franco-padano piemontese. Fu una carneficina, un crimine contro l’umanità. Eravamo un popolo di gente umile, timorata di Dio, che viveva nella sua dignitosa povertà e non avevamo chiesto a nessuno, tantomeno ai piemontesi di "salvarci".
Sarebbe bello se  un giorno tutti i popoli peninsulari aggrediti e violentati dalle orde barbariche savoiarde agli ordini di criminali prenazisti come i vari Cialdini si unissero per urlare la loro voglia di riscatto e di dignità.
Noi meridionali non eravamo i "beduini africani" di cui parlavano i pre nazisti alla Farini. Eravamo i depositari di 2500 anni di civiltà che loro hanno massacrato.
Un caro saluto.
Dott. Antonio Grano, Sociologo
www.antoniograno.it



Da dove e come vogliamo iniziare a cambiare il mondo?

 

…Ogni volta che sento parlare del conflitto Israele-palestinese dai “filopaelstinesi” non sento parlare in favore di Palestina ma solo contro Israele. Questo non significa forse depotenziare ed annullare l’identità palestinese? Perché abbiamo permesso che ci fosse un manifesto antisemita in una festa per i diritti di tutti i popoli? Perché non invitare un’associazione delle molte che ci sono e che lavorano seriamente per il dialogo su problemi concreti tra questi due popoli?…
…“Pace per Israele significa sicurezza, e dobbiamo con tutti i nostri mezzi proteggere il suo diritto a esistere. Israele è uno degli importanti avamposti della democrazia nel mondo, è un meraviglioso esempio di come una terra arida può essere trasformata in un’oasi di fratellanza e democrazia. Pace per Israele significa sicurezza, e la sicurezza deve essere reale.”…

 

Mi trovo a passeggiare per le vie di Varese, conosco dai manifesti l’indirizzo di questa iniziativa ed è con fiducia che mi muovo incontro alla possibilità nuova di stare per le strade da parte di popoli a dire di sé in un altrove che è la città in cui vivo.
Non mi sono voluta frenare all’assenza rappresentata nel manifesto, ho preferito andare oltre e attribuire ad un errore, ad una svista inconsapevole… mi coglie improvvisa come il dilatarsi del gelo nella pancia quando fuori fa troppo caldo. Non so se vi è mai capitato di anelare ad una bevanda fresca mentre il caldo s’è fatto improvvisamente soffocante, la rapidità con la quale il liquido ghiacciato rende sollievo è il dolore che imperla la fronte, così la giornata estiva si trasforma presto in una sofferenza acuta.
Tra i banchetti uno, sventola bandiere di Palestina, nel mezzo “NO ALL’OCCUPAZIONE ISRAELIANA DI MILANO” un dolore acuto che viene dal sangue mi parla di qualcosa che ancora non cessa. Si veste diversamente ma somiglia pericolosamente a ciò che in maniera subdola ha concesso ad una nazione di giustificare una strage.
Resta la semplicità delle parole di Gilad Shalit (* vedi sotto) a dire cosa significa essere prigionieri, di qualcosa o qualcuno che prescinde dai contenuti e che assume ideologicamente una posizione.
Quando si parla di rifugiati, di autodeterminazione dei popoli, di libertà di diritti, di rispetto per la vita umana occorre non prescindere e non fare propaganda perché tutto ha diritto d’asilo dentro un crocevia di strade colorate che domanda solo di riconoscere l’alterità come valore.
M’indigna l’incapacità di questo movimento di chiamarsi fuori dalla falsità di difendere la vita per la vita stessa, l’incapacità di uscire dagli schemi per riconoscere la radice, la volontà profonda di un popolo che democraticamente lotta un istante dopo l’altro per restare in vita, per creare vita.
Perché quella che crede di potersi definire sinistra in questo paese non è in grado di vedere quanto il debito con il popolo d’Israele sia grande? E non voglio riferirmi con facilità a Marx figlio di questa nazione gloriosa che da sempre soffre la diaspora perché sarebbe troppo facile, mi riferisco all’unico luogo nel quale si sia realizzato il socialismo vero, il kibbutz. Mi riferisco a quelli e quelle che hanno provato a realizzare ciò che oggi qui neppure si riesce più a sognare. Come può questa specie di paese che si chiama Italia pensare d’uscire da questa situazione di deriva politica e morale senza radici? Annullate quelle che erano nel territorio, annullate quelle create dalla resistenza con l’inserimento nelle fila del PCI dei fascisti, annullato il germoglio sano e pacifista degli anni settanta facendone un tutt’uno con il terrorismo, annullato il movimento studentesco, ora pretende d’annullare questo bisogno profondo di partecipazione di rivoluzione pacifica.
Il diritto all’autodeterminazione dei popoli è centrale in questo momento, ne sono la prova il movimento delle piazze in Spagna come l’esito dei referendum qui, occorre però riconoscere ad ogni popolo lo stesso diritto. Israele si fonda sulla volontà di un popolo di vivere e basta andarci per comprenderlo, il popolo palestinese ha lo stesso diritto ad autodeterminarsi alla vita, quindi proviamo a non riconoscere quelli che arrogandosi il diritto di governarlo in realtà lo spingono alla morte. Promuoviamo quelli che tra israeliani e palestinesi lottano insieme perché sia possibile la vita, non radicalizziamo le posizioni di conflitto schierandoci contro o a favore a priori.
Ogni volta che sento parlare del conflitto Israele-palestinese dai “filopaelstinesi” non sento parlare in favore di Palestina ma solo contro Israele. Questo non significa forse depotenziare ed annullare l’identità palestinese? Perché abbiamo permesso che ci fosse un manifesto antisemita in una festa per i diritti di tutti i popoli? Perché non invitare un’associazione delle molte che ci sono e che lavorano seriamente per il dialogo su problemi concreti tra questi due popoli?
Se questa è “una presenza non ideologica, ma concreta, fatta di attenzione ai loro problemi” forse è il caso che cominciamo a porci un problema semantico!
Mi auguro vivamente che la CGIL produca al proprio interno un dibattito serio in merito ed invito tutti a leggere le parole che Martin Luther King scrisse ad un amico in merito. Sono sue le parole che riecheggiano nelle piazze degli ultimi tempi Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste”.
Edith Besozzi

