Comunicati Spirito Veneto

ERITREA, SAHARAWI: continua la lotta per l’autodeterminazione

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Articolo di Luca Peroni sulla lotta per l’autodeterminazione dei Popoli di Eritrea e Saharawi.

Molte popolazioni Africane sfruttate per interessi colossali, cercano di ritornare in possesso della loro terra e della loro autodeterminazione, ossia il diritto sacrosanto di poter disporre di un territorio dove sviluppare la politica e la cultura che più si avvicina alle loro tradizioni ed alle loro aspirazioni. Nel 1973, nasce il fronte popolare di liberazione del SAGUIA EL HAMRA e RIO DE ORO (PO.LI.SA.RIO.), i territori rivendicati dai "SAHARAWI"; mentre nel 1971 avrà luogo la scissione di vari gruppi di indipendentisti Eritrei dando vita alla formazione del fronte popolare di liberazione dell’Eritrea (FPLE). Le divergenze che poi sfociarono in vera e propria guerra tra l’Eritrea e l’Etiopia, hanno origine, intorno agli anni cinquanta, quando gli stati occidentali vincitori della seconda guerra mondiale, non avendo raggiunto un accordo, investono della questione le Nazioni Unite che violando palesemente gli articoli fondamentali della loro stessa carta sul diritto dei popoli all’autodeterminazione, adottava la risoluzione 390 (v). Con ciò si riconosceva il ruolo degli Eritrei di esistere come popolo ma, nello stesso tempo, li si obbligava a federarsi alla corona Etiope con la possibilità di autogoverno su parecchie questioni senza però essere indipendenti. Era logico che, se in un primo momento l’Impero Etiopico accettò anche una forma di costituzione Eritrea, nel breve periodo di una manciata d’anni, abrogò tutti i diritti degli Eritrei, arrivando a vere e proprie persecuzioni poliziesche, per arrivare nel 1962 a porre fine allo statuto federale dell’Eritrea che sarà interamente integrato nel sistema unitario dell’impero. La guerra di liberazione ha inizio già nei primi anni sessanta e dopo alcune pause dovute anche a faide interne, nel 1987, l’FPLE si alleò con il TPLF (FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DEL TIGRAI) lanciando la grande offensiva indipendentista che culminerà nella vittoria schiacciante della battaglia di Afabet, preludio dell’accerchiamento di Adis Abeba e la caduta del regime di Mangistu nei primi anni novanta. La vicenda Eritrea si conclude felicemente nel 1993 quando, cogliendo l’occasione della disfatta Etiopica, gli Eritrei effettuarono un referendum che sancirà la loro totale indipendenza e, con l’FPLE alla guida del loro governo, porterà presto il paese ad essere conosciuto per la sua società efficiente priva di corruzione e indipendente dalle istituzioni di aiuto occidentali, essendo oggi (13/06/ 2001) l’unico paese Africano che non deve nulla al fondo monetario internazionale.
Il popolo SAHRAWI, che nel censimento del 1974 risultava essere composto da 80000 persone, ha origine dall’immigrazione degli Arabi Maquil provenienti dallo Yemen, passati dall’Egitto in Tunisia nel undicesimo secolo ed insediatisi nella regione del Sahara occidentale agli inizi del tredicesimo secolo, mescolandosi con i gruppi di origine Araba dei Reguibat, dei Tekna (Arabo-Barberi) e quello degli Uled-Delim. I Saharawi parlano la lingua Hassaniya derivata per lo più dall’Arabo classico. Prima dell’arrivo degli Europei, vi erano, secondo la tradizione Saharawi, quaranta tribù nomadi, riunite in una confederazione non rigida ma attiva in determinati momenti di emergenza, soprattutto in difesa dagli attacchi dei vari Sultanati Marocchini. Sebbene, la terra dei Saharawi fosse conosciuta come "la terra della dissidenza" alcuni documenti ci dicono che l’autorità dei sultani riusciva ad estendervisi per qualche periodo senza mai però prefigurare un rapporto di sovranità vera e propria. Nel diciannovesimo secolo il Sahara occidentale conobbe la colonizzazione della Spagna che se ne andrà soltanto nel 1974 sollecitata dalle pressioni dell’ONU, del Polisario e del Marocco insieme alla Mauritania che vedevano in tutto questo il pretesto per rivendicare come loro quei territori, ricchi nel sottosuolo di fosfati, petrolio e ferro. Nel 1975 la Spagna, eludendo gli accordi presi con i vari organi internazionali, cede i territori al Marocco ed alla Mauritania. Da questo momento il popolo Saharawi, deve abbandonare le proprie terre, ed emigrare nelle terre concesse dall’Algeria, a causa della massiccia occupazione da parte delle forze Marocchine culminata nella famosa "marcia verde". Il fronte Polisario in questi anni intensifica la sua lotta di liberazione portando continui attacchi alle forze di occupazione, riportando alcune vittorie tattiche e costringendo la Mauritania al ritiro ed alla pace. Messa in difficoltà, l’autorità