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Figlie della Patria: il ruolo della donna veneta attraverso i secoli

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ricerca sulle donne venete di Maria Fasolo

Benché i nostri antenati, i Paleoveneti, fossero una nazione Indoeuropea con un concetto essenzialmente patriarcale della società, la creatività, l’influenza sociale e l’autorità politica delle femmine, non sono mai state assenti dalla nostra civiltà. E’ altamente significativo che la divinità principale nel Panteon Paleoveneto era una femmina: la veneratissima Reitia, dea della giustizia, dell’educazione e della cultura, alquanto simile all’Atena dei Greci ma senza le tendenze belliche di questi. Reitia, con tutta probabilità, era una dea vergine, poiché nessun consorte è associato a lei. Il suo nome sembra derivare dalla radice protoindoeuropea "Reikt…" (retta), nel senso civicomorale. Reitia era, infatti, una divinità di rettitudine, tolleranza e armonia sociale. E’ stata molto amata e venerata da tutti i Paleoveneti, tanto dalle donne quanto dagli uomini. Era un raggiante modello, un’ispirazione, per le mogli e figlie Venete, e per gli insegnanti di ambedue i sessi. Così, la nostra storia nel territorio Veneto comincia con il benevolo governo di una femmina. La città di Venezia, dalla sua fondazione è sempre stata concepita come una femmina. Numerosi grandi artisti come Tiziano, Tintoretto e Veronese hanno rappresentato l’amata Serenissima come una donna di straordinaria bellezza, con capelli aurei e sereno portamento maestoso. Come la dea Reitia, Venezia vera Patria di giustizia, armonia e progresso, è stata immaginata come l’incarnazione di tutte le virtù garbate: grazia, tranquillità, candore, fedeltà ingegno creativo: in breve, le qualità associate con le donne sagaci e onorate. Nel mio libro (in stampa) "Uno spirito che non muore: la continuità della civiltà Veneta", ho commentato che le donne Paleovenete erano internazionalmente rinomate per la loro beltà, modestia, diligenza, dedizione alla Patria al culto e alla famiglia. In contrasto con le loro contemporanee degli altri paesi d’Europa, queste donne Venete spesso partecipavano alle attività commerciali, firmavano contratti in nome proprio, lavoravano nei Templi, università come istruttrici, redigevano i propri testamenti, amministravano la loro proprietà a piacimento. E’ interessante osservare che in tutte le epoche della nostra plurimillenaria storia, anche nell’Alto Medioevo (quando il resto dell’Europa era immerso nell’intolleranza), la donna Veneta ha fieramente conservato questi diritti civici, giuridici e commerciali. Durante il Medioevo e nel Rinascimento, numerosi sono i casi delle dame cui abnegazione, eroismo, e spirito di servizio alla Patria Veneta sono altamente lodevoli. Le femmine intellettuali che hanno dedicato tutta l’energia feconda delle loro menti al progresso scientifico/culturale della Serenissima, sono troppe per enumerarle in questo breve articolo. Voglio citare solo le più importanti; le prime donne laureate in tutto il mondo, perché queste due gentildonne Veneziane servono come epitomi degni di tutte le loro sorelle Studiose:
·         CASSANDRA FEDELE (1456-1558), nata e morta a Venezia. "Ammaestrata nelle lettere Greche e latine, nella retorica, nella filosofia e nelle musica", questa straordinaria donna, tra il 1477 e il 1478, ha ricevuto il dottorato in medicina all’università di Padova: così, lei tiene il primato assoluto fra le donne laureate e addottorate. Poetessa, musicista, conferenziera, Cassandra Fedele era anche una grande filantropa: lei ha gestito, durante molti anni della sua lunghissima vita, un orfanotrofio dove le bambine abbandonate hanno potuto ricevere un’eccelsa educazione classica e culturale.
·         ELENA LUCREZIA CORNER PISCOPIA, nata il 5 giugno 1646 a Venezia. Morta a soltanto 38 anni d’età. Elena era parente della Regina Caterina Corner. Come Cassandra Fedele, era una bambina prodigio; dalla prima infanzia, mostrò eccezionale intelligenza e curiosità, quasi avidità per imparare, Elena Corner si dilettava nella composizione di versi poetici e nella musica. Imparò sei o sette lingue… Ma la sua vera passione era la filosofia. Lei si recò all’università di Padova; in quel celebre istituto di erudizione, il 25 giugno 1678, Elena Corner "Con raro impegno di cerimonia, fu onorata della laurea Dottorale alla presenza d’innumerabili Letterati…" (da Giovanni Grevembroch, "Gli abiti da Veneziani"). Profondamente religiosa, Elena Corner professava il terzo ordine di San Benedetto. Indossava quasi sempre il severo abito nero dell’ordine, il quale, tuttavia, non ha potuto diminuire la sua serena bellezza, evidente nei suoi ritratti.
Fra le donne Venete cui, magnanimità, eroismo e dedizione, ci ispirano anche oggi ad imitare il sublime esempio, spiccano particolarmente le seguenti:
·         Le generose dame che, nell’anno 1379, durante la guerra contro Genova, offrirono i loro gioielli e regali dotali per rifornire il pubblico erario.
·         La moglie, (purtroppo anonima) di Battaglia Motta, una giovane donna che, il 22 maggio 1667, a Candia organizzò "Un manipolo di donne che con animo virile e con generosi esempi si diedero ad animare tutti i lavori di munizionamento per alleviare la fatica dei combattenti (Veneti avversari dei Turchi a Candia), esponendosi agli stessi loro rischi o pericoli." (da Eugenio Miozzi, "Venezia nei Secoli").
·         Le eroine Venete di Famagosta: "I difensori (a Famagosta) non raggiungevano il numero di 7400, ma resistettero per lungo tempo agli assalti nemici, sotto il comando di Marcantonio Bragadin e di Astorre Baglioni. Fu allora che videsi, pietà grande e commendevole, accorrere ognidì le femmine stesse, e nobili e plebee, sulle mura… recando e somministrando a combattenti acqua, sassi, legne, ne partire se prima con lanciamento di pietre verso la fossa non avessero, per quanto potevano, offeso il nemico; ciò continuando sempre fino al giorno dell’ultimo esizio." (Miozzi op. cit.)
·         Le molte Dogaresse benefattrici che hanno mostrato la munificenza più spontanea, donando liberalmente alle buone cause, lavorando diligentemente nelle opere pie: loro, con fondi propri, hanno fondato orfanotrofi, scuole, ospedali, collegi, conservatori, centri culturali… I loro nomi sono, in generale, quasi dimenticati ma il bene che hanno fatto le Dogaresse per la società rimane come una contribuzione permanente alle iniziative culturali e umanistiche.
·         BELISSANDRA MARAVIGLIA, aristocrata Veneziana in Cipro, "Fata prisoniera durante l’assedio de Nicosia, in t’el setembre 1570, insieme co tante done sipriote… la xe stada strassinada su la nave patrona turca, co’l destin de esser vendua come mercanzia de lusso a qualche arem de musulmani…" (da Mariù Salvatori de Zuliani, "Venezia da no perdar: storie e leggende Veneziane"). Sentendo compassione per le sue compagne di sfortuna (alcune di quelle prigioniere Venete  avevano solo dodici anni d’età) "La dama ga deciso, ela per tute che gera assae megio morir che restar s’ciave de i nemici. Ghe gera una camaron pien de barili de polvere da sbàro; ghe xe passà per testa che sarìa sta belo far saltar per aria ela medesima co le so compagne, soldai e botin de guera. La zentildona ga destacà na fiamòla tignula impissada per far l
uce ne la stiva, butandola po drento in t’uno de i diti barili… A onor de’l vero s’à da dir che anca in te la difesa de Cipro, le done Veneziane s’à mostra altretanto coragiose che i omeni
" (Salvatore de Zuliani op. cit.).
·         CATERINA CORNARO (Corner), nata a Venezia nel 1454. Regina di Cipro. Eugenio Musatti, nel suo libro "La donna in Venezia", la descrive come "bella della persona, lepida nel conversare, istruita nelle lettere e nella storia." Il 6 giugno 1489, questa ammirevole abnegata dama, consapevole dell’importanza strategica dell’isola di Cipro alla difesa della V.S.R. e dell’Europa intera, "Cedo il suo dominio alla cara Patria." Per questo atto di dedizione e amore alla Serenissima, Caterina Cornaro veniva dichiarata "Figlia della Republica". Era, per lei, un onore anche più prezioso del titolo di Regina.
·         Le innocenti, valorose donne di Verona (alcune erano incinta) che hanno perso la vita durante la disperata resistenza delle Pasque Veronesi. Sui partecipanti in questa resistenza, l’autore Eugenio Miozzi (op. cit.) dice "Il popolo alla fine comprese il tradimento perpetrato da coloro che avevano predicato le gioie degli immortali principi, e che si erano concluse con la distruzione della Patria e con il dominio degli stranieri. E si ribellò: ma era troppo tardi… Il nuovo governo che aveva assunto per Motto LIBERTE’, FRATERNITE’, EGALITE’, per primo suo atto mitragliò i figli del popolo, per colpa la grave di amare la Patria." I figli, si; ma non dobbiamo dimenticare che c’erano anche tante FIGLIE DELLA PATRIA che donarono l’inestimabile tesoro del loro sangue in quell’orrendo massacro.
·         CATERINA DOLFIN TRON, aristocrata Veneziana, poetessa, che, proprio al crepuscolo della Serenissima: "Volle anche lei esprimere l’amarezza angosciosa del suo animo e la tenacia della sua volontà di fronte alla tremenda sventura":
…mi fia d’un Dolfin, muger de un Tron, bato grinta per Dio, mi no me mazzoe se casco, non casco in zenocion…
(tratto da Eugenio Miozzi, op. cit.)
Chiudo questo tributo alla Donna Veneta auspicando che i veri valori quali: onestà, coraggio, spirito di sacrificio dedizione alla Patria e alle cause giuste, umiltà e amore verso il prossimo, vengano assorbiti dalle donne odierne, affinché, guardando al passato, possano aiutarci a costruire un raggiante futuro Marciano.

Maria Fasolo