Sul Sionismo”, Martin Luther King

“Pace per Israele significa sicurezza, e dobbiamo con tutti i nostri mezzi proteggere il suo diritto a esistere. Israele è uno degli importanti avamposti della democrazia nel mondo, è un meraviglioso esempio di come una terra arida può essere trasformata in un’oasi di fratellanza e democrazia. Pace per Israele significa sicurezza, e la sicurezza deve essere reale.”
“Il popolo negro, amici miei, sa bene che cosa vuol dire soffrire il tormento della tirannia sotto un tiranno che non ci siamo scelti. I nostri fratelli in Africa hanno mendicato, implorato, supplicato, chiedendo che venisse riconosciuto ed attuato il nostro congenito diritto a vivere in pace sotto la nostra sovranità e nel nostro paese.”
“Come dovrebbe essere facile, per chiunque abbia a cuore questo inalienabile diritto umano, comprendere e sostenere il diritto del popolo ebraico a vivere nell’antica terra d’Israele. Gli uomini di buona volontà esultano nel vedere la promessa di Dio realizzata, nel vedere il suo popolo che torna gioiosamente a ricostruire la sua terra devastata. Questo è il Sionismo, niente di più e niente di meno.”
“Cos’è invece l’anti-sionismo? E’ il negare al popolo ebraico quel diritto fondamentale che giustamente oggi riconosciamo ai popoli dell’Africa e che siamo pronti a concedere a tutte le altre nazioni del mondo. Si tratta, amici miei, di discriminazione contro gli ebre
i, a causa della loro ebraicità
. Si tratta cioè di antisemitismo.”
L’antisemita gode di ogni opportunità che gli consente di esprimere il suo pregiudizio. Al giorno d’oggi però, in Occidente, proclamare che si odiano gli ebrei è diventato molto impopolare. Di conseguenza, l’antisemita deve costantemente inventare nuove forme e nuove sedi per il suo veleno. Deve camuffarsi. E allora non dice più di odiare gli Ebrei, ma solo di "essere anti-Sionista.”
“Cari amici, non vi accuso di essere deliberatamente antisemiti. So che, al pari di me, siete contrari al razzismo, al pregiudizio e alla discriminazione. So però anche che siete stati sviati – al pari di altri – dall’idea che è possibile essere “antisionisti” pur rimanendo fedeli ai principi che assieme condividiamo. Spero che le mie parole vi riecheggino nell’anima: quando la gente critica il Sionismo vuole dire che ce l’ha con gli ebrei; non facciamoci ingannare.”
(Da M.L. King Jr., "Lettera a un amico antisionista" Saturday Review, n. XLVII, agosto 1967, p. 76. Ristampata in M.L. King Jr., "This I Believe: Selections from the Writings of Dr. Martin Luther King Jr.", New York, 1971, pp. 234-235.) –

( * )

"Lo Squalo e il Pesciolino" di Gilad Shalit (11 anni)


