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Sviluppo economico e lotta di liberazione

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Negli ultimi tempi c’è un gran dibattere nell’economia europea e italiana: si studia, si manipolano dati, obbiettivi, necessità, ricerche ed alleati. Tutto questo gran agitarsi non trova mai punti di sintesi in grado di dare risposte realistiche con i processi geopolitici.
L’incapacità di dare risposte dipende non tanto dall’assenza di strumenti scientifici, ma dall’impossibilità di usarli in assenza di principi, cultura e storia. Il problema per gli analisti non è tanto quello di avvicinarsi ad un quadro realistico ma di dare risposte rassicuranti alle lobby di appartenenza, onde rassicurare le loro basi socioeconomiche. Ci dispiace vedere degli amici, se vogliamo, che ,nonostante i nostri contributi ai vari dibattiti, continuano incuranti dei loro insuccessi ad elargire giudizi che non reggono all’impatto con la realtà.
Il Veneto Serenissimo Governo mette a disposizione, di quanti saranno in grado di comprenderle, le analisi e gli scenari futuri. Ciò non tanto per un confronto che non può esserci, viste le diverse basi di partenza, ma per dimostrare che solo degli uomini liberi sono in grado di dare delle risposte ai processi storici.

 

“Il Veneto Serenissimo Governo con la sua analisi vuole dare le linee generali future per lo sviluppo socioeconomico della nostra Veneta Patria. Come si sa il Veneto Serenissimo Governo fin dalla sua costituzione nel gennaio del 1987 si è sempre occupato, dandone grande rilievo, all’economia in tutte le sue forme: con idee, spunti di riflessione, suggerimenti, proposte, articoli, ecc.
Il presente lavoro va a conclusione di tutto questo lavoro iniziato molti anni or sono, nella speranza che l’impegno profuso dal Veneto Serenissimo Governo possa essere d’aiuto e sprono al nostro Popolo in questa difficile fase storica.
Non dobbiamo esaminare la storia in maniera astratta avendo come guida l’idealismo e la metafisica, ma estrarre in maniera il più possibile scientifica le ricette che noi ricercheremo per il Veneto, esse non possono non tenere conto della collocazione geografica, della storia, dell’economia e delle vocazioni commerciali.
Possiamo tranquillamente affermare che non esiste una ricetta valida uguale per ogni Paese ma ognuno ha le sue specificità, ed esse vanno valutate ed analizzate nel momento in cui si vanno a costruire delle ipotesi per lavorare ad una ricostruzione economica e sociale. Con la caduta della nostra amatissima Veneta Serenissima Repubblica, il 12 maggio 1797 ad opera di forze straniere, finiva un ciclo straordinario di armonioso sviluppo socioeconomico che raggiunse livelli oggi impensabili durato oltre 1200 anni. Basti pensare alle leggi emanate alla fine del 1200 per tutelare i bambini nei posti di lavoro; le prime norme al mondo per la difesa della proprietà intellettuale (disposizioni sui brevetti nella seconda metà del 1500); precise disposizioni, nel 1600, contro chi attentava alla libera concorrenza attraverso tentativi monopolistici; nel 1600 iniziava un’attenta e lungimirante programmazione economico monetaria con particolare attenzione alla spesa pubblica; continui incentivi alla ricerca. La Serenissima puntò sempre all’apertura di nuovi
mercati; all’accorta e inflessibile salvaguardia ambientale; e altre centinaia potrebbero essere gli esempi della politica economica e finanziaria fortemente innovativa attuata nei vari secoli di politica marciana.
