Comunicati Cultura Veneta

L'impresa della flotta serenissima

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Risalì l’Adige fino a Mori e trasferì le galere a Torbole

 

 

A Verona il 15 febbraio1439 è una giornata fredda e grigia, un po’ nebbiosa come spesso succede d’inverno: ma un avvenimento inconsueto sta per accadere perché a metà del mattino emerge nella nebbiolina una grava veneziana, seguita da una vera e propria flotta da guerra, formata, pare, da altre 5 galere, 4" belinzieri" e una ventina di barche armate minori, tutte al comando dell’ammiraglio della Serenissima Stefano Contarini. Venezia- che aveva preso possesso di Verona fin dal 1405- è in guerra da 1 anno col milanese Filippo Maria Visconti, e in questo momento è in difficoltà perché l’esercito veneto è stato costretto a ritirarsi a Padova, avendo fallito il tentativo di liberare Brescia (pure appartenente a Venezia), già da tempo assediata dai viscontei. Bisogna rompere dunque quest’assedio e per riuscirci il senato veneziano decide di mandare in gran segreto una flotta nel lago di Garda, per cercare di prendere alle spalle gli assedianti: è una mossa strategica brillante, che per essere realizzata deve però superare ostacoli così pesanti da divenire- se ci riuscirà- addirittura motivo di" stupore e di miracolo" per i posteri. Attaccano dunque le navi alla riva dell’Adige, a Ponton, e una folla di manovali, che le attende, inizia subito a smontare le navi più grandi (le galere sono scafi lunghi 40-50 metri e larghi 6-7) privandole degli alberi, delle vele, dei remi e presumibilmente delle bombarde, delle munizioni e di quant’altro sia asportabile. Il programma prevede di calcare tutti questi materiali su carri tirati da buoi, per mandarli verso Mori, dove li raggiungeranno per via d’acqua le navi, ridotte a semplici scafi: di qui l’intera teoria dei natanti e dei materiali sarà trasferita a Torbole, dove finalmente le barche verranno rimontate e varate nelle acque del Garda. Il disegno di far procedere fino a Mori gli scafi, sia pure così alleggeriti, non è per altro di facile soluzione, anche perché in febbraio l’Adige è di regola in regime di magra. Sta’ di fatto che, adottando l’antico uso di far trainare le navi da molte paia di buoi, e accettando naturalmente tempi molto lunghi (del resto fino all’800 il tratto Verona-Trento richiedeva 5 giorni)- si riesce a completare il viaggio. Ma è proprio a Mori che inizia la parte più difficoltosa dell’intero tragitto. Torbole può essere raggiunta attraverso la valle di S. Andrea (oggi chiamata valle di Loppio), ma affrontando un terreno impervio, ricco di dislivelli anche scoscesi. Un gran numero di braccianti traccia uno strùcciolo, una via abbastanza larga da consentire il passaggio delle galere, lo spiana, lo batte, lo ricopre di rami tagliati e di cespugli strappati e trascina quindi, con l’aiuto dei buoi e di corde ma anche viva forza di braccia, le galere e dietro di esse tutto i più piccoli "scaffe e burghi"- che avevano raggiunto Mori senza difficoltà, trattandosi per lo più di barche a fondo piatto. A "Tòrbole borgo dè pescatori", la flotta viene immersa finalmente nelle acque del Garda: una sola galera ritarda, avendo bisogno di essere "racconciata e ripalmata" dopo gli urti e gli strisci ai quali è stata sottoposta. Si è completata così un’impresa eccezionale per intelligenza e arditezza che, lo storico Marin Sanudo descrive con una frase tanto concisa quanto scultorea: le galere furon "disfate,su cari fabricate, di l’adese in questa aqua portate e riconzate,nel lago butate" .L’occasione da far entrare in battaglia la flotta così arditamente portata nel Garda non giunge però subito: tarderà più di un anno, fino al maggio 1440, quando Stefano Contarini affronterà vittoriosamente la flotta viscontea, conquistando i castelli di Riva e di Garda. La guerra, cosiddetta "Veneto-Viscontea", si concluderà nel 1441 con la pace di Cavriana, che ratificherà il possesso veneto di tutto il territorio a est dell’Adda.

 

 

 

I fiumi padani, invito alla guerra <anfibia>

Non è dato sapere quanto abbia contato l’impresa "veronese" sull’esito della guerra. Ma sappiamo che il suo interesse è comunque notevole perché indica la strategia generale che la Serenissima si dà in questo come nei conflitti successivi che la opporranno ai visconti tra il 1438 e il 1454. La Lombardia, teatro di queste guerre, è ricca di fiumi laghi e corrente poco impetuosa e costituisce per Venezia un grande invito ad adottare l’acqua, accanto al terreno, come teatro degli scontri. Le flotte fluviali- che i veneziani subito allestiscono impegnando natanti diversi, che vanno dai navigli a remi, ma armati, alle grandi galere d’alto mare- assicurano anzitutto rifornimenti e trasporti alle truppe di terra, ma consentono inoltre di effettuare attacchi flessibili ed efficaci con le loro specifiche armi da fuoco- bombarde e bombardine. E offrono soprattutto alla Repubblica l’occasione di impiegare i suoi tradizionali e collaudati equipaggi misti di veneziani e dàlmati, ben più sperimentati e affidabili delle milizie di terra, con i loro sempre diversi caoitani di ventura. E’ in definitiva un disegno strategico di guerra " anfibia" che estende al "dominio da tera" i concetti e i mezzi che hanno sempre ispirato la conquista del "dominio da mar". I fiumi ai quali la Repubblica adatta questo disegno non sono soltanto i corsi d’acqua lombardi: ma anche il Po, l’Adige e i fiumi veneti, friulani e giuliani, di cui Venezia controlla saldamente foci, corsi e accessi.