Racconto ritrovato dalla maestra e pubblicato in un libro per bambini
Anni prima di diventare un caporale e di essere rapito dai militanti palestinesi, l’11enne Gilad Schalit scrisse una semplice parabola sul come cavarsela con i nemici. Il soldato israeliano Schalit, che oggi ha 24 anni, è stato rapito a giugno 2006 dai militanti di Hamas nella Striscia di Gaza durante un raid israeliano al confine.
Due suoi commilitoni sono rimasti uccisi nell’attacco. Le trattative segrete per uno scambio di prigionieri sono bloccate da tempo e lui rimane prigioniero a Gaza.
La storia del piccolo Shalit si intitola: "Quanto lo squalo e il pesce si incontrarono per la prima volta". E’ stata pubblicata in un libro per bambini: 64 pagine, illustrate da 29 artisti israeliani. Il progetto è inoltre in mostra alla galleria di Nahariya, la città del Mediterraneo, nel nord di Israele, dove Schalit è nato.
La storia, scritta da Schalit nel 1997, racconta di uno squalo che sta per mangiare un pesciolino. Ma i due iniziano a giocare a nascondino e poi diventano amici. La mamma-squalo è però contraria a questa amicizia: "Il pesce è un animale che mangiamo. Non giocare con lui", gli dice. "Lo squalo è l’animale che ha divorato tuo padre e tuo fratello, non giocare con lui", gli dice la mamma-pesce. Dopo essersi evitati per un anno, i due si rincontrano. Lo squalo: "Sei un nemico, ma possiamo fare la pace?". Il pesce si dice d’accordo e i due annunciano la rinata amicizia alle madri. "Da quel giorno – scriveva Schalit – lo squalo e il pesce hanno vissuto in pace".
A trovare la storia è stata un’insegnante del soldato rapito, mentre faceva le pulizia di primavera quattro anni fa e l’ha fatta avere alla famiglia. "E’ il messaggio di un bambino di 11 anni che crede che anche i nemici alla fine possono vivere insieme", ha commentato il padre Noam Schalit. "Un racconto – ha aggiunto – oggi molto attuale".
(LiberaliPerIsraele)

Lo Squalo e il Pesciolino

Disegno originale di Gilad Shalit
Un pesciolino, placido e piccolino, nuotava nel bel mezzo del mare tranquillo .
All’improvviso, il pesciolino vide uno squalo che se lo voleva mangiare.
Si mise allora a nuotare veloce veloce, ma lo stesso fece lo squalo.
Improvvisamente il pesce si fermo’ e disse allo squalo: “Perche’ mi vuoi mangiare? Potremmo giocare assieme!”
Lo squalo penso’ e penso’ e poi gli disse:
“E va bene: giochiamo a nascondino”.
Lo squalo e il pesce giocarono così
per tutta la giornata, fino a quando il sole tramonto’.
La sera, lo squalo fece ritorno a casa sua.
Sua madre gli chiese: “Com’e’ andata oggi, mio caro squalo? Quanti animali ti sei mangiato?”
Lo squalo rispose: “Oggi non ho mangiato nessun animale, ma ho giocato con un animale chiamato Pesce.”
“Quel Pesce e’ un animale che noi mangiamo. Non giocarci con lui!” disse la mamma dello squalo.
A casa del pesce, accadde la stessa cosa. “Come stai, pesciolino? Com’e’ andata la giornata oggi a mare?” chiese la mamma del pesce.
Il pesce rispose: “Oggi ho giocato con un animale chiamato Squalo”.
“Quello squalo e’ l’animale che ha mangiato tuo papa’ e tuo fratello. Non giocare con quell’animale”, aggiunse la madre.
Il giorno dopo nel bel mezzo dell’oceano non ci andarono ne’ lo squalo ne’ il pesce.
Non s’incontrarono per molti giorni, settimane e perfino mesi.
Poi, un giorno si videro. E tutt’e due scapparono di corsa dalla loro mamma e di nuovo non s’incontrarono per giorni, settimane e mesi.
Dopo che un anno era passato, lo squalo uscì per una bella nuotata e la stessa cosa fece il pesce. S’incontrarono così per la terza volta e allora lo squalo gli disse: “Tu sei mio nemico, ma forse possiamo vivere in pace.”
Il pesciolino rispose: “Va bene”.
Giocarono assieme di nascosto per giorni, settimane e mesi, fino a quando, un giorno, sia lo squalo che il pesce non andarono a trovare la mamma del pesce e le parlarono.
Poi fecero la stessa cosa con la mamma dello squalo;
e da quel giorno gli squali e i pesci vivono in pace.

