Comunicati

Dibattito 1866: gli attacchi persistono, ma sono vani

image_pdfimage_print
…Alcuni tra i più beceri sparlanti (i più adatti a tenere la faccia di bronzo necessaria per far passare una palese menzogna per verità) sono riusciti addirittura a negare la possibilità che vi fossero state pesanti pressioni ed ingerenze dirette, da parte del Regno d’Italia nelle consultazioni referendarie per esprimere la volontà dei Veneti del 1866 sul loro futuro…

 

Appena la questione del referendum del 1866 ha avuto una certa eco mediatica ed è stata posta alla portata dell’opinione pubblica veneta (almeno di quella che accede alla carta stampata, vista l’antecedente enorme diffusione via internet), subito si sono allertate schiere di studiosi, eminenti di ogni campo, politici aderenti al sistema italico e benpensanti di ogni genere, per screditare tutto lo screditabile sul 1866, e oltre. Lo scopo di questa moltitudine di opinionisti del momento (che dimostrano la loro totale ignoranza in materia, sempre ammettendo che abbiano una parvenza di buona fede) è evidentemente quello di ingenerare confusione in chi si imbatte per la prima volta nell’argomento, e cioè di allontanare i Veneti dalla verità sulla loro Storia.
Alcuni tra i più beceri sparlanti (i più adatti a tenere la faccia di bronzo necessaria per far passare una palese menzogna per verità) sono riusciti addirittura a negare la possibilità che vi fossero state pesanti pressioni ed ingerenze dirette, da parte del Regno d’Italia nelle consultazioni referendarie per esprimere la volontà dei Veneti del 1866 sul loro futuro. Insomma: quei 69 voti contrari e quei 257 (inspiegabili) voti nulli su quasi 650mila schede depositate, sarebbero sufficienti ad accreditare la tesi della consultazione democratica, o perlomeno libera, ed evidenzierebbero invece che “fu vera festa”: l’Italia salvò i Veneti dall’Imperial Regio dominio dell’oppressore austriaco, dal “bastone croato” come recitavano i manifesti elettorali. L’Italia fece poi un altro dono ai Veneti: li chiamò tutti italiani, sì che emigrando potessero portare il nome d’Italia in ogni angolo del Mondo.
Molti altri dei personaggi sopra menzionati, hanno invece perlomeno la cortesia di non negare l’evidenza degli imbrogli nel referendum presso il Popolo Veneto, forse notando (ma non certo riferendo ai bramosi lettori) che la prassi referendaria di stampo italiano trovò valide applicazioni in tutti i luoghi della Penisola in cui il colonialismo savoiardo riuscì ad avere la meglio. [Nel Regno delle Due Sicilie, infatti, ci scapparono pure i morti, deceduti per inspiegabile ed immenzionabile ostilità alle truppe savoiarde che “liberarono” il Regno Borbonico dal regresso e dall’inciviltà. In questi termini ci si esprimeva infatti nel Parlamento piemontese sulla conquista delle Due Sicilie da parte del mercenario Garibaldi, seguito da comandanti militari savoiardi che ben seppero esprimere quella nuova atmosfera di libertà che giunse al suo apice a Bronte, in Sicilia.]
Tuttavia, accertata l’invalidità dei plebisciti-burletta del 1861-1866 (non senza il beneficio del dubbio da parte di qualche ostinato), si passa subito a tacciare di “revisionismo da due soldi” (o con altre colorite espressioni di ignorante spregio) chiunque osi far luce non tanto sul plebiscito in sé, bensì sul suo valore presente. Sì, cari eminenti personaggi dell’italica prostrazione. Non è per rispolverar carte, per gusto antiquario, per masochismo intellettuale o per nostalgia storica che è importante conoscere a fondo il 1866. E badate: il riferimento all’intero anno non è casuale.
Il 1866 rappresenta molte verità per i Veneti. Ed il plebiscito, falsato dagli italiani come sappiamo, preso singolarmente, è solo uno degli aspetti, e forse il meno interessante. Bisogna infatti coronarlo degli altri eventi ad esso connessi, ed allora tutte le carte si scoprono, e si comprende finalmente a che gioco si stava giocando: un gioco pesante. Si parla di battaglie che i Veneti combatterono al fianco degli austriaci contro gli italiani, costringendoli alla fuga con ignominia. Si parla di minacce esplicite al clero, di indagini sugli orientamenti politici degli insegnanti delle scuole, di occupazione militare di tutto il territorio ancora prima del plebiscito. Si parla di scomparsa degli atti connessi alla consultazione referendaria (perché non conservarli per documentare un tale espressione di “amore” dei Veneti verso l’Italia?). Ma la cosa che più distingue il caso veneto da tutti gli altri della sottomissione savoiarda dell’Italia è il seguente: il Referendum del 21-22 ottobre 1866 ebbe la legittimazione internazionale ad essere tenuto, e fu pertanto un atto giuridico con effetti sul piano giuridico internazionale. Fu previsto ufficiosamente nelle convenzioni tra Francia, Austria e Italia, ed infine sancito ufficialmente nel Trattato internazionale di Pace di Vienna. Pertanto, le violazioni italiane dei Trattati, devono essere sanate, ripristinando così la legalità internazionale.
Altro nodo fondamentale da sfatare (taciuto vilmente dagli italiani che organizzarono il plebiscito), è la questione della scelta sostanziale del referendum: l’ipotesi, rievocata da tutti i “benpensanti” che procedono a sentenziare senza attivare le sinapsi, di un ritorno del Territorio Veneto sotto la sovranità dell’Imperatore austriaco è una bugia astronomica. Tale eventualità non era minimamente tra le alternative del plebiscito, poiché le terre venete (chiamate dall’Arciduca Alberto “la più bella gemma della Corona del Nostro Augusto Monarca”) erano già state sciolte dalla Corona asburgica, nella previsione di una retrocessione ad una legittima autorità veneta che ricevesse la sovranità dalle mani della mediazione francese (anche questa regolarmente prevista nei Trattati). Tuttavia tale processo non poté concludersi per l’ingerenza dell’Italia, che si sostituì alle municipalità venete sia nel ricevere la retrocessione che nell’indire il referendum, che a quel punto era già una burletta.
Quindi, come avevamo previsto, è costante l’attività dei lacchè dello Stato italiano per delegittimare il mezzo giuridico per l’autodeterminazione del Popolo Veneto, pretendendo di relegarlo all’ignoranza degli eventi che lo hanno costretto a dover vivere da 141 anni i disastri all’italiana.
Alla luce di tutto ciò, possiamo con franchezza dire che chi afferma con aria autorevole che “I giochi "storici" antichi sono oramai cosa fatta” (ci riferiamo all’editoriale di Antonio Cassuti, apparso sul Giornale di Vicenza del 10.01.2008), dimentica che il presente non è che la cruna di un ago che scorre sul filo rosso della Storia, e finché i nodi del passato non sono debitamente sciolti, la corsa della Storia non può proseguire.
Venezia, 11 gennaio ’08

 

Dipartimento per il Rifacimento
del Referendum del 1866
Alessandro Mocellin