Il XIX secolo per il popolo veneto comincia male, la presenza giacobino-napoleonica aveva depredato senza alcun ritegno tutte le ricchezze della nostra terra (per non parlare delle uccisioni e violenze perpetuate a danno della nostra gente). Poi il nostro Veneto passa sotto l’impero asburgico e grazie ad un’attenta amministrazione l’economia in parte si riprende ma la situazione rimane difficile. Nel 1866 con l’occupazione italiano sabauda della nostra Veneta Patria, perpetuata attraverso un referendum farsa, fraudolento e al di fuori della legalità internazionale, la situazione civile-economica veneta precipita a livelli mai visti di povertà e degrado. Si arriva al punto che centinaia di migliaia di nostri fratelli spinti dai morsi della fame, dalla disperazione e dalla pellagra sono costretti ad emigrare in ogni angolo del mondo, e i numeri di questa diaspora sono di livello biblico. A titolo d’esempio della crisi economica che investì il Veneto basti pensare al sale che era considerato un lusso, e vasti strati della popolazione non se lo potevano permettere: come recitava un rapporto della prefettura dell’alto veneto attorno al 1890 un kg di sale costava 55 centesimi di cui 54 di tasse, nulla di nuovo sotto il sole.
La nostra diaspora cesserà solo negli anni 60 del ‘900, tutto questo per pagare i debiti di uno Stato appena nato e già fallito: l’Italia. Questa purtroppo è una costante che ci attanaglia da 139 anni.
Il novecento per il Popolo Veneto comincia ancor peggio: le avventure coloniali dello straccio- imperialismo italiano, la prima guerra mondiale che devasterà in maniera terribile tutte le Venezie, la dittatura fascista (con la cessione al Reich tedesco da parte della RSI della provincia Veneta di Belluno), e dulcis in fundo la satanica fornace della II guerra mondiale. Con la fine del conflitto il nostro Veneto si ritrova con immani distruzioni materiali, la perdita di decine di migliaia di vite umane, ed è dilaniato da una guerra civile.
Il dopoguerra è durissimo, sotto tutti gli aspetti: il nostro popolo, nonostante lo si cerchi in tutte le maniere di dividerlo con ideologie partitiche che nulla hanno a che vedere con la nostra storia e tradizione, reagisce con lo spirito tipico dei veneti lavorando a testa bassa senza sosta e risparmio. Tutto questo avviene benché il Veneto manchi di qualsiasi direttiva e guida strategica da parte della casta politica, burocratica, imprenditoriale e culturale al potere.
Nonostante il servilismo dei Quisling che ritengono di rappresentare il Veneto i risultati di tanto lavoro e impegno da parte del Popolo Veneto si vedono, e sul finire degli anni ’50 per la nostra Veneta Patria comincia una grande rinascita economica fatta di tante piccole aziende operanti in ogni settore produttivo che prenderà particolare vigore negli anni 60-70 a cui viene dato il nome di modello Veneto in contrapposizione al cosiddetto triangolo industriale Torino-Genova-Milano, dove impera la grande industria. Questo primo “boom economico” non è immune da aspetti negativi e profonde contraddizioni, che tuttavia sono in parte mitigate dalla tradizione, cultura e valori Veneti ancora presenti nella gente, tutto ciò è avvenuto anche se l’occupante italiano ha tentato attraverso un etnocidio culturale perpetrato dalla scuola e dagli organi della cosiddetta cultura italiana di affievolire lo Spirito Veneto sia nella vecchia imprenditoria che nelle classi lavoratrici. Gli anni ’80 e la prima metà dei ’90 sono caratterizzati da un secondo quanto effimero “boom economico” che prenderà il nome di “miracolo del Nord-Est” dovuto sia alla ben nota voglia di lavorare ed impegnarsi, ma soprattutto ad una serie di fattori quali: favorevole congiuntura internazionale, le continue super svalutazioni monetarie, i paesi emergenti non ancora stabilizzati sul piano economico (che adesso ci danno filo da torcere), il fregarsene di marchi e brevetti altrui con evidenti plagi. A tutto questo si aggiunga un perverso intreccio tra economia locale e statale che rompe gli ultimi argini etici e morali. Tutto ciò crea l’illusione in questa imprenditoria anarco-statal-capitalista di una totale arroganza e sicurezza che questo sistema può andare avanti all’infinito, badando esclusivamente al proprio particulare