FINE
Di Gilad Shalit (a 11 anni)




lettera inviata a "Il Manifesto" da una nostra amica

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera inviata a "Il Manifesto" da una nostra amica riguardo la manifestazione di Milano www.unexpectedisrael.it  

Vi scrivo in merito all’articolo apparso sul vostro giornale oggi rispetto all’evento previsto a Milano che coinvolgerà Israele, quello di Alessandra Mecozzi e Roberto Giudici dal titolo "Israele, ovvero l’insostenibile leggerezza". Sono profondamente indignata, mi rendo conto che dovrei ormai essere abituata alla posizione ottusa e massimalista della “sinistra” italiana in merito alla questione israelo-palestinese ma, ogni volta, riesco ancora a stupirmi per la pochezza delle argomentazioni. Questa modalità sempre per slogan e contrapposizione che purtroppo caratterizza tutta la “sinistra” o sedicente tale, italiana mi disturba sempre.

Innanzi tutto sarebbe molto più interessante se la critica mossa costantemente allo stato d’Israele avesse un contenuto propositivo e non disfattista, in secondo luogo sarebbe altrettanto auspicabile che, così come accade in Israele, si proponesse, all’interno di coloro i quali ritengono la posizione palestinese di “sottomissione”, una autocritica. Mi sembra evidente che all’interno del popolo palestinese la maggior parte dei “governi” abbia fatto tutto il possibile negli ultimi 60 anni per mantenerlo nelle peggiori condizioni.

Una caratteristica che accomuna tutti quelli che in qualche misura fanno politica in Italia (politici, sindacalisti, amministratori …) sia che si definiscano di destra, di sinistra o di centro è la totale mancanza di memoria storica. Per qualunque questione si assumono gli slogan che vengono proposti dall’ambito di riferimento e si ripropongono senza alcun tipo di analisi personale.

La posizione rispetto allo Stato d’Israele esposta nell’articolo è piena di questo ottuso qualunquismo. Alcune domande a chi scrive: siete stati in Israele? Avete parlato con qualcuno che abita lì, sia nella parte sotto il controllo israeliano che sotto quello palestinese? La tanto anelata autodeterminazione de popoli vale solo per quello palestinese o per tutti i popoli quindi anche quello israeliano? Non esiste una responsabilità da parte delle autorità palestinesi, a partire da Arafat e che procede in parte ancor oggi, che si sono intascati tutti i soldi necessari per costruire case, scuole, ospedali, strade ed hanno soltanto armato i terroristi? Non esiste una responsabilità degli stati arabi che utilizzano il popolo palestinese come un pretesto per attaccare Israele e che fanno il possibile per mantenerlo nelle peggiori condizioni possibili? Ed in fine non sarebbe meglio da parte di chi lì non vive esaltare quelle persone che, sia israeliani che palestinesi fanno il possibile per creare ponti di solidarietà facendo azioni concrete, mettendo a rischio la propria vita e operando una critica al proprio governo cercano di condurlo nella direzione della pace e del rispetto reciproco?

Gli israeliani e le israeliane invitati a Milano per l’iniziativa tanto aspramente criticata nel vostro articolo (cito solo le più famose ) per esempio lo scrittore David Grossman e la cantante Noa sono tra quelli che si sono da sempre spesi con azioni concrete e coraggiose per creare ponti di pace e collaborazione tra i due popoli, che hanno criticato il proprio governo quando questi assume posizione di durezza nei confronti dei palestinesi.

Perché per una volta la “sinistra” italiana non prova a pensare senza slogan? Tra gli invitati ci sono anche alcuni che hanno fondato e vivono nei kibbutz, unico esperimento riuscito di applicazione del socialismo reale. Questa esperienza con le sue luci e le sue ombre potrebbe essere utilmente conosciuta da una “sinistra” che in Italia dimostra di non avere da moltissimo tempo progetti concreti di governo. Una “sinistra” che continua in Italia a non riconoscere i cambiamenti. Che si fa pericolosamente nazionalista ( mi riferisco ai festeggiamenti per i 150 anni) perché non è in grado di proporre qualcosa di alternativo alla lega e al berlusconismo, un’alternativa concreta, che non sia ottusa contrapposizione.

Sono addolorata perché mio nonno che ha combattuto nella resistenza, che desiderava che i fascisti nel dopoguerra fossero processati, come è avvenuto per esempio in Germania, aveva capito che questo paese non avrebbe mai avuto una sinistra degna di questo nome ed io per molto tempo non gli ho creduto. Se fosse ancora vivo ora gli direi che aveva ragione, purtroppo  !!!

E. B.