Chiesa Veneta Comunicati

Le antiche radici della religiosità veneta, sua funzione di preservazione della identità di popolo

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Le antiche radici della religiosità veneta, sua funzione di preservazione della identità di popolo.
Studio e ricerca di Antonio Vincenzi.

E’ mio intendimento fare un cenno, in queste brevi note, sul perpetuarsi dello spirito religioso nel popolo veneto, sulle sue origini, rintracciabili nelle istituzioni della Serenissima e sulla necessità di rispettare tali profondi modi di sentire, per chiunque voglia proporre la rinascita di un nuovo stato veneto. Si è data invece dagli storiografi (specie se risorgimentali o giacobini), ed è insito nell’opinione dei più, un’immagine della Veneta Repubblica totalmente laica, perlopiù dissoluta nei costumi, nemica del senso religioso più comune, occupata com’era (e questo è vero) a riaffermare nei secoli la sua autonomia da ogni ingerenza temporale del Papa romano. Quest’immagine è lontana mille miglia dalla realtà quotidiana dello Stato Veneto, e per realtà quotidiana intendo quella vissuta dalla maggior parte degli abitanti della nostra (allora) felice e prospera terra.
Si continua a parlare del “mito” del buon governo della Serenissima, come se la mancanza di ribellioni nella sua storia  e la totale identità  tra governati e governanti non fosse stata una realtà, oggetto di studio tra le altre nazioni coeve e di tentativi di imitazione. Voglio qui citare come principio evidente, “la promissione” del Doge che, dal momento dell’espansione di Venezia nella terraferma, si impegnava a governare con giustizia non solo gli abitanti della sua città, ma anche gli abitanti dei dominii. Questo era uno sforzo comune a tutto il governo veneto, e per far sì che questo avvenisse, un’importanza cruciale ebbero le varie “Scuole” e confraternite, il cui fine ultimo  era di promuovere la pace sociale attraverso opere di carità cristiana. Queste Scuole erano associazioni tra laici a carattere religioso, molte e carattere professionale, volte a incoraggiare la devozione ed il mutuo soccorso. Sotto i controlli severi del governo (volti ad evitare dissipazioni, abusi ed ingerenze da parte dello stato pontificio) esse erano inserite capillarmente nella società di allora, a Venezia come nella terraferma. Queste associazioni avevano anche il merito di fare partecipare nel governo della cosa pubblica il ricco borghese ed il popolano, che si trovavano a collaborare strettamente con i più illustri nomi dell’aristocrazia veneziana, per fini nobilissimi. Di tutto questo beneficiava in maniera oggettiva anche il basso clero, che riceveva ricompense ed oboli dallo svolgimento di messe ed atti di devozione. Al clero in genere era però interdetto il governo di queste istituzioni, le cui redini erano in mani laiche, pur avendo il fine comune di promuovere la religiosità popolare e la morigeratezza dei costumi, oltre che il mutuo soccorso. Citiamo come esempio la Scuola di san Fantin (Gesù Bambino), che usava accompagnare i condannati a morte nel loro ultimo viaggio.
Un’altra istituzione importantissima, che dava fede dello spirito religioso che animava i nostri governanti di allora, era  la magistratura denominata degli “esecutori alla bastiema”, che dal 1537 in poì, addirittura con procedura segreta e sommaria, colpiva chi bestemmiasse Dio e i Santi con sanzioni e condanne spesso gravissime. A questo delicato incarico erano chiamati “primari zentilhomeni”, cioè persone di grande esperienza e maturità.
Ebbene tutto questo presupponeva un popolo con un grande senso di religiosità, che riconosceva nelle istituzioni repubblicane, seppur aristocratiche, i naturali difensori di tali sentimenti. Governando con illuminata saggezza e promovendo questo comune senso d’appartenenza ad una comunità cristiana, la Veneta Repubblica seppe trionfare e perpetuarsi nei secoli. Alla sua caduta i Veneti trovarono naturale continuare a raccogliersi intorno alle varie parrocchie ed al clero che sembrava essere l’unica delle istituzioni capace di difenderli dai soprusi di governi stranieri. La chiesa veneta continuava a proporre una visione del mondo che era appartenuta alla Serenissima. Laboriosità, solidarietà e morigeratezza dei costumi continuarono ad essere le principali direttive nella vita del popolo veneto e, secondo me, hanno avuto una parte importante nella creazione dell’attuale miracolosa espansione economica. A maggior ragione, dopo l’annessione forzata all’Italia nel 1866, il cittadino Veneto continuò a sentirsi estraneo al potere romano, che si richiamava a ideali laici e massonici ed attaccava la Chiesa in ogni suo aspetto. Dopo il concordato e nel dopoguerra, la classe dirigente veneta entrò sì nell’apparato romano, ma lo fece unicamente per impadronirsi del potere, senza avere alcun desiderio di servire per il bene comune, che animava invece sia l’aristocratico veneziano che l’ultimo scrivano addetto ad un qualsiasi ufficio pubblico, sentendosi totalmente estranea ad uno stato artificiale. E’ fuori discussione che un nuovo stato veneto dovrà tener conto di questo, pur ribadendo la sua indipendenza di giudizio nelle cose di governo da ogni istituzione religiosa. Il Patriarca di Venezia aveva una importante funzione all’interno della Repubblica. Egli non era un Vescovo qualsiasi soggetto a Roma ma, nelle cose temporali esso faceva riferimento alle nostre antiche e rispettate istituzioni.

Antonio Vincenzi