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La farsa Plebiscitaria del 1866 in Veneto

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Se lo Stato Italiano ha avuto una deroga al rispetto degli accordi e del diritto internazionale il Popolo Veneto vorrebbe saperlo.

 

 

140 anni fa, nel 1866, in questi giorni si stava preparando in Veneto quella truffa referendaria (plebiscito di unione all’Italia) che tolse la libertà al Popolo Veneto e che lo costringe tuttora a sottostare ad un’illegale stato di occupazione da parte dell’Italia.

Ma ricapitoliamo gli avvenimenti: in giugno a Custoza ed in luglio a Lissa le forze armate italiane persero gli scontri con l’esercito asburgico composto anche da istro-veneti, la bandiera tricolore italiana per questi valorosi soldati e marinai istro-veneti era solo un bottino di guerra che veniva conquistato al grido di "Viva san Marco!". Con il loro sangue i soldati Veneti rovesciarono gli accordo segreti di Parigi (aprile 1866), in cui il Veneto sarebbe passato all’Italia senza referendum come una merce di scambio qualsiasi. Così, grazie a queste vittorie i Veneti si conquistano il diritto di decidere liberamente del proprio destino di Popolo, tramite una consultazione referendaria da svolgersi sotto l’egida della Francia, una potenza terza rispetto Austria e Italia.

Il timore per l’Italia era che si ricostituisse la Repubblica Veneta e che l’espansione savoiarda finisse in una bolla di sapone: difatti erano ancora vive le esperienze di Daniele Manin nel 1848 e del Governatorato del Lombardo-Veneto di Massimiliano d’Asburgo. A fronte di questa preoccupazione crescente, e ritenendo che una libera consultazione tra il Popolo Veneto avesse causato la rinascita di un’entità statale veneta, il governo italiano con i suoi prezzolati tirapiedi (poi chiamati patrioti italiani) si mobilitarono per evitare che ci fosse alcun controllo internazionale della consultazione, violando così in modo palese gli accordi decretati dalla Pace di Vienna e dall’Armistizio di Cormons. Per realizzare il proprio malvagio piano l’esercito italiano cominciò una crescente campagna intimidatoria accompagnata dall’occupazione di tutti i municipi veneti.

Ecco alcuni esempi di pubblica minaccia: per quello che dicevano, i manifesti per il plebiscito erano una sorta di ricatto morale a chi andava a votare, in uno di questi si può leggere: "Chi dice Sì mostra sentirsi uomo libero, padrone in casa propria, degno figlio d’Italia. Chi dice No la prova d’anima di schiavo nato al bastone croato! Il Si, lo si porta all’urna a fronte alta, sotto lo sguardo del sole, colla gioja nell’anima, colla benedizione di Dio! Il No, con mano tremante, di nascosto come chi commette un delitto, colla coscienza che grida: traditore della patria!" La Gazzetta di Verona il 17 ottobre 1866 parlando del plebiscito riporta: "Sì, vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell’Italia. No, vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell’Italia". Come mai sottolineare l’essere veneto? Non erano forse tutti per l’unità stando a quanto ci viene riportato nei libri di scuola? Questo mi sembra uno dei vari elementi che mettono in dubbio il fatto che i risultati del plebiscito siano la risultante della reale volontà della gente veneta.

La truffa ai danni dell’invitto Popolo Veneto si consumò il 19 ottobre 1866 in una stanza dell’hotel Europa, nel Canal Grande a Venezia, nella quale il plenipotenziario francese il gen. Leboeuf consegnò il Veneto ai commissari italiani ben due giorni prima della data in cui era fissato il referendum: questa fu la palese violazione di quanto stabilito dagli accordi internazionali sanciti dall’Armistizio di Cormons e dalla Pace di Vienna.

Il 21 ottobre 1866 ebbe luogo sul suolo Veneto la farsa plebiscitaria con tutto il Veneto invaso da forze d’occupazione dell’esercito italiano, in cui vennero proibite dall’Italia perfino le tradizionali processioni religiose in quanto "assembramento pericoloso per l’ordine pubblico". Il risultato (641.758 SI, 69 NO, 273 NULLI) è la prova intangibile del broglio perpetuato, soprattutto i 69 sono emblematici: il valore sul campo di battaglia dei soldati veneti che vinsero contro l’Italia sono dati di fatto incontestabili e provati dalle relazioni degli stati maggiori Asburgici, mentre i verbali del plebiscito redatti nei seggi sono introvabili. Lo stesso storico Luigi Sutto di Rovigo, nel 1903, fu incaricato dal Museo del Risorgimento di ricostruire dati ed episodi del Plebiscito. Il suo insuccesso fu quasi totale perché non riuscì a visionare i verbali del plebiscito. Perché gli fu vietata tale visione?

Queste poche righe ci danno un’idea del fatto che nel 1866 in Veneto sia stato perpetrato un crimine da parte dell’Italia contro la Popolazione Veneta e il suo diritto all’autodeterminazione. Ora è giunto il tempo per i Veneti di riprendere in mano il proprio destino di Nazione Storica d’Europa, il Veneto deve far sentire la propria voce nel consesso internazionale per far sì che il diritto all’autodeterminazione venga sancito anche in Veneto. 140 anni di violazione dei trattati internazionali da parte dell’Italia sono troppi, ora è necessario che l’ONU adotti una risoluzione che sancisca il diritto dei Veneti all’autodeterminazione tramite libero referendum con garanzie internazionali certe; ciò è necessario altrimenti il dubbio che nelle organizzazioni internazionali esistano popoli di serie A e popoli di serie B diventerà certezza. Se lo Stato Italiano ha avuto una deroga al rispetto degli accordi e del diritto internazionale il Popolo Veneto vorrebbe saperlo.

 

Il Responsabile dell’Ufficio

per il Rifacimento del Referendum del 1866

Demetrio Serraglia