Marocchina decise, grazie all’uso di armamenti pesanti, ed approvvigionamenti militari di ogni sorta concessi da parte di alcuni governi conservatori occidentali, di riconquistare i territori perduti e creare barriere artificiali contro gli attacchi mordi e fuggi dei Saharawi. Vengono costruiti terrapieni di sabbia, protetti da campi minati, per ben 2400 Km, racchiudendo ben 200000 Kmq costringendo i Saharawi ad una guerriglia rischiosissima e poco fruttuosa che ancora oggi prosegue. Il Governo marocchino si è macchiato, nel tempo, oltre all’esilio forzato della popolazione Saharawi  a vere e proprie operazioni razziste nei suoi confronti sfociate in moltissimi casi di sequestri di persona che non hanno nulla da invidiare ai Desaparecido Argentini. Tutta la vicenda del popolo Saharawi, anche se ancora oggi è in una fase di stallo, ha avuto degli sbocchi a livello internazionale molto rilevanti, a partire dal 1976 quando il segretario del fronte Polisario ha proclamato l’indipendenza del paese e la nascita della repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) che dal 1979 al 1980 ha ricevuto il riconoscimento di 43 paesi ed ha costretto numerosi organi internazionali, tra cui l’OUA, il parlamento Europeo e l’ONU, a sviluppare una strategia di pace per il Sahara occidentale imperniato sul referendum di autodeterminazione, per arrivare nel 1991, dopo varie risoluzioni, alla missione internazionale delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (Minurso).
Da questi piccoli riassunti, si capisce bene che chi non rispetta l’autodeterminazione altrui persegue questa strada esclusivamente per ricavarne interessi da sfruttare a buon mercato arrivando in parecchi casi a produrre veri e propri regimi di carattere razzistico nei confronti delle popolazioni assoggettate con il rischio di guerre barbare e sanguinose. Vediamo inoltre che l’aspirazione alla libertà dei popoli è ancora una volta incanalata e poi diretta dai movimenti di liberazione che, animati da spirito patriottico, accettano i difficili impegni che la storia gli affida e che il diritto internazionale riconosce a tutti gli effetti.
Per concludere osserviamo il fine ultimo delle lotte di liberazione, che per la maggior parte dei casi si conclude con il vero scopo dei sinceri movimenti indipendentisti, ovvero la libertà massima del volere popolare che sposa sempre il diritto all’autodeterminazione firmato, quando possibile, sulla scheda di un Referendum.  
Molte popolazioni Africane sfruttate per interessi colossali, cercano di ritornare in possesso della loro terra e della loro autodeterminazione, ossia il diritto sacrosanto di poter disporre di un territorio dove sviluppare la politica e la cultura che più si avvicina alle loro tradizioni ed alle loro aspirazioni. Nel 1973, nasce il fronte popolare di liberazione del SAGUIA EL HAMRA e RIO DE ORO (PO.LI.SA.RIO.), i territori rivendicati dai "SAHARAWI"; mentre nel 1971 avrà luogo la scissione di vari gruppi di indipendentisti Eritrei dando vita alla formazione del fronte popolare di liberazione dell’Eritrea (FPLE). Le divergenze che poi sfociarono in vera e propria guerra tra l’Eritrea e l’Etiopia, hanno origine, intorno agli anni cinquanta, quando gli stati
occidentali vincitori della seconda guerra mondiale, non avendo raggiunto un accordo, investono della questione le Nazioni Unite che violando palesemente gli articoli fondamentali della loro stessa carta sul diritto dei popoli all’autodeterminazione, adottava la risoluzione 390 (v). Con ciò si riconosceva il ruolo degli Eritrei di esistere come popolo ma, nello stesso tempo, li si obbligava a federarsi alla corona Etiope con la possibilità di autogoverno su parecchie questioni senza però essere indipendenti. Era logico che, se in un primo momento l’Impero Etiopico accettò anche una forma di costituzione Eritrea, nel breve periodo di una manciata d’anni, abrogò tutti i diritti degli Eritrei, arrivando a vere e proprie persecuzioni poliziesche, per arrivare nel 1962 a porre fine allo statuto federale dell’Eritrea che sarà interamente integrato nel sistema unitario dell’impero. La guerra di liberazione ha inizio già nei primi anni sessanta e dopo alcune pause dovute anche a faide interne, nel 1987, l’FPLE si alleò con il TPLF (FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DEL TIGRAI) lanciando la grande offensiva indipendentista che culminerà nella vittoria schiacciante della battaglia di Afabet, preludio dell’accerchiamento di Adis Abeba e la caduta del regime di Mangistu nei primi anni novanta. La vicenda Eritrea si conclude felicemente nel 1993 quando, cogliendo l’occasione della disfatta Etiopica, gli Eritrei effettuarono un referendum che sancirà la loro totale indipendenza e, con l’FPLE