(vedi: il Guicciardini) e fare subito tanti schei.
È giusto ricordare anche per dovere di narrazione l’apparire di tutta una serie sterminata di articoli, libelli, studi, interviste che celebravano le vittorie di questi “capitani” dell’industria e i fulgidi destini del mitico Nord-Est finalmente affrancato dalla povertà e dal sottosviluppo, dimenticando cosa aveva portato tutto questo.
La ricetta per continuare questo sgangherato sviluppo economico era molto semplice: bastava cementificare quel poco di verde rimasto, spartirsi appalti e prebende, invocare la costruzione di nuove strade (nessuno ha ancora spiegato dove farle passare, visto il disastro urbanistico), chiamare sempre più schiavi da ogni angolo del globo adducendo che non si trova più personale, aspettare qualche altra svalutazione monetarie, e il gioco è fatto. Con questa anacronistica colpevole sottocultura imprenditoriale che di Veneto aveva solo il nome siamo arrivati al disastro odierno. I reiterati richiami, inviti, appelli, fatti per anni dal Veneto Serenissimo Governo affinché si cambiasse strada, prendendo spunto ed esempio dagli insegnamenti della nostra Veneta Serenissima Repubblica, sono caduti nel vuoto. Non solo, ma è veramente triste ricordare che all’indomani del 9 maggio 1997 (dove intrepidi Veneti Patrioti avevano indicato a tutti la via verso la luce della libertà marciana) la “dirigenza imprenditoriale Veneta” aveva chiesto, ergendosi a giudice supremo, al potere occupante pene esemplari per i coraggiosi. Questo gravissimo fatto mostra il terribile scollamento tra chi lotta, come il Veneto Serenissimo Governo, per dare un futuro dignitoso a questa nostra terra, e chi invece cerca ormai, completamente fuori dalla realtà storica, di sopravvivere puntando non sulla serietà del lavoro ed impegno, ma sulla protezione dello stato italiano, dimenticando che questa entità artificiale è arrivata da tempo al capolinea e che vive alla giornata con miserie di ogni tipo.
Il Veneto come il resto della società europea è giunto ad una svolta, questa si è determinata dal magma incandescente esploso dopo la caduta della Cortina di Ferro e dal conseguente annullamento degli accordi di Yalta, i quali stabilirono lo status quo in Europa. Un equilibrio sempre e comunque rispettato dalle due super potenze. Attorno a questa apparente stabilità si è costruito il sistema economico e le alleanze politiche e militari. La caduta dei vecchi colonialismi, in particolare della Gran Bretagna e della Francia, ha liberato un’ulteriore serie di contraddizioni le quali, intrecciate alla caduta del mondo bipolare e all’affacciarsi di nuove potenziali superpotenze (Cina, India e Brasile), hanno scatenato ovviamente sconvolgimenti epocali. È semplicemente sciocco pensare che tutto questo possa essere contrastato con piccoli o grandi riassetti di politica industriale (non economica che è altra cosa). Il Veneto Serenissimo Governo ovviamente tende nell’esame generale a predisporre nuovi scenari aventi al centro la nostra terra Veneta. È evidente anche a dei non esperti economici che l’Europa, e di conseguenza anche l’Italia, sono in un cul de sac e non hanno nessuna possibilità di avere un ruolo autonomo o quanto meno di essere determinanti nei futuri processi geopolitici.
L’Europa e le sue Nazioni hanno avuto un ruolo decisivo nel XIX secolo, in quanto possessori dei mezzi di produzione, degli approvvigionamenti e delle relative forze lavoro per gestirli.
L’attuale classe dirigente economica e politica è vecchia e superata dalla storia, agisce con due secoli di ritardo, non può essere concorrenziale né sul piano produttivo né sul piano dei costi visto che è riuscita a svendere la sua tecnologia a diretti concorrenti: in questo aveva perfettamente ragione Lenin quando affermava che “i capitalisti venderanno la corda con cui verranno impiccati”.