alla guida del loro governo, porterà presto il paese ad essere conosciuto per la sua società efficiente priva di corruzione e indipendente dalle istituzioni di aiuto occidentali, essendo oggi (13/06/ 2001) l’unico paese Africano che non deve nulla al fondo monetario internazionale. Il popolo SAHRAWI, che nel censimento del 1974 risultava essere composto da 80000 persone, ha origine dall’immigrazione degli Arabi Maquil provenienti dallo Yemen, passati dall’Egitto in Tunisia nel undicesimo secolo ed insediatisi nella regione del Sahara occidentale agli inizi del tredicesimo secolo, mescolandosi con i gruppi di origine Araba dei Reguibat, dei Tekna (Arabo-Barberi) e quello degli Uled-Delim. I Saharawi parlano la lingua Hassaniya derivata per lo più dall’Arabo classico. Prima dell’arrivo degli Europei, vi erano, secondo la tradizione Saharawi, quaranta tribù nomadi, riunite in una confederazione non rigida ma attiva in determinati momenti di emergenza, soprattutto in difesa dagli attacchi dei vari Sultanati Marocchini. Sebbene, la terra dei Saharawi fosse conosciuta come "la terra della dissidenza" alcuni documenti ci dicono che l’autorità dei sultani riusciva ad estendervisi per qualche periodo senza mai però prefigurare un rapporto di sovranità vera e propria. Nel diciannovesimo secolo il Sahara occidentale conobbe la colonizzazione della Spagna che se ne andrà soltanto nel 1974 sollecitata dalle pressioni dell’ONU, del Polisario e del Marocco insieme alla Mauritania che vedevano in tutto questo il pretesto per rivendicare come loro quei territori, ricchi nel sottosuolo di fosfati, petrolio e ferro. Nel 1975 la Spagna, eludendo gli accordi presi con i vari organi internazionali, cede i territori al Marocco ed alla Mauritania. Da questo momento il popolo Saharawi, deve abbandonare le proprie terre, ed emigrare nelle terre concesse dall’Algeria, a causa della massiccia occupazione da parte delle forze Marocchine culminata nella famosa "marcia verde". Il fronte Polisario in questi anni intensifica la sua lotta di liberazione portando continui attacchi alle forze di occupazione, riportando alcune vittorie tattiche e costringendo la Mauritania al ritiro ed alla pace. Messa in difficoltà, l’autorità Marocchina decise, grazie all’uso di armamenti pesanti, ed approvvigionamenti militari di ogni sorta concessi da parte di alcuni governi conservatori occidentali, di riconquistare i territori perduti e creare barriere artificiali contro gli attacchi mordi e fuggi dei Saharawi. Vengono costruiti terrapieni di sabbia, protetti da campi minati, per ben 2400 Km, racchiudendo ben 200000 Kmq costringendo i Saharawi ad una guerriglia rischiosissima e poco fruttuosa che ancora oggi prosegue. Il Governo marocchino si è macchiato, nel tempo, oltre all’esilio forzato della popolazione Saharawi  a vere e proprie operazioni razziste nei suoi confronti sfociate in moltissimi casi di sequestri di persona che non hanno nulla da invidiare ai Desaparecido Argentini. Tutta la vicenda del popolo Saharawi, anche se ancora oggi è in una fase di stallo, ha avuto degli sbocchi a livello internazionale molto rilevanti, a partire dal 1976 quando il segretario del fronte Polisario ha proclamato l’indipendenza del paese e la nascita della repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) che dal 1979 al 1980 ha ricevuto il riconoscimento di 43 paesi ed ha costretto numerosi organi internazionali, tra cui l’OUA, il parlamento Europeo e l’ONU, a sviluppare una strategia di pace per il Sahara occidentale imperniato sul referendum di autodeterminazione, per arrivare nel 1991, dopo varie risoluzioni, alla missione internazionale delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (Minurso). Da questi piccoli riassunti, si capisce bene che chi non rispetta l’autodeterminazione altrui persegue questa strada esclusivamente per ricavarne interessi da sfruttare a buon mercato arrivando in parecchi casi a produrre veri e propri regimi di carattere razzistico nei confronti delle popolazioni assoggettate con il rischio di guerre barbare e sanguinose. Vediamo inoltre che l’aspirazione alla libertà dei popoli è ancora una volta incanalata e poi diretta dai movimenti di liberazione che, animati da spirito patriottico, accettano i difficili impegni che la storia gli affida e che il diritto internazionale riconosce a tutti gli effetti. Per concludere osserviamo il fine ultimo delle lotte di liberazione, che per la maggior parte dei casi si conclude con il vero scopo dei sinceri movimenti indipendentisti, ovvero la libertà massima del volere popolare che sposa sempre il diritto all’autodeterminazione firmato, quando possibile, sulla scheda di un Referendum.  

 

Vicepresidente del
Veneto Serenissimo Governo
Luca Peroni