Oggi 2005, come abbiamo già più volte scritto, il nostro Veneto si trova accerchiato da paesi emergenti sempre più battaglieri e capaci di cogliere ogni opportunità che il mercato gli offre. Senza parlare della Cina, ormai diventata il capro espiatorio per tutti i fallimenti economici del regime e la casta politico burocratica imprenditoriale “Veneta” che lo sostiene. Ma altri Stati, India, Brasile, Cile, Russia, ecc., hanno già da tempo superato la fase dei calzini, delle magliette e delle sedie puntando su prodotti di media-alta tecnologia e qualità, in grado in pochissimo tempo di dare colpi durissimi al nostro sistema veneto. A questo purtroppo si aggiunge per noi la palla al piede chiamata Italia, stato artificiale nato per mano straniera, le cui spire mortali chiamate parassitismo, illegalità congenita, fisco rapace, inefficienza, corruzione ad ogni livello provocano costi ormai insostenibili nel campo energetico, nel sistema creditizio, nei trasporti, nella giustizia, ecc., e stanno portando la nostra veneta economia al collasso provocando così la distruzione definitiva

dell’ancor vasto tessuto imprenditoriale fatto di persone oneste e capaci. Purtroppo, come se non bastasse già tutto questo, dobbiamo anche assistere in questi ultimi anni al disperato tentativo di restaurazione central-nazionalistica che sta provocando ulteriori danni in fatto di immagine e credibilità.
È bene sottolineare alcuni punti chiave del processo economico del Veneto che verrà:
1- Ogni Paese deve produrre quello che gli è più consono. In questo sistema bisogna avere chiaro che il Veneto non è in grado di contrastare in nessun modo le nuove potenze emergenti, sia per il costo della manodopera, sia per i sistemi non liberisti ma central-dirigistici, sia per un controllo quasi totale della forza lavoro: quindi è pura demenza cercare soluzioni su questo terreno.
Quello che le grandi potenze economiche non potranno mai riprodurre è il Veneto stesso con tutte le sue immense risorse: Venezia, Verona, Padova, Vicenza, Cortina, l’Altopiano di Asiago, il Lago di Garda, le Terme, le Spiagge, le Dolomiti, ecc.
2- Arrivare attraverso un piano complessivo e con svolte graduali a chiudere le esportazioni del nostro artigianato agricolo industriale. Le vendite dei prodotti della Veneta Serenissima Repubblica si fanno solo sul territorio della Repubblica con certificazione del marchio Veneto a prescindere dal valore. Questi e altri rapporti economici con i Paesi esteri non possono essere in funzione della richiesta ma in funzione delle necessità economiche e sociali della Veneta Serenissima Repubblica. In caso contrario si creeranno degli squilibri che porteranno certamente alla caduta della Repubblica Veneta. Il nostro modello non è certo l’economia di mercato né un’economia parcellizzata, la nostra sarà un’economia sociale avente l’uomo
al centro dei propri obbiettivi e analisi.
3- Riconversione totale dell’economia e bonifica del territorio.
4- Costruire un’economia legata al movimento turistico e a un sistema sanitario proiettato alla cura e riabilitazione degli “ammalati” di tutto il mondo.
5- Realizzare un sistema di produzione integrato ad un sistema agro-alimentare sanitario, avendo nel “made in Veneto” gli unici prodotti commerciali garantiti di qualità, quali arma vincente nel sistema agro-alimentare sanitario.
6- Sviluppo avanzato della ricerca scientifica legata al territorio, alle sue dinamiche economiche e al servizio del nostro Popolo e della sua economia.
 È evidente che il sistema economico monetario UE – Euro non è in grado di soddisfare le necessità di ogni singolo Stato; in quanto qualsiasi person
a, anche “ignorante
dell’economia”, si rende conto che ad uno sviluppo ineguale corrisponde un sistema economico e monetario flessibile. La lira è entrata nell’euro abbondantemente sovrastimata. Se si guarda l’Italia, aldilà dei problemi geopolitici storici, l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali non solo non è stata di nessun beneficio per il meridione ma ha aperto ancor di più la forbice tra Nord e Sud, e questo è percepibile da tutta la popolazione della penisola. Si possono trovare stimoli e possibilità solo se saremo in grado di prendere in mano i nostri destini. Noi riteniamo che se questo non avviene, se l’Italia resterà nelle sue attuali strutture, non solo i Popoli del centro-sud non avranno possibilità, ma certissimamente trascineranno anche le regioni del Nord alla catastrofe socioeconomica. È altrettanto evidente che non ci può essere né un arroccamento né un isolamento. Nessuna Nazione per quanto grande o per quanto piccola può sopravvivere al distorto concetto di globalizzazione e a un suo essere presente nei flussi economici del terzo millennio. Il Veneto è intenzionato e deve, alla luce di quanto sopra elencato, fondere il suo sistema monetario agli USA, e favorire tutti i legami che sul piano economico possano favorire questa scelta. Non è il caso di entrare nei dettagli di possibili integrazioni e non agganci tra il dollaro e una eventuale moneta Veneta, comunque questo ha come presupposto che il dollaro abbia libera circolazione nella nostra Nazione. Questa scelta in politica monetaria dovrà avere dei risvolti anche sul piano della Difesa, in un rapporto specifico tra la VSR e gli USA con un
sistema di difesa integrato (ordine interno, difesa globale del confine territoriale e marittimo, partecipazione a missioni di contenimento e ricerca del terrorismo internazionale), il tutto da qualificare e quantificare in specifici colloqui e trattative.”

  

Venezia, 4 gennaio ’06

Il Ministro Consigliere
del Veneto Serenissimo Governo
Demetrio Serraglia